Sentenza n. 17 del 1957
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SENTENZA N. 17

ANNO 1957

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Avv. Enrico DE NICOLA, Presidente

Dott. Gaetano AZZARITI

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA, 

ha pronunziato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri con ricorso notificato il 20 marzo 1956, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 12 successivo ed iscritto al n. 48 del Reg. ric. 1956, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Presidente della Regione siciliana 19 aprile 1955, n. 170 - A, che accoglieva il ricorso straordinario proposto dalla Società Mondello Immobiliare Italo - Belga, in materia di sospensione degli atti esecutivi per riscossione di imposta di ricchezza mobile.

Udita nell'udienza pubblica del 14 novembre 1956 la relazione del Giudice Nicola Jaeger;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi per il ricorrente e l'avv. Giuseppe Guarino per la Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ricorso notificato il 20 marzo 1956 e depositato nella cancelleria della Corte il 21 marzo, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha sollevato conflitto di attribuzione fra lo Stato e la Regione siciliana, in relazione al decreto del Presidente della Regione 19 aprile 1955, n. 170 - A, che accoglieva "il ricorso straordinario proposto dalla Società Mondello Immobiliare Italo - Belga in materia di imposta di ricchezza mobile"; decreto registrato alla Corte dei conti il 27 maggio 1955.

Il ricorso conclude perché la Corte dichiari in ipotesi che ogni attribuzione in materia di tributi erariali spetta allo Stato e in tesi che spetta allo Stato la decisione dei ricorsi straordinari in materia di R. M., conseguentemente annullando l'impugnato provvedimento, con ogni ulteriore consequenziale pronunzia.

Quali motivi del ricorso si deducono la violazione degli artt. 14, 15, 17, 20 e 23 dello Statuto speciale per la Regione siciliana, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, e l'affermazione che alla Regione non può riconoscersi in materia tributaria né una potestà amministrativa propria, né una potestà amministrativa delegata.

La Regione si é costituita depositando il 9 aprile 1956 in cancelleria le proprie deduzioni, nelle quali ha concluso perché la Corte dichiari l'inammissibilità del ricorso, o quanto meno lo respinga, dichiarando la competenza della Regione nella materia.

Essa sostiene che il ricorso é irricevibile per mancata notificazione al soggetto direttamente interessato, é infondato in merito perché:

1) il provvedimento regionale impugnato rientra non nella materia tributaria, ma in quella dei ricorsi amministrativi in generale;

2) non esiste alcuna norma che deroghi alla competenza della Sicilia in tema di contenzioso amministrativo in materia tributaria: in questa materia la Regione dispone di una competenza legislativa primaria ed esclusiva, salvi alcuni limiti testuali, e ne discende anche la competenza amministrativa;

3) questa competenza amministrativa spetterebbe del resto alla Regione, anche se la sua competenza legislativa in materia tributaria avesse carattere concorrente e secondario.

Se poi si ritenesse che l'attività svolta abbia natura statale delegata, il ricorso dovrebbe essere dichiarato irricevibile, perché il conflitto di attribuzione non sorge se i due organi hanno natura parimenti statale. E alla stessa conclusione si dovrebbe pervenire ove si ravvisassero nell'atto impugnato vizi di violazione di legge, anziché di incompetenza.

A queste deduzioni ha replicato la difesa dello Stato, con memoria depositata il 18 ottobre 1956, contestando anzitutto che nel conflitto, di carattere costituzionale, fra lo Stato e le Regioni possa farsi posto a parti private, che non sono neppure legittimate ad intervenire volontariamente. Per quanto riguarda il merito essa si riporta al contenuto delle memorie depositate in altre cause analoghe discusse davanti alla Corte, e riafferma:

1) che dovrebbe in ogni caso negarsi agli organi amministrativi della Regione ogni potestà sul contenzioso tributario, in sede amministrativa e giurisdizionale;

2) che é inammissibile che organi regionali decidano ricorsi gerarchici impropri avverso provvedimenti degli Intendenti di finanza, che sono e restano organi statali;

3) che ancor più inammissibile é la decisione di ricorsi amministrativi non previsti dalle leggi nazionali e neppure da leggi regionali, e, per di più, riformando atti di accertamento divenuti inoppugnabili per mancata tempestiva opposizione;

4) é da escludere, poi, che la Regione siciliana abbia alcuna potestà, legislativa o esecutiva, in materia di giurisdizione, e ciò anche quando si tratti di giurisdizione speciale in materia tributaria.

 

Considerato in diritto

 

La eccezione di irricevibilità del ricorso, perché non notificato nei termini al soggetto direttamente interessato nell'atto, sollevata dalla Regione siciliana, non può essere accolta. Nei giudizi concernenti conflitti di attribuzione tra Stato e Regione debbono ritenersi legittimati ad agire e a contraddire soltanto gli enti, che si affermano titolari della potestà, rispetto alla quale é sorto il conflitto; e là dove non sarebbe ammessa neppure la partecipazione volontaria, in via di intervento, del privato indirettamente interessato, non può evidentemente considerarsi elemento necessario per la ricevibilità del ricorso la notificazione di questo a chi non é, né si afferma, titolare della potestà oggetto del conflitto di attribuzione.

Nel merito, la Corte ritiene che la competenza del Presidente della Regione a decidere ricorsi straordinari nei casi, come quello che ha dato origine al presente giudizio, non possa essere contestata.

Come risulta dal testo del decreto 19 aprile 1955, n. 170 - A, del Presidente della Regione, questi ha annullato un decreto dell'Intendente di finanza di Palermo, col quale era stata negata la sospensione degli atti esecutivi promossi dall'Esattore comunale di Palermo nei confronti della Società ricorrente, per il recupero di una imposta di ricchezza mobile dovuta da altre società e inerente alla gestione di esercizi pubblici e di cinema in locali di proprietà della ricorrente, considerata responsabile in solido con esse contribuenti, quale presunta cessionaria di uno di tali esercizi.

Si tratta pertanto di un provvedimento, che attiene strettamente alla materia della riscossione delle imposte, posto che tutto fa ritenere che le espressioni usate nel decreto del Presidente della Regione non abbiano altro scopo che quello di motivare la decisione sulla sospensione.

La Corte ha già avuto occasione di precisare in altre sentenze quali siano i limiti entro i quali, allo stato della legislazione, si debbano ritenere contenuti i poteri legislativo ed amministrativo della Regione siciliana in materia tributaria, per le fasi della imposizione, dell'accertamento e della riscossione. Nella specie non é neppure necessario richiamare tutti i principi affermati, trattandosi di un caso, la cui appartenenza alla fase della riscossione risulta, come si é rilevato, dal testo stesso del provvedimento.

D'altra parte, non é contestabile che il Presidente della Regione siciliana é competente a decidere, sentite le Sezioni regionali del Consiglio di Stato, o meglio, a seguito del decreto legislativo presidenziale 6 maggio 1948, n. 654, sentito il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, i ricorsi amministrativi, avanzati in linea straordinaria, contro atti amministrativi regionali, perché così dispone testualmente l'ultimo comma dell'art. 23 dello Statuto speciale per la Regione siciliana, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. E, per i motivi già esposti, gli atti amministrativi inerenti alla riscossione delle imposte nel territorio della Sicilia, debbono considerarsi atti amministrativi regionali.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

pronunciando sul conflitto di attribuzione fra lo Stato e la Regione siciliana, sollevato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, con ricorso del 20 marzo 1956, in relazione al decreto del Presidente della Regione 19 aprile 1955, n. 170 - A, che accoglieva il ricorso straordinario proposto dalla Società Mondello Immobiliare Italo - Belga, in materia di sospensione degli atti esecutivi per la riscossione di imposte di ricchezza mobile:

respinge la eccezione di irricevibilità proposta dalla difesa della Regione;

dichiara la competenza del Presidente della Regione a decidere i ricorsi straordinari riguardanti la sospensione degli atti esecutivi per la riscossione delle imposte dirette, prevista dall'art. 72 del T.U. approvato con R.D. 17 ottobre 1922, n. 1401.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 gennaio 1957.

 

Enrico DE NICOLA - Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA 

 

Depositata in cancelleria il 26 gennaio 1957.