Sentenza n. 110 del 1957
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SENTENZA N. 110

ANNO 1957

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. GAETANO AZZARITI, Presidente

Avv. GIUSEPPE CAPPI

Prof. TOMASO PERASSI

Prof. GASPARE AMBROSINI

Prof. ERNESTO BATTAGLINI

Dott. MARIO COSATTI

Prof. FRANCESCO PANTALEO GABRIELI

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. MARIO BRACCI

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della norma contenuta nel secondo comma n. 2 dell'art. 635 del Cod. pen., promosso con ordinanza 20 settembre 1956 della Corte di appello di Venezia nel procedimento penale a carico di Pasqualin Sereno, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44 del 16 febbraio 1957 e iscritta al n. 23 del Registro ordinanze 1957.

Udita nell'udienza pubblica del 22 maggio 1957 la relazione del Giudice Mario Cosatti;

udito l'Avv. Luciano Ventura per il Pasqualin.

 

Ritenuto in fatto

 

Con rapporto 27 giugno 1955 il comandante la Stazione carabinieri di Bagnoli di Sopra informò la Procura della Repubblica di Padova che il 16 giugno un gruppo di scioperanti agricoli, nel cortile di un'azienda della Società "Avas" di Bagnoli, dopo aver minacciato due operai intenti al governo del bestiame, aveva danneggiato un rimorchio contenente una botte di notevole capacità adibita al rifornimento idrico delle stalle.

Tra gli scioperanti vennero identificate quattro persone che furono rinviate a giudizio del Tribunale di Padova sotto l'imputazione, tra l'altro, del delitto di danneggiamento con l'aggravante di cui all'art. 635 comma secondo n. 2 del Cod. pen. per aver commesso il fatto in occasione di sciopero. Il Tribunale, con sentenza 20 marzo 1956, riconobbe colpevole soltanto Pasqualin Sereno.

Avverso questa sentenza il Pasqualin ha proposto appello e dinanzi la Corte di Venezia la difesa ha preliminarmente eccepito la illegittimità costituzionale della norma di cui al comma secondo n. 2 dell'art. 635 Cod. pen. in riferimento all'art. 40 della Costituzione.

La Corte di appello, in difformità dell'avviso espresso dal Procuratore generale, con ordinanza 20 settembre 1956 non ha ritenuto la questione manifestamente infondata, nella considerazione che l'ipotesi in parola sia stata prevista tenendo presente che lo sciopero costituiva reato, onde il lavoratore, giovandosi delle condizioni favorevoli alla consumazione del danneggiamento creato dal reato di sciopero, viene ad incorrere in una forma di reato più grave; ha pertanto rimesso gli atti alla Corte costituzionale.

L'ordinanza, comunicata ai Presidenti delle Camere e notificata il 27 dicembre 1956 al Presidente del Consiglio dei Ministri, é stata pubblicata, per disposizione del Presidente di questa Corte, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44 del 16 febbraio 1957.

Il Pasqualin si é costituito in giudizio, mediante deposito delle deduzioni nella cancelleria della Corte, l'8 marzo 1957, con il patrocinio degli avvocati Oreste Bonaiuto di Padova e Luciano Ventura di Roma, con domicilio eletto presso quest'ultimo. Il 9 maggio 1957 l'Avv. Ventura ha depositato in cancelleria una memoria difensiva.

Deduce la difesa che la norma contenuta nel secondo comma n. 2 dell'art. 635 Cod. pen. si appalesa in contrasto con l'art. 40 della Costituzione, sia per la sua origine sia per la sua struttura.

Premesso che la disposizione, la quale considera aggravante del reato di danneggiamento la circostanza che esso sia stato commesso da lavoratore in occasione di uno sciopero, non trova precedenti nella legislazione anteriore al Codice penale del 1930, la difesa richiama elementi tratti dai lavori preparatori del predetto Codice ed osserva che la norma in questione é stata posta partendo dal presupposto della illiceità dello sciopero. La difesa rileva, inoltre, che la struttura della norma conferma che l'indicato orientamento é stato in essa trasfuso in modo coerente.

Concludendo, chiede che la Corte costituzionale voglia dichiarare la illegittimità costituzionale della norma in parola.

Nella discussione orale il patrono della parte illustra la tesi svolta negli scritti difensivi.

 

Considerato in diritto

 

Con l'ordinanza 20 settembre 1956 della Corte di appello di Venezia é stata proposta questione di legittimità costituzionale della norma contenuta nel comma secondo n. 2 dell'art. 635 Cod. pen., limitatamente alla ipotesi di danneggiamento commesso da lavoratori in occasione di sciopero, in riferimento all'art. 40 della Costituzione che dispone: "Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano".

L'art. 635 (danneggiamento) punisce, a querela della persona offesa, chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili cose mobili o immobili altrui. Il comma secondo n. 2 prevede, tra altre ipotesi, un'aggravante del danneggiamento se il fatto sia commesso da lavoratori in occasione di sciopero, prescrivendo procedimento di ufficio.

Nel presente giudizio la difesa - come riassunto in narrativa - ravvisa incompatibilità della norma di cui si discute con l'art. 40 della Carta costituzionale in base alla considerazione che l'aggravante non potrebbe avere giustificazione che in rapporto alla figura delittuosa dello sciopero.

Non reputa la Corte di seguire tale assunto, perché fondamento e giustificazione dell'aggravante debbono ricercarsi e ritrovarsi in altre considerazioni.

Lo sciopero infatti - quale ne sia la forma - non può non avere riflessi sul normale svolgimento della vita sociale, provocando uno stato di suggestione e di eccitazione, che in determinate circostanze può essere idoneo a inasprire contrasti e a favorire danneggiamenti della proprietà altrui: situazioni che possono arrecare pregiudizio alla ordinata convivenza civile e alla privata e pubblica tranquillità e sicurezza. In tali congiunture può inoltre esser meno vigile la personale tutela delle proprie cose da parte dei cittadini, meno pronta ed efficiente quella che debbono apprestare i competenti organi.

Non vale obiettare che l'aggravante in questione necessariamente postuli l'illiceità dello sciopero, poiché nel sistema non mancano esempi di aggravanti non fondate sulla illiceità dei fatti che le costituiscono; nel rapporto tra sciopero e danneggiamento si ravvisa sufficiente uno stato di fatto di mera occasionalità nel senso che taluno prenda occasione dalla situazione di sciopero per più agevolmente commettere danneggiamenti.

Si aggiunga - come anche é stato in altra sede osservato che nel concorso dell'aggravante in parola la norma di cui si discute non solo aumenta la pena, ma rende il delitto perseguibile di ufficio, quasi a dimostrazione che la tutela attuata dalla norma medesima va oltre il diritto della persona offesa dal danneggiamento, venendo a comprendere più ampi riflessi.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione, proposta con ordinanza 20 settembre 1956 dalla Corte di appello di Venezia, sulla legittimità costituzionale della norma contenuta nel comma secondo n. 2 dell'art. 635 Cod. pen. in riferimento all'art. 40 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1957.

Gaetano AZZARITI – Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA – Aldo SANDULLI.

 

Depositata in Cancelleria il 8 luglio 1957.