Sentenza n. 10 del 1957

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SENTENZA N. 10

ANNO 1957

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori Giudici:

Avv. Enrico DE NICOLA, Presidente

Dott. Gaetano AZZARITI

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Mario BRACCI

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Blagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA,

ha pronunziato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 11 lett. c della legge 19 gennaio 1955, n. 25 promosso con l'ordinanza 28 marzo 1956 del Pretore di Acireale nel procedimento penale a carico di D'Agostino Salvatore, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 123 del 19 maggio 1956 ed iscritta al n 149 del Registro ordinanze 1956.

Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 17 ottobre 1956 la relazione del Giudice Ernesto Battaglini;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Elio Vitucci.

 

Ritenuto in fatto

 

Il Pretore di Acireale, su denuncia dell'Ispettorato del lavoro di Catania, con decreto penale del 30 novembre 1955, condannava D'Agostino Salvatore alla pena di lire diecimila di ammenda, quale colpevole del reato preveduto dall'art. 23 lett. b della legge 19 gennaio 1955, n. 25, in relazione all'art. 11 lett. c della stessa legge, per avere, quale datore di lavoro, corrisposto a dieci apprendisti da lui dipendenti salari inferiori a quello prescritto dal contratto collettivo del 25 giugno 1948.

Il D'Agostino proponeva opposizione e, mentre dichiarava di non essere iscritto ad alcuna delle associazioni sindacali che avevano stipulato il suddetto contratto collettivo, denunciava la illegittimità costituzionale della norma contenuta nell'art. 11 lett. c della legge 19 gennaio 1955, n. 25, in riferimento all'art. 39 della Costituzione e chiedeva che fosse disposta la sospensione del giudizio e l'invio degli atti alla Corte costituzionale; il P. M. si associava alla richiesta e il Pretore, con ordinanza del 28 marzo 1956, ritenuta pertinente e non manifestamente infondata la questione sollevata dall'imputato, disponeva la sospensione del giudizio e l'invio immediato degli atti alla Corte costituzionale.

La ordinanza era regolarmente notificata il 15 aprile 1956, comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. Dinanzi a questa Corte si è costituita la Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha presentato una memoria a stampa, con cui ha concluso che si dichiari insussistente la pretesa incostituzionalità della norma legislativa impugnata.

 

Considerato in diritto

 

La proposta questione di legittimità costituzionale dell'art. 11 lett. c della legge 19 gennaio 1955, n. 25, sull'apprendistato, non ha fondamento, in quanto non sussiste il preteso contrasto fra la norma stessa e l'art. 39 della Costituzione, a cui si è fatto richiamo nella denuncia di incostituzionalità.

La illegittimità costituzionale deriverebbe da ciò: che la norma legislativa impugnata considererebbe come penalmente sanzionabile la inosservanza delle disposizioni contenute nei contratti collettivi così detti post - corporativi, contro quanto dispone l'art. 39 della Costituzione, che non attribuisce efficacia obbligatoria erga omnes ai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali di fatto attualmente esistenti. Per valutare la sussistenza del lamentato contrasto posto a base della enunciata illegittimità costituzionale è necessario anzitutto tener presente che nel nostro ordinamento giuridico si possono attualmente distinguere tre specie o tipi di contratti collettivi.

Una prima specie è costituita dai cosiddetti contratti corporativi, formati anteriormente al 1944 dalle associazioni sindacali riconosciute, alle quali era attribuito un potere di rappresentanza di diritto pubblico delle categorie a cui essi si riferivano, nonché un potere normativo nel regolamento collettivo dei rapporti di lavoro relativi alle categorie stesse.

Con la soppressione di tali associazioni sindacali e dei poteri in diritto pubblico ad esse conferito, nonché con la soppressione dell'intero ordinamento corporativo (D.L. 23 novembre 1944, n. 369), venne però espressamente conservata la efficacia, sia pure transitoria, dei contratti collettivi già formati, i quali hanno perciò mantenuto l'impronta di diritto pubblico che avevano in sé e la loro inderogabilità per tutti gli appartenenti alle categorie a cui si riferivano. Per la inosservanza delle norme contenute in questi contratti collettivi è stata ritenuta ancora applicabile la sanzione penale preveduta nell'art. 509 Cod. penale.

L'efficacia obbligatoria dei contratti collettivi erga omnes, cioè "per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce", è oggi espressamente riconosciuta anche dalla Costituzione (art. 39), ma nei riguardi dei contratti collettivi formati dai sindacati registrati e con la procedura ivi indicata. Comunque, la nuova disciplina della organizzazione sindacale non ha ancora avuto la sua attuazione nella legge. Pertanto questa seconda specie di contratti collettivi esiste per ora solo come possibilità astratta. In questa fase transitoria possono essere stipulati soltanto contratti collettivi cosiddetti di diritto privato: e questa terza specie ha provocato questioni molto dibattute sulla efficacia delle disposizioni contenute nei contratti collettivi stessi e sui limiti oggettivi e soggettivi di tale efficacia.

Da queste premesse consegue che il problema della legittimità costituzionale della norma impugnata avrebbe ragione di essere soltanto nel caso in cui la norma stessa riconoscesse l'efficacia obbligatoria erga omnes anche per i contratti collettivi attualmente stipulabili e comunemente qualificati come contratti collettivi di diritto privato. Solo in tal caso, infatti, potrebbe essere prospettata la incompatibilità tra la norma giuridica di cui viene denunciata la incostituzionalità e l'art. 39 della Costituzione, giacché verrebbero ad essere riconosciuti oneri ed obblighi a carico degli appartenenti a determinate categorie di datori di lavoro o di lavoratori anche se non iscritti ai rispettivi sindacati professionali prima che venga disciplinata legislativamente - come vuole la Costituzione - la nuova organizzazione sindacale e vengano poste le condizioni della efficacia cogente dei contratti collettivi nei riguardi di tutti gli appartenenti alle rispettive categorie.

Ma questo presupposto non sussiste, perché l'art. 11 lett. c della legge 19 gennaio 1955, n. 25, che ha formato oggetto della denuncia di illegittimità costituzionale, non contiene affatto una dichiarazione di obbligatorietà dei contratti collettivi di diritto privato per tutti gli appartenenti alle rispettive categorie dei sindacati stipulanti. La norma stessa, invece, nell'enunciare l'obbligo di osservare la disciplina collettiva del lavoro, contiene un riferimento generico ai contratti collettivi senza alcuna specificazione.

Conseguentemente la norma denunciata contiene soltanto un riferimento generico, che lascia immutata la situazione attuale, senza che vi si possa riscontrare né nella sua formulazione espressa, né implicitamente, un contrasto qualsiasi con la norma costituzionale enunciata nell'art. 39 della Carta.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara infondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 11 lett. c e 23 lett. b della legge 19 gennaio 1955, n. 25, sollevata con l'ordinanza del Pretore di Acireale del 28 marzo 1956 in riferimento alla norma contenuta nell'art. 39 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 gennaio 1957.

 

 

Enrico DE NICOLA - Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Blagio PETROCELLI - Antonio MANCA.

 

Depositata in cancelleria il 26 gennaio 1957.

 

Presidente DE NICOLA

Relatore BATTAGLINI