Sentenza n. 51 del 1957
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SENTENZA N. 51

ANNO 1957

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Mario BRACCI

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA,  

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 22 gennaio 1957, concernente il "collocamento obbligatorio di centralinisti ciechi negli uffici della Regione e presso aziende pubbliche e private", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 30 gennaio 1957, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 6 febbraio 1957 ed iscritto al n. 5 del Registro ricorsi 1957.

Visto l'atto di costituzione in giudizio, con deposito nella cancelleria delle deduzioni in data 19 febbraio 1957, del Presidente della Regione siciliana, rappresentato e difeso dall'avv. Michele Giorgianni;

udita nell'udienza pubblica del 20 marzo 1957 la relazione del Giudice Nicola Jaeger;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Cesare Arias per il ricorrente e l'avv. Michele Giorgianni per la Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

L'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 22 gennaio 1957 approvava una legge concernente il "collocamento obbligatorio di centralinisti ciechi negli uffici della Regione e presso aziende pubbliche e private", che veniva comunicata al Commissario dello Stato il 25 gennaio successivo.

Il 26 gennaio il Consiglio dei Ministri deliberava di approvare la proposta di impugnativa di detta legge davanti alla Corte costituzionale; e il 30 gennaio il relativo ricorso, proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri e, per quanto possa occorrere, dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana (che sottoscriveva il ricorso stesso), entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, era notificato al Presidente della Giunta regionale siciliana.

Per disposizione del Presidente della Corte costituzionale era data notizia del ricorso stesso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 37 del 9 febbraio 1957.

Nel ricorso si chiede che la Corte voglia dichiarare la illegittimità costituzionale della intera legge regionale citata per violazione dell'art. 17, lett. f, dello Statuto della Regione siciliana. Premesso che con la legge stessa viene stabilito che l'amministrazione centrale della Regione, gli enti pubblici dipendenti e vigilati da essa, nonché gli enti locali della Regione, per ogni ufficio o stabilimento dotato di centralino telefonico, sono tenuti ad assumere un cieco diplomato con la qualifica di centralinista, e che inoltre tale obbligo é esteso, nell'art. 4, anche alle aziende private che esplichino la loro attività in Sicilia, siano dotate di centralino telefonico e abbiano più di cento dipendenti, i ricorrenti sostengono che la materia del collocamento del lavoro e della assunzione dei lavoratori non rientra in quella contemplata nell'art. 17, lett. f, dello Statuto della Regione.

Questo attribuisce alla Regione - secondo la tesi dell'Avvocatura generale dello Stato - una competenza legislativa concorrente in materia di legislazione sociale, ma con la specificazione che di tale materia é attribuita solo una parte, e cioè quella relativa ai rapporti di lavoro, di previdenza e di assistenza.

La legge impugnata, invece, regola l'assunzione di lavoratori, che non rientra in alcuna delle ipotesi previste dallo Statuto. Si aggiunge che mancano nella legislazione statale vigente le disposizioni normative, alle quali dovrebbe uniformarsi la particolare legge regionale, a norma dell'art. 17 dello Statuto.

Il Presidente della Giunta regionale siciliana si é costituito nel giudizio per resistere contro il ricorso, presentando le proprie deduzioni, depositate nella cancelleria della Corte costituzionale il 19 febbraio 1957. Inesse si conclude perché la Corte dichiari il proprio difetto di giurisdizione, e, in subordine, dichiari il ricorso inammissibile o improcedibile, e, in via ancora più subordinata, nel merito, lo respinga, dichiarando la legittimità costituzionale della legge impugnata. Nei riguardi delle questioni pregiudiziali il resistente si richiama alle tesi sostenute dalla difesa della Regione in altri giudizi sottoposti all'esame della Corte. Per il merito, invece, dopo avere osservato che la competenza legislativa della Regione in materia di organizzazione degli uffici ed enti trova fondamento non già nell'art. 17, lett. f, ma nell'art. 14, lettere o, p, q, dello Statuto, fa richiamo alla sentenza 17 gennaio 1957, n. 7, della Corte costituzionale per quanto concerne la competenza della Regione siciliana a disciplinare anche il collocamento della mano d'opera presso aziende private.

Nella discussione orale i patroni delle parti hanno illustrato gli argomenti esposti negli scritti difensivi.

 

Considerato in diritto

 

Nei riguardi delle eccezioni pregiudiziali sollevate dalla Regione si osserva che con la sentenza n. 38 del 27 febbraio 1957, é stato deciso che spetta alla Corte costituzionale la competenza a giudicare, fra l'altro, sulle impugnazioni proposte in via principale dal Governo dello Stato contro le leggi regionali siciliane e che tutte le norme relative alla proposizione del ricorso contenute nello Statuto speciale della Regione restano applicabili.

Basta fare riferimento a tale pronuncia e alle ragioni che la sorreggono per respingere le eccezioni di inammissibilità e di improcedibilità proposte dalla Regione.

Nel merito la Corte osserva che il ricorso é stato proposto contro la intera legge per violazione dell'art. 17, lettera f, dello Statuto della Regione; ma che non a torto la difesa della Regione obbietta che tale censura non può investire l'art. 1 della legge, concernente l'assunzione dei centralinisti ciechi da parte dell'Amministrazione centrale e periferica della Regione e da parte di Enti pubblici da essa dipendenti o vigilati, perché la competenza legislativa della Regione in questa materia si fonda su altre disposizioni, e precisamente su quelle dell'art. 14, lettere o, p, q, dello Statuto medesimo.

Sennonché non sarebbe esatto neppure limitare l'esame della Corte al solo art. 4 della legge impugnata, che impone anche alle aziende private l'obbligo di assumere i centralinisti ciechi, come suggerisce la difesa della Regione, perché tale disposizione si ricollega strettamente con quella dell'art. 6, così formulata: "Per le inadempienze alla presente legge da parte dei datori di lavoro privati si provvede ai sensi delle vigenti leggi sulla assunzione obbligatoria". Nella prima é posto il precetto, nella seconda é prevista la sanzione, di guisa che le due disposizioni potrebbero considerarsi come parti di un'unica norma.

Orbene, anche sotto questo profilo, la Corte non ritiene che le due disposizioni possano sottrarsi alla dichiarazione di illegittimità costituzionale, perché non rientra nella competenza della Regione il potere di imporre a privati l'assunzione obbligatoria di dipendenti con comminatoria di sanzioni penali; ed a sanzioni di questa natura fa indubbiamente riferimento l'art. 6, pur nella genericità della sua formulazione, con il richiamo a vigenti leggi non specificamente indicate, ma certo dettate per situazioni del tutto diverse, e comunque molteplici e varie così nella estensione dei precetti come nella misura delle sanzioni.

Altra cosa é la competenza di dettare norme per favorire il collocamento dei lavoratori attraverso l'opera di uffici e di commissioni e con l'osservanza di determinate norme, quale può ritenersi compresa nel disposto dell'art. 17, lett. f, dello Statuto della Sicilia, altra cosa quella di limitare la libertà dei privati, imponendo loro di assumere obbligatoriamente un certo numero di dipendenti, per quanto giustificato e persino lodevole possa sembrare dal lato morale o anche da quello sociale l'intento di favorire categorie particolarmente colpite dalla sventura.

In quanto, poi, alla comminatoria di sanzioni penali, la Corte ha già avuto occasione di affermare in più sentenze che tale materia deve ritenersi sottratta alla competenza legislativa delle Regioni, anche nella ipotesi che queste richiamino sanzioni previste in leggi dello Stato, estendendone peraltro il campo di applicazione mediante la configurazione di fattispecie diverse da quelle descritte nelle norme statuali richiamate e ponendo così, in sostanza, una norma penale nuova.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe:

1) respinge la eccezione di difetto di giurisdizione della Corte sollevata dalla difesa della Regione siciliana;

2) respinge le eccezioni di improcedibilità e di inammissibilità sollevate dalla stessa difesa;

3) in parziale accoglimento del ricorso, dichiara la illegittimità costituzionale delle norme contenute negli artt. 4 e 6 della legge regionale siciliana approvata dall'Assemblea regionale nella seduta del 22 gennaio 1957, concernente il "collocamento obbligatorio di centralinisti ciechi negli uffici della Regione e presso aziende pubbliche e private", in riferimento all'art. 25, primo comma, della Costituzione e all'art. 17 dello Statuto speciale della Regione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 aprile 1957.

 

Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA  

 

Depositata in cancelleria il 13 aprile 1957.