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Corte di Giustizia delle Comunità europee, 14 luglio 1994

C-91/92, P.Faccini Dori  Recreb Srl

 

Nel procedimento C-91/92,

 

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell' art. 177 del Trattato CEE, dal Giudice conciliatore di Firenze (Italia) nella causa dinanzi ad esso pendente tra

 

Paola Faccini Dori

 

e

 

Recreb Srl,

 

domanda vertente sull' interpretazione della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (GU L 372, pag. 31),

 

LA CORTE,

 

composta dai signori O. Due, presidente, G.F. Mancini, J.C. Moitinho de Almeida, M. Diez de Velasco e D.A.O. Edward, presidenti di sezione, C.N. Kakouris, R. Joliet (relatore), F.A. Schockweiler, G.C. Rodríguez Iglesias, F. Grévisse, M. Zuleeg, P.J.G. Kapteyn e J.L. Murray, giudici,

 

avvocato generale: C.O. Lenz

 

cancelliere: H. von Holstein, cancelliere aggiunto

 

viste le osservazioni scritte presentate:

° per la signorina Faccini Dori, dall' avv. Vinicio Premuroso, del foro di Milano, e dagli avv.ti Annalisa Premuroso e Paolo Soldani Benzi, del foro di Firenze;

° per la Recreb Srl, dall' avv. Michele Trovato, del foro di Roma, e dalla dottoressa Anna Rita Alessandro, procuratore, del foro di Firenze;

° per il governo tedesco, dai signori Ernst Roeder, Ministerialrat presso il ministero federale degli Affari economici, e Claus-Dieter Quassowski, Regierungsdirektor presso il medesimo ministero, in qualità di agenti;

° per il governo ellenico, dai signori Vasileios Kontolaimos, consigliere aggiunto presso l' Avvocatura dello Stato, e Panagiotis Athanasoulis, procuratore presso l' Avvocatura dello Stato, in qualità di agenti;

° per il governo italiano, dal professor Luigi Ferrari Bravo, capo del servizio del contenzioso diplomatico del ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, assistito dal signor Marcello Conti, avvocato dello Stato;

° per la Commissione delle Comunità europee, dal signor Lucio Gussetti, membro del servizio giuridico, in qualità di agente;

viste le risposte fornite ai quesiti scritti formulati dalla Corte:

° per il governo tedesco, dai signori Ernst Roeder e Claus-Dieter Quassowski;

° per il governo francese, dal signor Jean-Pierre Puissochet, direttore dell' ufficio degli Affari giuridici presso il ministero degli Affari esteri, e dalla signora Catherine de Salins, consigliere presso il medesimo ministero, in qualità di agenti;

 

vista la relazione d' udienza,

 

sentite le osservazioni orali del governo danese, rappresentato dal signor Joergen Molde, consigliere giuridico presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, del governo tedesco, rappresentato dai signori Ernst Roeder e Claus-Dieter Quassowski, in qualità di agenti, del governo ellenico, rappresentato dai signori Vasileios Kontolaimos e Panagiotis Athanasoulis, in qualità di agenti, del governo francese, rappresentato dalla signora Catherine de Salins, in qualità di agente, del governo italiano, rappresentato dal professor Luigi Ferrari Bravo, in qualità di agente, assistito dal signor M. Ivo Braguglia, avvocato dello Stato, del governo olandese, rappresentato dal signor Ton Heukels, consigliere aggiunto presso il ministero degli Affari esteri, del governo del Regno Unito, rappresentato dal signor J.E. Collins, in qualità di agente, assistito dal signor Derrick Wyatt, barrister, e della Commissione, rappresentata dal signor Lucio Gussetti, in qualità di agente, all' udienza del 16 marzo 1993,

 

sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 9 febbraio 1994,

 

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

 

Motivazione della sentenza

 

1 Con ordinanza 24 gennaio 1992, giunta alla Corte il 18 marzo successivo, il Giudice conciliatore di Firenze (Italia) ha posto, a norma dell' art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale vertente, in primo luogo, sull' interpretazione della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (GU L 372, pag. 31, in prosieguo: la "direttiva sui contratti negoziati fuori dei locali commerciali"), e, in secondo luogo, sulla possibilità di far valere tale direttiva in una controversia tra un commerciante e un consumatore.

 

2 La questione è sorta nell' ambito di una controversia tra la signorina Paola Faccini Dori, residente a Monza (Italia), e la Recreb Srl (in prosieguo: la "Recreb").

 

3 Dall' ordinanza di rinvio risulta che il 19 gennaio 1989, senza essere stata preventivamente sollecitata dalla signorina Faccini Dori, la società Interdiffusion Srl stipulava con quest' ultima, presso la stazione centrale di Milano (Italia), cioè al di fuori dei propri locali commerciali, un contratto avente ad oggetto un corso d' inglese per corrispondenza.

 

4 Qualche giorno dopo, con lettera raccomandata 23 gennaio 1989, la signorina Faccini Dori comunicava a detta società di voler annullare il suo ordine. Quest' ultima rispondeva il 3 giugno 1989 facendo sapere di aver ceduto il suo credito alla Recreb. Il 24 giugno 1989, la signorina Faccini Dori confermava per iscritto alla Recreb di aver revocato la sua accettazione, facendo in particolare richiamo al diritto di recesso stabilito dalla direttiva sui contratti negoziati fuori dei locali commerciali.

 

5 La direttiva ha lo scopo, così come si ricava dai suoi 'considerando' , di migliorare la tutela dei consumatori e di por fine alle disparità esistenti tra le legislazioni nazionali in merito a detta tutela, disparità che possono avere un' incidenza sul funzionamento del mercato comune. Nel suo quarto 'considerando' essa illustra che, nel caso di contratti conclusi fuori dei locali commerciali del commerciante, di regola è quest' ultimo a prendere l' iniziativa delle trattative, mentre il consumatore è impreparato di fronte a queste e pertanto si trova spesso colto di sorpresa. Il consumatore quasi sempre non ha la possibilità di confrontare la qualità e il prezzo che gli vengono proposti con altre offerte. In base al medesimo 'considerando' , questo elemento di sorpresa è generalmente presente non soltanto nel caso di contratti conclusi a domicilio, ma anche in altre forme di contratti conclusi dal commerciante fuori dei propri locali. Scopo della direttiva, come discende dal suo quinto 'considerando' , è pertanto quello di accordare al consumatore il diritto di recesso, da esercitarsi entro un termine non inferiore a sette giorni, per permettergli di valutare gli obblighi che derivano dal contratto.

 

6 Il 30 giugno 1989 la Recreb chiedeva al Giudice conciliatore di Firenze di ingiungere alla signorina Faccini Dori di pagarle la somma convenuta, oltre gli interessi e le spese.

 

7 Con decreto 20 novembre 1989 detto giudice condannava la signorina Faccini Dori a pagare tali somme. Quest' ultima proponeva opposizione contro detta ingiunzione dinanzi al medesimo giudice. Essa sosteneva nuovamente di aver esercitato il recesso dal contratto nel rispetto delle condizioni stabilite dalla direttiva.

 

8 E' tuttavia pacifico che nessun provvedimento di attuazione della direttiva era stato adottato dall' Italia all' epoca dei fatti, mentre il termine previsto per detta attuazione era spirato il 23 dicembre 1987. Infatti è solo con il decreto legislativo 15 gennaio 1992, n. 50 (GURI, Supplemento ordinario al n. 27 del 3 febbraio 1992, pag. 24), entrato in vigore il 3 marzo 1992, che l' Italia ha attuato la direttiva.

 

9 Il giudice di rinvio si è interrogato sulla possibilità di applicare le disposizioni della direttiva, nonostante all' epoca dei fatti essa non fosse stata attuata da parte dell' Italia.

 

10 Detto giudice ha pertanto sottoposto alla Corte una questione pregiudiziale così formulata:

"Se la direttiva comunitaria del 20 dicembre 1985, n. 577, sia da considerarsi sufficientemente precisa e dettagliata e se essa, nel periodo fra la scadenza del termine di 24 mesi assegnato agli Stati membri per conformarsi ad essa ed il giorno in cui lo Stato italiano si è ad essa conformato, sia stata in grado di produrre effetti nei rapporti fra i singoli e lo Stato italiano e nei rapporti dei singoli fra loro".

 

11 Occorre rilevare che la direttiva sui contratti negoziati fuori dei locali commerciali impone agli Stati membri di adottare talune norme volte a disciplinare i rapporti giuridici tra commercianti e consumatori. In considerazione della natura della controversia, la quale vede di fronte un consumatore ed un commerciante, la questione sottoposta dal giudice nazionale solleva due problemi che occorre esaminare separatamente. Essa concerne in primo luogo il carattere sufficientemente preciso e incondizionato delle disposizioni della direttiva riguardanti il diritto di recesso. In secondo luogo essa verte sulla possibilità di far valere nelle liti tra privati, in mancanza di provvedimenti di attuazione, una direttiva la quale imponga agli Stati membri l' adozione di talune norme volte a disciplinare proprio i rapporti tra tali persone.

 

In merito al carattere sufficientemente preciso e incondizionato delle disposizioni della direttiva riguardanti il diritto di recesso

 

12 Ai sensi dell' art. 1, n. 1, la direttiva si applica ai contratti stipulati tra un commerciante che fornisce beni e servizi e un consumatore o durante un' escursione organizzata dal commerciante al di fuori dei propri locali commerciali, o durante una visita del commerciante al domicilio del consumatore o sul suo posto di lavoro, qualora la visita non abbia luogo su espressa richiesta di quest' ultimo.

 

13 Per quanto concerne l' art. 2, esso precisa che occorre intendere per "consumatore" la persona fisica che, per le transazioni disciplinate dalla direttiva, agisce per un uso che può considerarsi estraneo alla propria attività professionale, e per "commerciante" la persona fisica o giuridica che, nel concludere la transazione in questione, agisce nell' ambito della propria attività commerciale o professionale.

 

14 Dette disposizioni hanno la precisione sufficiente per consentire al giudice nazionale di individuare i soggetti su cui gravano le obbligazioni ed i beneficiari dell' adempimento di queste. Nessun provvedimento specifico di attuazione è necessario al riguardo. Il giudice nazionale può limitarsi ad accertare se il contratto sia stato stipulato nelle circostanze descritte dalla direttiva e se sia stato concluso tra un commerciante e un consumatore, nel significato attribuito a tali termini dalla medesima direttiva.

 

15 Per tutelare il consumatore che ha stipulato un contratto in circostanze del genere, l' art. 4 della direttiva impone che il commerciante deve informarlo per iscritto del suo diritto di recedere dal contratto, nonché del nome e indirizzo della persona nei cui riguardi può essere esercitato tale diritto. Esso aggiunge in particolare che, nel caso dell' art. 1, n. 1, detta informazione deve essere consegnata al consumatore al momento della stipulazione del contratto. Esso infine precisa che gli Stati membri devono far sì che la loro legislazione nazionale preveda misure appropriate per la tutela dei consumatori qualora non venga fornita l' informazione di cui trattasi.

 

16 Peraltro, l' art. 5, n. 1, della direttiva stabilisce in particolare che il consumatore ha il diritto di revocare il proprio impegno indirizzando una comunicazione entro un termine di almeno sette giorni dal momento in cui il commerciante, secondo le modalità e condizioni prescritte dalla legislazione nazionale, lo ha informato in merito ai suoi diritti. Il n. 2 puntualizza che con l' invio della comunicazione di cui trattasi il consumatore è liberato da tutte le obbligazioni derivanti dal contratto.

 

17 Gli artt. 4 e 5 concedono indubbiamente agli Stati membri un certo margine di discrezionalità per quanto concerne la tutela del consumatore quando il commerciante non fornisce l' informazione e per quel che riguarda la fissazione del termine e delle modalità del recesso. Tale circostanza tuttavia non incide sul carattere preciso e incondizionato delle disposizioni della direttiva sulle quali è incentrata la causa principale. Tale margine di discrezionalità non esclude infatti che sia possibile determinare alcuni diritti imprescindibili. Al riguardo, dalla lettera dell' art. 5 discende che il recesso va notificato entro un termine minimo di sette giorni dal momento in cui il consumatore ha ricevuto l' informazione che il commerciante è tenuto a fornire. E' pertanto possibile determinare il livello minimo di tutela che deve essere comunque realizzato.

 

18 Pertanto, occorre risolvere il primo problema sollevato dal giudice nazionale nel senso che gli artt. 1, n. 1, 2 e 5 della direttiva sono incondizionati e sufficientemente precisi per quanto concerne la determinazione dei beneficiari e il termine minimo entro il quale va notificato il recesso.

 

Sulla possibilità di far valere le disposizioni della direttiva riguardanti il diritto di recesso in una controversia tra un consumatore e un commerciante

 

19 Il secondo problema sollevato dal giudice nazionale concerne in particolare la questione se, in mancanza di provvedimenti di attuazione della direttiva entro i termini prescritti, i consumatori possano fondare sulla direttiva stessa un diritto di recesso nei confronti dei commercianti con i quali hanno stipulato un contratto e possano far valere tale diritto dinanzi a un giudice nazionale.

 

20 Come ha sottolineato la Corte, secondo una giurisprudenza costante successiva alla sentenza 26 febbraio 1986, causa 152/84, Marshall (Racc. pag. 723, punto 48), una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un singolo e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti.

 

21 Il giudice nazionale ha sottolineato che la limitazione degli effetti delle direttive incondizionate e sufficientemente precise, ma non attuate, ai rapporti tra enti statali e singoli farebbe sì che un atto normativo sia tale solo nei rapporti fra alcuni soggetti dell' ordinamento mentre, nell' ordinamento italiano come in quello di ogni altro ordinamento di qualsiasi paese moderno basato sul principio di legalità, lo Stato è un soggetto di diritto al pari di qualsiasi altro. Se la direttiva potesse essere opponibile solo nei confronti dello Stato, ciò equivarrebbe a una sanzione per l' inadempienza nell' adozione delle misure legislative di attuazione, come se si trattasse di un rapporto di natura meramente privatistica.

 

22 Basti rilevare al riguardo che, come discende dalla sentenza 26 febbraio 1986, Marshall, già citata (punti 48 e 49), la giurisprudenza sulla possibilità di far valere direttive nei confronti degli enti statali è fondata sulla natura cogente attribuita alla direttiva dall' art. 189, natura cogente che esiste solo nei confronti dello "Stato membro cui è rivolta". Detta giurisprudenza mira ad evitare che uno "Stato possa trarre vantaggio dalla sua trasgressione del diritto comunitario".

 

23 Sarebbe infatti inaccettabile che lo Stato al quale il legislatore comunitario prescrive l' adozione di talune norme volte a disciplinare i suoi rapporti ° o quelli degli enti statali ° con i privati e a riconoscere a questi ultimi il godimento di taluni diritti potesse far valere la mancata esecuzione dei suoi obblighi al fine di privare i singoli del godimento di detti diritti. Per tale ragione la Corte ha ammesso la possibilità di far valere nei confronti dello Stato (o di enti statali) talune disposizioni delle direttive sulla conclusione degli appalti pubblici (v. sentenza 22 giugno 1989, causa 103/88, Fratelli Costanzo, Racc. pag. 1839) e delle direttive sull' armonizzazione delle imposte sulla cifra d' affari (v. sentenza 19 gennaio 1982, causa 8/81, Becker, Racc. pag. 53).

 

24 Estendere detta giurisprudenza all' ambito dei rapporti tra singoli significherebbe riconoscere in capo alla Comunità il potere di emanare norme che facciano sorgere con effetto immediato obblighi a carico di questi ultimi, mentre tale competenza le spetta solo laddove le sia attribuito il potere di adottare regolamenti.

 

25 Ne consegue che, in assenza di provvedimenti di attuazione della direttiva entro i termini prescritti, i consumatori non possono fondare sulla direttiva stessa un diritto di recesso nei confronti dei commercianti con i quali hanno stipulato un contratto, né possono far valere tale diritto dinanzi a un giudice nazionale.

 

26 Occorre inoltre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante successiva alla sentenza 10 aprile 1984, causa 14/83, Von Colson e Kamann (Racc. pag. 1891, punto 26), l' obbligo degli Stati membri, derivante da una direttiva, di conseguire il risultato da questa contemplato, come pure l' obbligo loro imposto dall' art. 5 del Trattato di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l' adempimento di tale obbligo, valgono per tutti gli organi degli Stati membri ivi compresi, nell' ambito di loro competenza, quelli giurisdizionali. Così come discende dalle sentenze della Corte 13 novembre 1990, causa C-106/89, Marleasing (Racc. pag. I-4135, punto 8), e 16 dicembre 1993, causa C-334/92, Wagner Miret (Racc. pag. I-6911, punto 20), nell' applicare il diritto nazionale, a prescindere dal fatto che si tratti di norme precedenti o successive alla direttiva, il giudice nazionale deve interpretare il proprio diritto nazionale quanto più possibile alla luce della lettera e dello scopo della direttiva per conseguire il risultato perseguito da quest' ultima e conformarsi pertanto all' art. 189, terzo comma, del Trattato.

 

27 Nel caso in cui il risultato prescritto dalla direttiva non possa essere conseguito mediante interpretazione, occorre peraltro ricordare che, secondo la sentenza 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich e a. (Racc. pag. I-5357, punto 39), il diritto comunitario impone agli Stati membri di risarcire i danni da essi causati ai singoli a causa della mancata attuazione di una direttiva, purché siano soddisfatte tre condizioni. Innanzi tutto la direttiva deve avere lo scopo di attribuire diritti a favore dei singoli. Deve essere poi possibile individuare il contenuto di tali diritti sulla base delle disposizioni della direttiva. Infine deve esistere un nesso di causalità tra la violazione dell' obbligo a carico dello Stato e il danno subito.

 

28 La direttiva sui contratti negoziati fuori dei locali commerciali ha incontestabilmente lo scopo di attribuire certi diritti ad alcune categorie di singoli ed è altrettanto certo che il contenuto imprescindibile di tali diritti può essere individuato sulla base delle sole disposizioni della direttiva (v. supra, punto 17).

 

29 Posto che ci sia un danno e che tale danno sia dovuto alla violazione da parte dello Stato dell' obbligo a lui incombente, spetterà al giudice nazionale garantire il diritto dei consumatori lesi al risarcimento, nell' ambito delle norme nazionali in tema di responsabilità.

 

30 Per quanto concerne il secondo problema sollevato dal giudice nazionale e alla luce delle considerazioni svolte in questa sede, occorre rispondere che, in assenza di provvedimenti di attuazione della direttiva entro i termini prescritti, i consumatori non possono fondare sulla direttiva stessa un diritto di recesso nei confronti dei commercianti con i quali essi hanno stipulato un contratto, né possono far valere tale diritto dinanzi a un giudice nazionale. Tuttavia quest' ultimo, quando applica disposizioni di diritto nazionale tanto precedenti quanto successive alla direttiva, ha l' obbligo di interpretarle quanto più è possibile alla luce della lettera e dello scopo della direttiva.

 

Decisione relativa alle spese

 

Sulle spese

31 Le spese sostenute dai governi danese, tedesco, ellenico, francese, italiano, olandese e del Regno Unito nonché dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

 

Dispositivo

 

Per questi motivi, la Corte,

 

pronunciandosi sulla questione sottopostale dal Giudice conciliatore di Firenze con ordinanza 24 gennaio 1992, dichiara:

 

1) Gli artt. 1, n. 1, 2 e 5 della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, sono incondizionati e sufficientemente precisi per quanto concerne la determinazione dei beneficiari e il termine minimo entro il quale va notificato il recesso.

 

2) In assenza di provvedimenti di attuazione della direttiva 85/577 entro i termini prescritti, i consumatori non possono fondare sulla direttiva stessa un diritto di recesso nei confronti dei commercianti con i quali essi hanno stipulato un contratto, né possono far valere tale diritto dinanzi a un giudice nazionale. Tuttavia quest' ultimo, quando applica disposizioni di diritto nazionale tanto precedenti quanto successive alla direttiva, ha l' obbligo di interpretarle quanto più è possibile alla luce della lettera e dello scopo della direttiva.

 

(Seguono le firme)