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Corte di Giustizia delle Comunità europee (Grande Sezione), 5 dicembre 2006

 

C-94/04 e C‑202/04  Federico Cipolla e a. –  Rosaria Portolese in Fazari e a.

 

 

 

Nei procedimenti riuniti C‑94/04 e C‑202/04,

 

aventi ad oggetto alcune domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Corte d’appello di Torino e dal Tribunale di Roma con decisioni 4 febbraio 2004 e 5 maggio 2004, da un lato, e 7 aprile 2004, dall’altro, pervenute in cancelleria, rispettivamente, il 25 febbraio 2004 e il 18 maggio 2004, nonché il 6 maggio 2004, nelle cause

 

Federico Cipolla (C‑94/04)

 

contro

 

Rosaria Portolese in Fazari,

 

e

 

Stefano Macrino,

Claudia Capodarte (C‑202/04)

 

contro

 

Roberto Meloni,

 

LA CORTE (Grande Sezione),

 

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas, R. Schintgen, J. Klučka, presidenti di sezione, dai sigg. J. Malenovský, U. Lỡhmus (relatore) ed E. Levits, giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 25 ottobre 2005,

considerate le osservazioni presentate:

–       per il sig. Cipolla, dall’avv. G. Cipolla;

–       per l’avv. Meloni, dagli avv.ti S. Sabbatini, D. Condello, G. Scassellati Sforzolini e G. Rizza;

–       per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. P. Gentili, avvocato dello Stato;

–       per il governo tedesco, dai sigg. A. Dittrich, C.‑D. Quassowski e M. Lumma, in qualità di agenti;

–       per il governo austriaco, dal sig. E. Riedl, in qualità di agente;

–       per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. E. Traversa, R. Wainwright e F. Amato, nonché dalla sig.ra K. Mojzesowicz, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 1° febbraio 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       Le domande di pronuncia pregiudiziale riguardano l’interpretazione degli artt. 10 CE, 49 CE, 81 CE e 82 CE.

2       Tali domande sono state proposte nell’ambito di controversie tra due avvocati e i relativi clienti per il pagamento degli onorari.

 Contesto normativo

3       Ai sensi del regio decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578 (GURI n. 281 del 5 dicembre 1933), convertito in legge 22 gennaio 1934, n. 36 (GURI n. 24 del 30 gennaio 1934), come successivamente modificato (in prosieguo: il «regio decreto legge»), il Consiglio nazionale forense (in prosieguo: il «CNF»), istituito presso il Ministero della Giustizia, è composto di avvocati eletti dai loro colleghi, in numero di uno per ciascun distretto di Corte d’appello.

4       L’art. 57 del regio decreto legge prevede che i criteri per la determinazione degli onorari e delle indennità dovuti agli avvocati ed ai procuratori in materia civile, penale e stragiudiziale sono stabiliti ogni due anni con deliberazione del CNF. Dopo essere stata deliberata dal CNF, la tariffa forense (in prosieguo: la «tariffa») deve, ai sensi della normativa italiana, essere approvata dal Ministro della Giustizia, sentiti il Comitato interministeriale dei prezzi (in prosieguo: il «CIP») e il Consiglio di Stato.

5       Ai sensi dell’art. 58 del regio decreto legge, tali criteri sono stabiliti con riferimento al valore delle controversie e al grado dell’autorità chiamata a conoscerne, nonché, per i giudizi penali, alla durata degli stessi. Per ogni atto o serie di atti la tariffa fissa un limite massimo ed un limite minimo degli onorari.

6       L’art. 60 del regio decreto legge stabilisce che la liquidazione degli onorari è fatta dall’autorità giudiziaria sulla base dei citati criteri, tenendo conto della gravità e del numero delle questioni trattate. Tale liquidazione deve mantenersi all’interno dei limiti massimi e minimi previamente fissati. Tuttavia, nei casi di eccezionale importanza, tenuto conto della specialità delle controversie e qualora il pregio intrinseco dell’opera lo giustifichi, il giudice può oltrepassare il limite massimo determinato dalla tariffa. Viceversa egli può, quando la causa risulta di facile trattazione, fissare onorari in misura inferiore al limite minimo. In entrambi i casi la decisione del giudice dev’essere motivata.

7       Ai sensi dell’art. 2233 del codice civile italiano, in via generale, il compenso nell’ambito di un contratto per la prestazione di servizi, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è fissato dal giudice, sentito il parere dell’associazione professionale a cui il professionista appartiene. Tuttavia, relativamente alla professione di avvocato, l’art. 24 della legge 13 giugno 1942, n. 794 (GURI n. 172 del 23 luglio 1942) stabilisce, a pena di nullità di ogni accordo contrario, che non sono derogabili gli onorari minimi stabiliti dalla tariffa per le prestazioni di avvocato. Secondo la giurisprudenza della Corte suprema di cassazione, tale norma si applica anche alle prestazioni stragiudiziali degli avvocati.

8       La tariffa in esame nella causa C‑202/04 è stata fissata con delibera del CNF del 12 giugno 1993, come modificata il 29 settembre 1994, ed è stata approvata con decreto ministeriale 5 ottobre 1994, n. 585 (GURI n. 247 del 21 ottobre 1994). L’art. 2 di tale decreto stabilisce che «gli aumenti di cui alle allegate tabelle decorrono dal 1° ottobre 1994, per il 50 %, e, per il restante 50%, dal 1° aprile 1995». Tale aumento scaglionato nel tempo trova la sua origine nelle osservazioni formulate dal CIP, fondate in particolare sull’aumento dell’inflazione. Prima di approvare la tariffa il Ministro della Giustizia aveva nuovamente consultato il CNF che, nella seduta del 29 settembre 1994, aveva accettato la proposta di differimento dell’applicazione della tariffa.

9       La tariffa comprende tre categorie di compensi, vale a dire gli onorari, i diritti e le indennità per prestazioni giudiziali in materia civile e amministrativa, gli onorari per prestazioni giudiziali in materia penale e gli onorari e le indennità per prestazioni stragiudiziali.

 Cause principali e questioni pregiudiziali

 Causa C‑94/04

10     La sig.ra Portolese in Fazari e altri due proprietari di terreni confinanti situati nel Comune di Moncalieri si sono rivolti all’avv. Cipolla per avviare un procedimento contro tale Comune al fine di ottenere il pagamento di un’indennità per l’occupazione d’urgenza di tali terreni, disposta con provvedimento unico del sindaco di Moncalieri e non seguita da provvedimento di espropriazione. L’avv. Cipolla ha predisposto tre atti di citazione distinti, iscrivendo al ruolo del Tribunale di Torino tre procedimenti contro tale Comune.

11     La controversia è stata in seguito risolta con una transazione, a cui si è giunti grazie all’iniziativa diretta di uno dei proprietari interessati, senza però l’intervento dell’avv. Cipolla.

12     Quest’ultimo, il quale aveva ottenuto, prima della redazione e della notificazione dei tre atti di citazione, una somma di 1 850 000 lire italiane (ITL) da parte di ciascuno dei tre attori della causa principale, apparentemente a titolo di pagamento anticipato per le sue prestazioni professionali, ha emesso nei confronti della sig.ra Portolese una parcella per ITL 4 125 000, a copertura dei propri onorari e di spese diverse. La sig.ra Portolese ha rifiutato di pagare tale somma. Investito della conseguente controversia, il Tribunale di Torino, con sentenza 12 giugno 2003, ha dato atto del pagamento della somma di ITL 1 850 000, respingendo la domanda dell’avv. Cipolla per il pagamento della somma di ITL 4 125 000. L’avv. Cipolla ha proposto appello contro tale sentenza dinanzi alla Corte d’appello di Torino, chiedendo, in particolare, l’applicazione della tariffa.

13     Dal provvedimento del giudice del rinvio risulta che, nell’ambito della controversia ad esso sottoposta, si pone il problema di determinare se, qualora sia dimostrata l’esistenza di un accordo tra le parti relativamente alla remunerazione forfettaria dell’avvocato, tale presunto accordo, concluso per la somma complessiva di ITL 1 850 000, possa essere, nonostante la normativa italiana, ritenuto valido, in quanto una sua sostituzione d’ufficio con un compenso per l’avvocato calcolato sulla base della tariffa non sarebbe conforme alle norme comunitarie in materia di concorrenza.

14     Il giudice del rinvio osserva inoltre che, nel caso in cui un professionista non residente in Italia fornisse una prestazione di servizi legali ad un destinatario residente in tale Stato membro sulla base di un contratto soggetto alla legge italiana, la prestazione di servizi legali sarebbe soggetta al divieto assoluto di derogare ai compensi determinati dalla tariffa. Pertanto, in tal caso, dovrebbe essere applicato l’importo minimo obbligatorio. Tale divieto avrebbe dunque l’effetto di ostacolare l’accesso di altri avvocati al mercato dei servizi italiano.

15     Alla luce di quanto sopra, la Corte d’appello di Torino ha deciso di sospendere il procedimento dinanzi ad esso pendente e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il principio della concorrenza del diritto comunitario, di cui agli artt. 10 [CE], 81 [CE] e 82 (…) CE si applichi anche all’offerta dei servizi legali.

2)      Se detto principio comporti, o meno, la possibilità di convenire fra le parti la remunerazione dell’avvocato, con effetto vincolante.

3)      Se comunque detto principio impedisca, o meno, l’inderogabilità assoluta dei compensi forensi.

4)      Se il principio di libera circolazione dei servizi, di cui agli artt. 10 [CE] e 49 (…) CE si applichi anche all’offerta dei servizi legali.

5)      In caso positivo, se detto principio sia, o meno, compatibile con la inderogabilità assoluta dei compensi forensi».

 Causa C‑202/04

16     Sulla base di un parere dell’ordine degli avvocati e in applicazione della tariffa, l’avv. Meloni ha chiesto e ottenuto, nei confronti della sig.ra Capodarte e del sig. Macrino, un decreto ingiuntivo per il pagamento degli onorari relativi a talune prestazioni stragiudiziali che egli aveva effettuato a loro favore in materia di diritto d’autore, tra le quali rientravano, in particolare, alcuni pareri espressi oralmente e alcune lettere inviate all’avvocato della controparte.

17     La sig.ra Capodarte e il sig. Macrino hanno proposto opposizione a tale decreto ingiuntivo dinanzi al Tribunale di Roma sostenendo, in particolare, il carattere sproporzionato degli onorari chiesti dall’avv. Meloni in relazione all’importanza dell’affare trattato e alle prestazioni effettivamente svolte da quest’ultimo.

18     Al fine di determinare l’importo degli onorari dovuti all’avv. Meloni per tali prestazioni, il Tribunale di Roma ritiene che si debba verificare se la tariffa, in quanto applicabile agli avvocati in materia stragiudiziale, sia compatibile con le norme del Trattato CE, tenuto conto, in particolare, del fatto che gli interessati, per ottenere le prestazioni di assistenza stragiudiziale in questione, non erano tenuti a rivolgersi ad un avvocato.

19     Di conseguenza, il Tribunale di Roma ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli artt. 5 e 85 del Trattato CE (divenuti artt. 10 [CE] e 81 CE) ostino all’adozione da parte di uno Stato membro di una misura legislativa o regolamentare che approvi, sulla base di un progetto stabilito da un ordine professionale forense, una tariffa che fissa dei minimi e dei massimi per gli onorari dei membri dell’ordine con riferimento a prestazioni aventi ad oggetto attività (c.d. stragiudiziali) non riservate agli appartenenti all’ordine professionale forense ma che possono essere espletate da chiunque».

20     Alla luce della connessione delle due cause principali, le stesse, ai sensi dell’art. 43 del regolamento di procedura, in combinato disposto con l’art. 103 del medesimo, devono essere riunite ai fini della sentenza.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla ricevibilità

 Causa C‑94/04

–       Osservazioni presentate alla Corte

21     Secondo l’avv. Cipolla, le questioni proposte dal giudice del rinvio sono irricevibili in quanto, da un lato, non sono rilevanti per la risoluzione della causa principale e, dall’altro, hanno carattere ipotetico.

22     Quanto alla prima eccezione di irricevibilità, l’avv. Cipolla sostiene che il diritto nazionale applicabile non richiede che il giudice nazionale valuti l’esistenza e la legittimità di un accordo tra l’avvocato e la sua cliente, contrariamente a quanto sostenuto nell’ordinanza di rinvio. Infatti, l’assenza di accordo fra questi ultimi e la qualificazione come «acconto» della somma versata dalla cliente a titolo di pagamento delle prestazioni avrebbero autorità di giudicato, non essendo state contestate in appello.

23     Quanto alla seconda eccezione di irricevibilità, l’avv. Cipolla sostiene che la validità dell’accordo concluso tra l’avvocato e la sua cliente dovrebbe essere valutata solo qualora fosse dimostrata l’esistenza di tale accordo. Orbene, ciò non risulterebbe nella fattispecie. Pertanto le questioni proposte dalla Corte d’appello di Torino sarebbero assimilabili a una domanda di parere consultivo.

24     Il governo tedesco ritiene che l’art. 49 CE non sia applicabile poiché la situazione di fatto oggetto della causa principale non contiene elementi di internazionalità. La Commissione, da parte sua, fondandosi sulla più recente giurisprudenza della Corte, ritiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale, in quanto relativa all’interpretazione dell’art. 49 CE, sia ricevibile.

–       Giudizio della Corte

25     Per quanto riguarda le eccezioni di irricevibilità sollevate dall’avv. Cipolla, si deve ricordare che le questioni relative all’interpretazione del diritto comunitario proposte dal giudice nazionale nell’ambito del contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza (v. sentenza 15 maggio 2003, causa C‑300/01, Salzmann, Racc. pag. I‑4899, punti 29 e 31). Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto della causa principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenze 13 marzo 2001, causa C‑379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I‑2099, punto 39, e 15 giugno 2006, causa C‑466/04, Acereda Herrera, Racc. pag. I‑5341, punto 48).

26     Ebbene, tale presunzione di rilevanza non può essere messa in discussione dalla semplice circostanza che una delle parti nella causa principale contesti taluni fatti, come quelli rilevati al punto 22 della presente sentenza, di cui non spetta alla Corte verificare l’esattezza e dai quali dipende la definizione dell’oggetto della controversia.

27     Si deve pertanto rilevare che, come risulta dalla decisione di rinvio, la causa principale riguarda la necessità di determinare se l’accordo concluso tra una cliente e il suo avvocato, relativamente al compenso forfettario di quest’ultimo, esista e debba essere ritenuto valido, in quanto la sua sostituzione d’ufficio con un calcolo del compenso dell’avvocato sulla base della tariffa vigente nello Stato membro interessato non sarebbe conforme alle norme comunitarie in materia di concorrenza.

28     Si deve a tale proposito rilevare che non appare manifesto che l’interpretazione delle regole comunitarie richiesta dal giudice del rinvio sia priva di ogni rapporto con l’effettività o l’oggetto della causa principale, né che le questioni relative all’interpretazione di tali regole siano ipotetiche.

29     Pertanto, anche qualora si ritenesse non dimostrata l’esistenza dell’accordo di cui trattasi nella causa principale, non si può escludere che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta dal giudice del rinvio, che può consentire a quest’ultimo di valutare la compatibilità della tariffa con le norme sulla concorrenza fissate dal Trattato, possa essere utile a tale giudice per decidere la controversia ad esso sottoposta. Essa, infatti, riguarda essenzialmente la liquidazione degli onorari di avvocato che, come rilevato al punto 5 della presente sentenza, è compiuta dall’autorità giudiziaria mantenendosi, salvo eccezioni, nei limiti massimo e minimo previamente fissati dal Ministro della Giustizia.

30     Per quanto infine riguarda più specificamente le questioni relative all’interpretazione dell’art. 49 CE, sebbene sia pacifico che tutti gli elementi della controversia sottoposta al giudice del rinvio sono limitati all’interno di un unico Stato membro, una risposta può tuttavia essere utile al giudice del rinvio, in particolare nel caso in cui il diritto nazionale imponga, in un procedimento come quello in esame, di riconoscere ad un cittadino italiano gli stessi diritti di cui godrebbe nella medesima situazione, in base al diritto comunitario, un cittadino di uno Stato diverso dalla Repubblica italiana (v., in particolare, sentenza 30 marzo 2006, causa C‑451/03, Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti, Racc. pag. I‑2941, punto 29).

31     Si deve dunque verificare se le disposizioni del Trattato in materia di libera prestazione dei servizi, la cui interpretazione è richiesta dal summenzionato giudice, ostino all’applicazione di una normativa nazionale come quella in esame nella causa principale, nella misura in cui essa sia applicabile a soggetti residenti in Stati membri diversi dalla Repubblica italiana.

32     Alla luce di quanto sopra, si deve rilevare che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

 Causa C‑202/04

–       Osservazioni proposte alla Corte

33     L’avv. Meloni eccepisce l’irricevibilità della questione sollevata dal Tribunale di Roma poiché non vi sarebbe alcun legame fra tale questione e la soluzione della controversia sottoposta a tale giudice, controversia che ha ad oggetto l’applicazione della tariffa ad una prestazione di servizi stragiudiziali svolta da un avvocato iscritto all’albo.

34     Inoltre, il giudice del rinvio non avrebbe indicato le ragioni precise che l’hanno indotto a interrogarsi sull’interpretazione del diritto comunitario.

35     Il governo italiano sostiene che, qualora le parti non abbiano fissato per contratto gli onorari, e il cliente contesti quelli fatturati unilateralmente dal professionista, come nella causa principale, spetta al giudice investito della controversia in base al diritto italiano determinarli liberamente. Pertanto, il problema della compatibilità della tariffa per le prestazioni di servizi stragiudiziali degli avvocati con gli artt. 10 CE e 81 CE sarebbe irrilevante ai fini della soluzione della causa principale.

36     Tale governo contesta anche la pertinenza della questione posta dal giudice del rinvio, poiché nella causa principale non si è in presenza di alcuna pratica anticoncorrenziale, né al momento dell’elaborazione della tariffa né a causa del comportamento degli operatori.

–       Giudizio della Corte

37     Per quanto riguarda la prima eccezione di irricevibilità sollevata dall’avv. Meloni, si deve ricordare che la controversia riguarda l’applicazione della tariffa ad una prestazione di servizi stragiudiziali effettuata da un avvocato iscritto all’albo. Con la propria questione il giudice nazionale chiede se le norme sulla concorrenza ostino a tale applicazione, dal momento che la tariffa stessa non sarebbe applicabile ad una prestazione di servizi stragiudiziali effettuata da un soggetto non iscritto all’albo. Pertanto, la presunzione di rilevanza di cui godono le questioni relative all’interpretazione del diritto comunitario sollevate dal giudice nazionale non può essere messa in discussione.

38     Non può essere accolta neppure l’eccezione di irricevibilità basata sul fatto che il giudice del rinvio non avrebbe indicato le ragioni precise che l’hanno indotto ad interrogarsi sull’interpretazione del diritto comunitario. Secondo la giurisprudenza della Corte, è indispensabile che il giudice nazionale fornisca un minimo di spiegazioni sulle ragioni della scelta delle norme comunitarie di cui chiede l’interpretazione e sul rapporto che egli ritiene esista fra tali disposizioni e il diritto nazionale applicabile alla controversia (v., in particolare, ordinanza 28 giugno 2000, causa C‑116/00, Laguillaumie, Racc. pag. I‑4979, punto 16). Ora, il provvedimento di rinvio soddisfa pienamente tale esigenza, come ha del resto osservato l’avvocato generale al paragrafo 24 delle sue conclusioni.

39     Per quanto riguarda la prima eccezione di irricevibilità fatta valere dal governo italiano, è necessario osservare che il giudice del rinvio muove dalla premessa secondo cui, nell’ambito della controversia ad esso sottoposta, tale giudice ha il dovere, in base al diritto italiano, di determinare gli onorari dovuti all’avvocato riferendosi alla tariffa applicabile agli avvocati in materia stragiudiziale.

40     Ebbene, come è stato ricordato al punto 25 della presente sentenza, non spetta alla Corte verificare l’esattezza del quadro normativo e fattuale definito dal giudice nazionale, in cui si inseriscono le questioni relative all’interpretazione del diritto comunitario che tale giudice sottopone alla Corte.

41     Pertanto, la presunzione di rilevanza di cui gode la questione sottoposta alla Corte non può essere vinta.

42     Per quanto riguarda la seconda eccezione di irricevibilità sollevata dal governo italiano, si deve ricordare, come è stato osservato al punto 37 della presente sentenza, che il giudice del rinvio chiede, con la propria questione, se le norme sulla concorrenza fissate dal Trattato ostino all’applicazione della tariffa nella controversia sottoposta a tale giudice. Pertanto, la verifica dell’esistenza di una pratica anticoncorrenziale nella causa principale rientra nell’oggetto stesso della questione interpretativa proposta dal giudice del rinvio e non può, nella specie, essere considerata irrilevante.

43     Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Roma è ricevibile.

 Nel merito

 Sulle prime tre questioni sollevate nella causa C‑94/04 e sulla questione sollevata nella causa C‑202/04

44     Con tali questioni, che devono essere esaminate congiuntamente, riformulandole in modo da tenere conto degli elementi rilevanti delle due cause, in particolare del fatto che, nell’ambito delle cause principali, si discute degli onorari minimi, i giudici del rinvio chiedono, in sostanza, se gli artt. 10 CE, 81 CE e 82 CE ostino all’adozione, da parte di uno Stato membro, di un provvedimento normativo che approvi, sulla base di un progetto elaborato da un ordine professionale forense come il CNF, una tariffa che fissi un limite minimo per gli onorari degli avvocati e a cui, in linea di principio, non sia possibile derogare né per le prestazioni riservate agli avvocati, né per quelle, come le prestazioni di servizi stragiudiziali, che possono essere svolte anche da altri operatori economici non vincolati da tale tariffa.

45     Si deve preliminarmente osservare che, interessando l’intero territorio di uno Stato membro, tale tariffa è in grado di pregiudicare il commercio tra gli Stati membri ai sensi degli artt. 81, n. 1, CE e 82 CE (v., in tal senso, sentenze 17 ottobre 1972, causa 8/72, Vereniging van Cementhandelaren/Commissione, Racc. pag. 977, punto 29; 10 dicembre 1991, causa C‑179/90, Merci convenzionali porto di Genova, Racc. pag. I‑5889, punti 14 e 15, e 19 febbraio 2002, causa C‑35/99, Arduino, Racc. pag. I‑1529, punto 33).

46     Secondo costante giurisprudenza, sebbene di per sé gli artt. 81 CE e 82 CE riguardino esclusivamente la condotta delle imprese e non le disposizioni legislative o regolamentari emanate dagli Stati membri, è pur vero che tali articoli, in combinato disposto con l’art. 10 CE, che instaura un dovere di collaborazione, obbligano gli Stati membri a non adottare o mantenere in vigore provvedimenti, anche di natura legislativa o regolamentare, idonei ad eliminare l’effetto utile delle regole di concorrenza applicabili alle imprese (v., in particolare, ordinanza 17 febbraio 2005, causa C‑250/03, Mauri, Racc. pag. I‑1267, punto 29, e giurisprudenza ivi citata).

47     La Corte ha in particolare dichiarato che si è in presenza di una violazione degli artt. 10 CE e 81 CE qualora uno Stato membro imponga o agevoli la conclusione di accordi in contrasto con l’art. 81 CE, o rafforzi gli effetti di tali accordi, o revochi alla propria normativa il suo carattere pubblico delegando ad operatori privati la responsabilità di adottare decisioni di intervento in materia economica (ordinanza Mauri, cit., punto 30, e giurisprudenza ivi citata).

48     A tale proposito, la circostanza che uno Stato membro affidi ad un’organizzazione professionale composta di avvocati, come il CNF, l’elaborazione di un progetto di tariffa per gli onorari non appare, nelle circostanze della causa principale, tale da poter affermare che tale Stato abbia revocato alla tariffa infine adottata il suo carattere statale, delegando ad avvocati la responsabilità di assumere decisioni in materia.

49     Infatti, sebbene la normativa nazionale in discussione nella causa principale non contenga modalità procedurali, né prescrizioni di merito idonee a garantire, con una probabilità ragionevole, che il CNF si comporti, in sede di elaborazione del progetto di tariffa, come un’articolazione del potere pubblico che agisce per obiettivi di interesse generale, non risulta che lo Stato italiano abbia rinunciato ad esercitare il suo potere di decisione in ultima istanza o a controllare l’applicazione di tale tariffa (v. sentenza Arduino, cit., punti 39 e 40).

50     Da un lato, il CNF è incaricato soltanto di approntare un progetto di tariffa privo, in quanto tale, di forza vincolante. In mancanza di approvazione da parte del Ministro della Giustizia, il progetto di tariffa non entra in vigore, e resta in vigore la tariffa precedentemente approvata. Per questo motivo, tale Ministro ha il potere di far emendare il progetto da parte del CNF. Inoltre, il Ministro è assistito da due organi pubblici, il Consiglio di Stato ed il CIP, dai quali deve ottenere il parere prima di qualsiasi approvazione della tariffa (v. sentenza Arduino, cit., punto 41).

51     Dall’altro, l’art. 60 del regio decreto legge dispone che la liquidazione degli onorari è effettuata dagli organi giudiziari in base ai criteri stabiliti dall’art. 57 del medesimo regio decreto legge, tenuto conto della gravità e del numero di questioni trattate. Inoltre, in talune circostanze eccezionali, il giudice può, con una decisione debitamente motivata, derogare ai limiti minimi fissati in applicazione dell’art. 58 del citato regio decreto legge (v., in tal senso, sentenza Arduino, cit., punto 42).

52     Pertanto, non si può ritenere che lo Stato italiano abbia rinunciato ad esercitare il proprio potere delegando ad operatori privati la responsabilità di prendere decisioni di intervento nel settore economico, il che avrebbe portato a privare del suo carattere pubblico la normativa di cui trattasi nella causa principale (v. sentenza Arduino, cit., punto 43, e ordinanza Mauri, cit., punto 36).

53     Per le ragioni indicate ai punti 50 e 51 della presente sentenza, non può essere nemmeno contestato allo Stato in questione di imporre o di favorire la conclusione, da parte del CNF, di intese in contrasto con l’art. 81 CE, o di rinforzarne gli effetti, né di imporre o di favorire abusi di posizione dominante in contrasto con l’art. 82 CE o di rafforzarne gli effetti (v., in tal senso, sentenza Arduino, cit., punto 43, e ordinanza Mauri, cit., punto 37).

54     Le prime tre questioni sollevate nell’ambito della causa C‑94/04 e la questione sollevata nell’ambito della causa C‑202/04 devono dunque essere risolte dichiarando che gli artt. 10 CE, 81 CE e 82 CE non ostano all’adozione, da parte di uno Stato membro, di un provvedimento normativo che approvi, sulla base di un progetto elaborato da un ordine professionale forense quale il CNF, una tariffa che fissi un limite minimo per gli onorari degli avvocati e a cui, in linea di principio, non sia possibile derogare né per le prestazioni riservate agli avvocati né per quelle, come le prestazioni di servizi stragiudiziali, che possono essere svolte anche da qualsiasi altro operatore economico non vincolato da tale tariffa.

 Sulla quarta e sulla quinta questione sollevate nell’ambito della causa C‑94/04

55     Con tali due questioni, la Corte d’appello di Torino chiede in sostanza se l’art. 49 CE osti ad una disciplina che vieta in maniera assoluta di derogare convenzionalmente agli onorari minimi determinati da una tariffa, come quella di cui trattasi nella causa principale, per prestazioni che sono al tempo stesso di natura giudiziale e riservate agli avvocati.

56     Si deve ricordare che l’art. 49 CE impone non solo l’eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro in base alla sua cittadinanza, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione, anche qualora tale restrizione si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli di altri Stati membri, quando sia tale da vietare o rendere più difficili le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, ove fornisce legittimamente servizi analoghi (v., in particolare, sentenze 29 novembre 2001, causa C‑17/00, De Coster, Racc. pag. I‑9445, punto 29, nonché 8 settembre 2005, cause riunite C‑544/03 e C‑545/03, Mobistar e Belgacom Mobile, Racc. pag. I‑7723, punto 29).

57     Inoltre, la Corte ha già affermato che l’art. 49 CE osta all’applicazione di qualsiasi normativa nazionale che abbia l’effetto di rendere la prestazione di servizi tra Stati membri più difficile della prestazione di servizi puramente interna ad uno Stato membro (v. citate sentenze De Coster, punto 30, e giurisprudenza ivi citata, nonché Mobistar e Belgacom Mobile, punto 30).

58     Ora, il divieto di derogare convenzionalmente ai minimi tariffari, come previsto dalla legislazione italiana, può rendere più difficile l’accesso degli avvocati stabiliti in uno Stato membro diverso dalla Repubblica italiana al mercato italiano dei servizi legali, ed è in grado quindi di ostacolare l’esercizio delle loro attività di prestazione di servizi in quest’ultimo Stato membro. Tale divieto si rivela pertanto una restrizione ai sensi dell’art. 49 CE.

59     Il detto divieto, infatti, priva gli avvocati stabiliti in uno Stato membro diverso dalla Repubblica italiana della possibilità di fornire, chiedendo onorari inferiori a quelli tariffari, una concorrenza più efficace nei confronti degli avvocati stabiliti permanentemente nello Stato membro in questione, i quali dispongono, per tale ragione, di una maggiore facilità di crearsi una clientela rispetto agli avvocati stabiliti all’estero (v., per analogia, sentenza 5 ottobre 2004, causa C‑442/02, CaixaBank France, Racc. pag. I‑8961, punto 13).

60     Allo stesso modo, il divieto citato limita la scelta dei destinatari di servizi in Italia, poiché questi ultimi non possono ricorrere ai servizi di avvocati stabiliti in altri Stati membri che potrebbero offrire in Italia le loro prestazioni ad un prezzo inferiore ai minimi tariffari.

61     Tuttavia, un simile divieto può essere giustificato qualora risponda a ragioni imperative di interesse pubblico, purché sia idoneo a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vada oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo (v., in particolare, sentenze 5 giugno 1997, causa C‑398/95, SETTG, Racc. pag. I‑3091, punto 21, e Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti, cit., punto 37).

62     Per giustificare la restrizione della libera prestazione dei servizi derivante dal divieto in questione, il governo italiano sostiene che un’eccessiva competizione tra avvocati rischierebbe di condurre ad una concorrenza sui prezzi che comporterebbe un peggioramento della qualità dei servizi forniti, e ciò a danno dei consumatori, in particolare in quanto soggetti di diritto aventi necessità di un’assistenza di qualità dinanzi alla giustizia.

63     Secondo la Commissione, non è dimostrato alcun nesso di causalità tra la determinazione di onorari minimi e un livello elevato di qualità dei servizi professionali forniti dagli avvocati. In realtà, una relazione diretta di causa-effetto con la tutela dei clienti degli avvocati ed il buon funzionamento dell’amministrazione della giustizia varrebbe per provvedimenti statali alternativi come, in particolare, le norme di accesso alla professione forense, le regole disciplinari in grado di far rispettare la deontologia professionale e la disciplina in materia di responsabilità civile, grazie al mantenimento, assicurato da tali provvedimenti, di un livello elevato di qualità dei servizi forniti da tali professionisti.

64     A tal riguardo si deve osservare che la tutela, da un lato, dei consumatori, in particolare dei destinatari dei servizi giudiziali forniti da professionisti operanti nel settore della giustizia, e, dall’altro, della buona amministrazione della giustizia sono obiettivi che rientrano tra quelli che possono essere ritenuti motivi imperativi di interesse pubblico in grado di giustificare una restrizione della libera prestazione dei servizi (v., in tal senso, sentenze 12 dicembre 1996, causa C‑3/95, Reisebüro Broede, Racc. pag. I‑6511, punto 31 e giurisprudenza ivi citata, nonché 21 settembre 1999, causa C‑124/97, Läärä e a., Racc. pag. I‑6067, punto 33), alla duplice condizione che il provvedimento nazionale di cui si discute nella causa principale sia idoneo a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vada oltre quanto necessario per raggiungere l’obiettivo medesimo.

65     Spetta al giudice del rinvio determinare se, nella causa principale, la restrizione della libera prestazione dei servizi creata dalla normativa nazionale rispetti tali condizioni. A tal fine, detto giudice dovrà tenere conto degli elementi indicati nei punti seguenti.

66     Egli dovrà pertanto verificare, in particolare, se vi sia una relazione tra il livello degli onorari e la qualità delle prestazioni fornite dagli avvocati e se, in particolare, la determinazione di tali onorari minimi costituisca un provvedimento adeguato per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti, vale a dire la tutela dei consumatori e la buona amministrazione della giustizia.

67     Se è vero che una tariffa che fissi onorari minimi non può impedire ai membri della professione di fornire servizi di qualità mediocre, non si può escludere a priori che tale tariffa consenta di evitare che gli avvocati siano indotti, in un contesto come quello del mercato italiano, il quale, come risulta dal provvedimento di rinvio, è caratterizzato dalla presenza di un numero estremamente elevato di avvocati iscritti ed in attività, a svolgere una concorrenza che possa tradursi nell’offerta di prestazioni al ribasso, con il rischio di un peggioramento della qualità dei servizi forniti.

68     Dovrà anche essere tenuto conto delle peculiarità sia del mercato in questione, le quali sono state ricordate al punto precedente, che dei servizi in esame e, in particolare, del fatto che, in materia di prestazioni di avvocati, vi è in genere un’asimmetria informativa tra i «clienti-consumatori» e gli avvocati. Infatti, gli avvocati dispongono di un elevato livello di competenze tecniche che i consumatori non necessariamente possiedono, cosicché questi ultimi incontrano difficoltà per valutare la qualità dei servizi loro forniti [v., in particolare, la Relazione sulla concorrenza nei servizi professionali, contenuta nella comunicazione della Commissione 9 febbraio 2004, COM(2004) 83 def., pag. 10].

69     Il giudice del rinvio dovrà tuttavia verificare se alcune norme professionali relative agli avvocati, in particolare norme di organizzazione, di qualificazione, di deontologia, di controllo e di responsabilità siano di per sé sufficienti per raggiungere gli obiettivi della tutela dei consumatori e della buona amministrazione della giustizia.

70     Alla luce di quanto precede, la quarta e la quinta questione sollevate nella causa C‑94/04 si devono risolvere dichiarando che una normativa che vieti in maniera assoluta di derogare convenzionalmente agli onorari minimi determinati da una tariffa forense, come quella di cui trattasi nella causa principale, per prestazioni che sono al tempo stesso di natura giudiziale e riservate agli avvocati costituisce una restrizione della libera prestazione dei servizi prevista dall’art. 49 CE. Spetta al giudice del rinvio verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità di applicazione, risponda realmente agli obiettivi della tutela dei consumatori e della buona amministrazione della giustizia, che possono giustificarla, e se le restrizioni che essa impone non appaiano sproporzionate rispetto a tali obiettivi.

 Sulle spese

71     Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi ai giudici nazionali, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      Gli artt. 10 CE, 81 CE e 82 CE non ostano all’adozione, da parte di uno Stato membro, di un provvedimento normativo che approvi, sulla base di un progetto elaborato da un ordine professionale forense quale il Consiglio nazionale forense, una tariffa che fissi un limite minimo per gli onorari degli avvocati e a cui, in linea di principio, non sia possibile derogare né per le prestazioni riservate agli avvocati né per quelle, come le prestazioni di servizi stragiudiziali, che possono essere svolte anche da qualsiasi altro operatore economico non vincolato da tale tariffa.

2)      Una normativa che vieti in maniera assoluta di derogare convenzionalmente agli onorari minimi determinati da una tariffa forense, come quella di cui trattasi nella causa principale, per prestazioni che sono al tempo stesso di natura giudiziale e riservate agli avvocati costituisce una restrizione della libera prestazione dei servizi prevista dall’art. 49 CE. Spetta al giudice del rinvio verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità di applicazione, risponda realmente agli obiettivi della tutela dei consumatori e della buona amministrazione della giustizia, che possono giustificarla, e se le restrizioni che essa impone non appaiano sproporzionate rispetto a tali obiettivi.

 

                              (Seguono le firme)