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Corte di Giustizia delle Comunità europee, 5 marzo 1996

 

C-46/93, C-48/93 Brasserie du Pêcheur SA e a.Repubblica federale di Germania e a.

 

 

Nei procedimenti riuniti C-46/93 e C-48/93,

 

aventi ad oggetto due domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, a norma dell' art. 177 del Trattato CEE, dal Bundesgerichtshof (nel procedimento C-46/93) e dalla High Court of Justice, Queen' s Bench Division, Divisional Court (nel procedimento C-48/93), nelle cause dinanzi ad essi pendenti tra

 

Brasserie du Pêcheur SA

 

e

 

Repubblica federale di Germania,

 

e tra

 

The Queen

 

e

 

Secretary of State for Transport

 

ex parte: Factortame Ltd e altri,

 

 

domande vertenti sull' interpretazione del principio della responsabilità dello Stato per danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili,

 

 

LA CORTE,

 

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias (relatore), presidente, C.N. Kakouris, D.A.O. Edward e G. Hirsch, presidenti di sezione, G.F. Mancini, F.A. Schockweiler, J.C. Moitinho de Almeida, C. Gulmann e J.L. Murray, giudici,

 

avvocato generale: G. Tesauro

 

cancellieri: H. von Holstein, vicecancelliere, e H.A. Ruehl, amministratore principale

 

viste le osservazioni scritte presentate:

° per la Brasserie du pêcheur SA, dall' avv. H. Buettner, del foro di Karlsruhe;

° per i ricorrenti da 1 a 36 e da 38 a 84 nel procedimento C-48/93, dagli avv.ti D. Vaughan e G. Barling, QC, e D. Anderson, barrister, su incarico dell' avv. S. Swabey, solicitor;

° per i ricorrenti da 85 a 97 nel procedimento C-48/93, dall' avv. N. Green, barrister, su incarico dell' avv. N. Horton, solicitor;

° per il 37º ricorrente nel procedimento C-48/93, dagli avv.ti N. Forwood, QC, e P. Duffy, barrister, su incarico degli avv.ti Holmann Fenwick & Willan, solicitors;

° per il governo tedesco, dal signor E. Roeder, Ministerialrat presso il ministero federale dell' Economia, in qualità di agente, assistito dall' avv. J. Sedemund, del foro di Colonia;

° per il governo del Regno Unito, dal signor J.E. Collins, Assistant Treasury Solicitor, in qualità di agente, assistito dagli avv.ti S. Richards, C. Vajda e R. Thompson, barristers;

° per il governo danese, dal signor J. Molde, consigliere giuridico presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente;

° per il governo spagnolo, dal signor A.J. Navarro González, direttore generale del coordinamento giuridico e istituzionale comunitario, e dalle signore R. Silva de Lapuerta e G. Calvo Díaz, abogados del Estado, del servizio giuridico dello Stato, in qualità di agenti;

° per il governo francese, dal signor J.-P. Puissochet, direttore degli affari giuridici del ministero degli Affari esteri, e dalla signora C. de Salins, vicedirettore presso la direzione degli affari giuridici del medesimo ministero, in qualità di agenti;

° per il governo irlandese, dal signor M.A. Buckley, Chief State Solicitor, in qualità di agente;

° per il governo olandese, dal signor A. Bos, consigliere giuridico presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente;

° per la Commissione delle Comunità europee, dai signori C. Timmermans, vicedirettore generale del servizio giuridico, J. Pipkorn, consigliere giuridico, e C. Docksey, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti;

 

vista la relazione d' udienza,

 

sentite le osservazioni orali della Brasserie du pêcheur SA, rappresentata dagli avv.ti H. Buettner e P. Soler-Couteaux, del foro di Strasburgo, dei ricorrenti da 1 a 36 e da 38 a 84 nel procedimento C-48/93, rappresentati dagli avv.ti D. Vaughan, G. Barling, D. Anderson e S. Swabey, dei ricorrenti da 85 a 97 nel procedimento C-48/93, rappresentati dall' avv. N. Green, del 37º ricorrente nel procedimento C-48/93, rappresentato dagli avv.ti N. Forwood e P. Duffy, del governo tedesco, rappresentato dall' avv. J. Sedemund, del governo del Regno Unito, rappresentato da Sir Nicolas Lyell, QC, Attorney General, e dagli avv.ti S. Richards, C. Vajda e J.E. Collins, del governo danese, rappresentato dal signor P. Biering, consigliere giuridico presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, del governo ellenico, rappresentato dal signor F. Georgakopoulos, viceconsigliere giuridico presso l' Avvocatura dello Stato, in qualità di agente, del governo spagnolo, rappresentato dalle signore R. Silva de Lapuerta e G. Calvo Díaz, del governo francese, rappresentato dalla signora C. de Salins, del governo olandese, rappresentato dal signor J.W. de Zwaan, viceconsigliere giuridico presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, e della Commissione, rappresentata dai signori C. Timmermans, J. Pipkorn e C. Docksey, all' udienza del 25 ottobre 1994,

 

sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 28 novembre 1995,

 

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

 

 

Motivazione della sentenza

 

1 Con ordinanze 28 gennaio 1993 e 18 novembre 1992, pervenute in cancelleria rispettivamente il 17 febbraio 1993 e il 18 febbraio 1993, il Bundesgerichtshof (nel procedimento C-46/93) e la High Court of Justice, Queen' s Bench Division, Divisional Court (nel procedimento C-48/93), hanno sottoposto alla Corte, ai sensi dell' art. 177 del Trattato CEE, talune questioni pregiudiziali relative ai presupposti della responsabilità di uno Stato membro per danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili.

 

2 Tali questioni sono state sollevate nell' ambito di due controversie sorte, rispettivamente, tra la società Brasserie du pêcheur SA (in prosieguo: la "Brasserie du pêcheur") e la Repubblica federale di Germania e tra la società Factortame Ltd e altri (in prosieguo: la "Factortame e a.") e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.

 

Il procedimento C-46/93

 

3 Secondo quanto ha dedotto dinanzi al giudice a quo, la Brasserie du pêcheur, società francese con sede in Schiltigheim (Alsazia), veniva costretta, alla fine del 1981, a sospendere le proprie esportazioni di birra in Germania a partire da tale periodo, in quanto le competenti autorità tedesche avevano accertato che la birra da essa fabbricata non era conforme ai requisiti di genuinità prescritti dagli artt. 9 e 10 del Biersteuergesetz (legge fiscale sulla birra; BGBl. I, pag. 149) 14 marzo 1952, nel testo di cui alla legge 14 dicembre 1976 (BGBl. I, pag. 3341; in prosieguo: il "BStG").

 

4 Ritenendo che queste disposizioni fossero in contrasto con l' art. 30 del Trattato CEE, la Commissione avviava un procedimento per inadempimento nei confronti della Repubblica federale di Germania, diretto sia contro il divieto di porre in commercio con la denominazione "Bier" (birra) birre legalmente fabbricate in altri Stati membri in base a metodi differenti, sia contro il divieto di importare birre contenenti additivi. Nella sentenza 12 marzo 1987, causa 178/84, Commissione/Germania (Racc. pag. 1227), la Corte dichiarava incompatibile con l' art. 30 del Trattato il divieto di porre in commercio birre, importate da altri Stati membri, non conformi alle controverse disposizioni della normativa tedesca.

 

5 La Brasserie du pêcheur conveniva pertanto in giudizio la Repubblica federale di Germania reclamando il risarcimento del danno che tale restrizione alle importazioni le aveva cagionato tra il 1981 e il 1987, per un ammontare di 1 800 000 DM, pari a una parte del danno effettivamente subito.

 

6 Il Bundesgerichtshof richiama, al riguardo, l' art. 839 del Buergerliches Gesetzbuch (codice civile tedesco; in prosieguo: il "BGB") e l' art. 34 del Grundgesetz (legge fondamentale; in prosieguo: il "GG"). Ai sensi dell' art. 839, n. 1, prima frase, del BGB, "Il pubblico funzionario che, per dolo o colpa, violi gli obblighi ad esso imposti dal proprio ufficio nei confronti di un terzo è tenuto nei confronti del medesimo al risarcimento del danno che ne deriva". L' art. 34 del GG a sua volta recita: "Se qualcuno, nell' esercizio di un ufficio pubblico affidatogli, viene meno al proprio dovere d' ufficio nei riguardi di un terzo, la responsabilità, di regola, ricade sullo Stato o sull' ente presso cui presta servizio".

 

7 Dal combinato disposto di questi articoli si evince che l' applicazione del regime della responsabilità dello Stato è subordinata al presupposto che il terzo possa essere considerato interessato dall' obbligo violato, con la conseguenza che lo Stato è responsabile solo della violazione degli obblighi aventi come destinatario un terzo. Orbene, sottolinea il Bundesgerichtshof, il legislatore nazionale assume con il BStG unicamente compiti riguardanti la collettività, senza particolare riferimento a persone o categorie di persone che possano essere considerate "terzi" ai sensi delle disposizioni menzionate.

 

8 Su queste premesse, il Bundesgerichtshof ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

"1) Se il principio del diritto comunitario in forza del quale gli Stati membri sono tenuti a risarcire i danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad essi imputabili valga anche quando tale violazione consista nel mancato adeguamento di una legge formale (nazionale) del Parlamento alle norme sovraordinate del diritto comunitario (nella specie: mancato adeguamento degli artt. 9 e 10 del Biersteuergesetz all' art. 30 del Trattato CEE).

2) Se l' ordinamento giuridico nazionale possa disporre che un eventuale diritto al risarcimento dei danni soggiaccia alle stesse restrizioni previste per le violazioni, da parte di una legge nazionale, del diritto interno di rango superiore, come ad esempio nel caso di contrasto di una legge federale tedesca ordinaria con la Costituzione della Repubblica federale di Germania.

3) Se l' ordinamento giuridico nazionale possa subordinare il diritto al risarcimento dei danni all' esistenza di una condotta imputabile (per dolo o per colpa) alle autorità statali.

4) Nel caso di soluzione affermativa della questione sub 1) e di soluzione negativa della questione sub 2):

a) Se l' obbligo di risarcimento a norma dell' ordinamento giuridico nazionale possa essere limitato al risarcimento dei danni arrecati a determinati beni giuridici dei singoli tutelati da norma di legge, quali ad esempio la proprietà, ovvero se esiga una completa compensazione del danno per tutte le perdite patrimoniali, ivi compreso il lucro cessante.

b) Se l' obbligo al risarcimento imponga altresì la riparazione dei danni già sorti prima che la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 12 marzo 1987 (causa 178/84) dichiarasse il contrasto dell' art. 10 della legge fiscale tedesca sulla birra con norme sovraordinate di diritto comunitario".

 

Il procedimento C-48/93

 

9 Il 16 dicembre 1988 la Factortame e altri, che comprende sia persone fisiche sia società di diritto britannico, unitamente agli amministratori e ai soci di queste ultime, intentavano un' azione davanti alla High Court of Justice, Queen' s Bench Division, Divisional Court (in prosieguo: la "Divisional Court"), diretta a contestare la compatibilità della parte II del Merchant Shipping Act 1988 (legge del 1988 sulla navigazione mercantile) con il diritto comunitario, in particolare con l' art. 52 del Trattato CEE. Tale legge era entrata in vigore il 1 dicembre 1988, con un regime transitorio fino al 31 marzo 1989. Essa prevedeva l' istituzione di un nuovo registro per i pescherecci britannici e subordinava ormai l' immatricolazione di questi ultimi, ivi compresi quelli già iscritti in un precedente registro, a taluni requisiti di nazionalità, di residenza e di domicilio dei proprietari. I pescherecci non immatricolabili nel nuovo registro non erano autorizzati ad esercitare attività di pesca.

 

10 Pronunciandosi su talune questioni postele dal giudice nazionale adito, la Corte, con sentenza 25 luglio 1991, causa C-221/89, Factortame II (Racc. pag. I-3905), statuiva che il diritto comunitario osta a requisiti di nazionalità, di residenza e di domicilio dei proprietari e degli esercenti dei pescherecci, come quelli previsti dal sistema di immatricolazione istituito dal Regno Unito, ma non si oppone, per contro, a che l' immatricolazione venga subordinata alla condizione che i pescherecci vengano gestiti e le loro operazioni siano dirette e controllate a partire dal territorio del Regno Unito.

 

11 Il 4 agosto 1989 la Commissione aveva proposto un ricorso per inadempimento contro il Regno Unito. Parallelamente essa aveva presentato una domanda di provvedimenti provvisori diretta ad ottenere la sospensione dell' applicazione dei requisiti di nazionalità dianzi richiamati, in quanto contrari agli artt. 7, 52 e 221 del Trattato CEE. Con ordinanza 10 ottobre 1989, causa 246/89 R, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. 3125), il presidente della Corte accoglieva la domanda di sospensione. In esecuzione dell' ordinanza, il Regno Unito adottava disposizioni intese a modificare il nuovo sistema di registrazione, con effetto dal 2 novembre 1989. Con sentenza 4 ottobre 1991, causa C-246/89, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I-4585), la Corte dichiarava in via definitiva che le condizioni di immatricolazione contestate nel ricorso per inadempimento erano contrarie al diritto comunitario.

 

12 Medio tempore, il 2 ottobre 1991, la Divisional Court aveva emesso un' ordinanza in esecuzione della citata sentenza della Corte 25 luglio 1991 e aveva nel contempo invitato i ricorrenti a precisare le rispettive domande di risarcimento. I ricorrenti presentavano quindi al giudice un prospetto particolareggiato di varie pretese risarcitorie, nel quale erano ricomprese le spese sostenute e le perdite subite dall' entrata in vigore della normativa in questione, il 1 aprile 1989, sino alla sua abrogazione, il 2 novembre 1989.

 

13 Infine, con ordinanza 18 novembre 1992, la Divisional Court autorizzava la Rawlings (Trawling) Ltd, trentasettesima ricorrente nella causa a quo nel procedimento C-48/93, a modificare la propria domanda di risarcimento per includervi una richiesta di risarcimento "esemplare" per condotta incostituzionale delle pubbliche autorità ("exemplary damages for unconstitutional behaviour").

 

14 Stando così le cose, la Divisional Court ha proposto alla Corte le questioni pregiudiziali seguenti:

"1) Se, alla luce di tutte le circostanze della presente fattispecie, in cui:

a) la normativa di uno Stato membro pone requisiti di cittadinanza, di domicilio e di residenza per i proprietari e gli esercenti di pescherecci, nonché per i soci e gli amministratori di società che possiedono o gestiscono pescherecci

e

b) la Corte di giustizia, nelle cause C-221/89 e C-246/89, ha dichiarato i detti requisiti in contrasto con gli artt. 5, 7, 52 e 221 del Trattato CEE,

ai detti soggetti, che sono stati proprietari o esercenti di questi pescherecci o amministratori e/o soci di società che possiedono o gestiscono pescherecci, spetti, in forza del diritto comunitario, la rifusione, da parte di questo Stato membro, delle perdite da essi subite come conseguenza di tutte o di taluna delle predette violazioni del Trattato CEE.

2) In caso di soluzione affermativa della questione sub 1), quali siano, eventualmente, gli elementi che secondo il diritto comunitario il giudice nazionale deve prendere in considerazione ai fini della decisione sulle domande di risarcimento relative a:

a) spese sostenute e/o mancati introiti per il periodo successivo all' entrata in vigore di tali requisiti, nel corso del quale i pescherecci sono stati costretti alla sosta o ad attività di pesca alternative e/o a chiedere l' immatricolazione altrove;

b) perdite derivanti da vendite sottocosto di pescherecci o di quote degli stessi o di quote di società armatrici;

c) perdite conseguenti alla necessità di provvedere alla prestazione di cauzioni nonché al pagamento di ammende e di spese legali per le pretese infrazioni connesse alla radiazione dei pescherecci dal registro nazionale;

d) perdite derivanti dall' impossibilità per i detti soggetti di continuare a possedere e gestire pescherecci;

e) perdite derivanti da mancati introiti per i servizi prestati;

f) spese sostenute nel tentativo di limitare le perdite suddette;

g) 'exemplary damages' (somme corrisposte a titolo di sanzione per i danni causati dalla condotta incostituzionale dell' amministrazione), ove ne ricorrano i presupposti".

15 Per una più ampia illustrazione dei fatti delle controversie nelle cause nazionali, dello svolgimento del procedimento nonché delle osservazioni presentate alla Corte, si fa rinvio alla relazione d' udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte.

 

Sulla responsabilità dello Stato per gli atti e le omissioni del legislatore nazionale contrari al diritto comunitario (prima questione nei procedimenti C-46/93 e C-48/93)

 

16 Con la loro prima questione, entrambi i giudici nazionali intendono accertare, in sostanza, se il principio in forza del quale gli Stati membri sono tenuti al risarcimento dei danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario ad essi imputabili sia applicabile qualora l' inadempimento contestato sia riconducibile al legislatore nazionale.

 

17 In via preliminare, occorre ricordare che, nella sentenza 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich e a. (Racc. pag. I-5357, punto 37), la Corte ha già affermato che il diritto comunitario impone il principio secondo cui gli Stati membri sono tenuti a risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario ad essi imputabili.

 

18 Secondo i governi tedesco, irlandese e olandese, l' obbligo degli Stati membri di risarcire i danni cagionati ai singoli si imporrebbe solo in caso di violazione di disposizioni prive di effetto diretto. Nella citata sentenza Francovich e a., la Corte avrebbe semplicemente inteso colmare una lacuna del sistema di tutela dei diritti dei singoli. Nei limiti in cui una legittimazione ad agire venga riconosciuta nell' ordinamento nazionale per far valere i diritti che i singoli vantano in forza di disposizioni provviste di effetto diretto del diritto comunitario, non sarebbe affatto necessario accordare loro in aggiunta un diritto al risarcimento direttamente fondato sul diritto comunitario in caso di violazione di queste disposizioni.

 

19 Questa argomentazione non può essere accolta.

 

20 Invero, secondo la giurisprudenza costante, la facoltà degli amministrati di far valere dinanzi ai giudici nazionali disposizioni del Trattato aventi effetto diretto costituisce solo una garanzia minima e non è di per sé sufficiente ad assicurare la piena applicazione del Trattato (v., segnatamente, sentenze 15 ottobre 1986, causa 168/85, Commissione/Italia, Racc. pag. 2945, punto 11; 26 febbraio 1991, causa C-120/88, Commissione/Italia, Racc. pag. I-621, punto 10; e 26 febbraio 1991, causa C-119/89, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-641, punto 9). Questa facoltà, intesa a far prevalere l' applicazione di norme di diritto comunitario rispetto a quella di norme nazionali, non è idonea a garantire in ogni caso al singolo i diritti attribuitigli dal diritto comunitario e, in particolare, ad impedire il verificarsi di un danno conseguente ad una violazione di tale diritto imputabile ad uno Stato membro. Orbene, come si evince dal punto 33 della citata sentenza Francovich, la piena efficacia delle norme comunitarie sarebbe messa a repentaglio se i singoli non avessero la possibilità di ottenere un risarcimento ove i loro diritti fossero lesi da una violazione del diritto comunitario.

 

21 Ricorre un' ipotesi di tal genere allorché un singolo, che sia rimasto vittima della mancata attuazione di una direttiva e si trovi nell' impossibilità di far valere direttamente dinanzi al giudice nazionale determinate disposizioni di quest' ultima, per via del loro carattere insufficientemente preciso e incondizionato, intenta un' azione di risarcimento danni contro lo Stato inadempiente per violazione dell' art. 189, terzo comma, del Trattato. In siffatta ipotesi, che si verificava nella menzionata causa Francovich e a., il risarcimento è diretto a rimuovere le conseguenze dannose causate ai beneficiari di una direttiva dalla mancata attuazione di quest' ultima da parte di uno Stato membro.

 

22 Tale è inoltre il caso della lesione di un diritto direttamente conferito da una norma comunitaria che i singoli possono per l' appunto invocare dinanzi ai giudici nazionali. In tale ipotesi, il diritto al risarcimento costituisce il corollario necessario dell' effetto diretto riconosciuto alle norme comunitarie la cui violazione ha dato origine al danno subito.

 

23 Nel caso di specie, è pacifico che le norme comunitarie in questione, vale a dire l' art. 30 del Trattato, nel procedimento C-46/93, e l' art. 52, nel procedimento C-48/93, hanno effetto diretto nel senso che esse conferiscono ai singoli diritti che gli stessi possono direttamente far valere davanti ai giudici nazionali. La violazione di tali norme può dar luogo a risarcimento.

 

24 Il governo tedesco sostiene inoltre che un diritto generale al risarcimento per i singoli potrebbe essere sancito solo in via legislativa e che il riconoscimento di siffatto diritto ope judicis sarebbe incompatibile con la ripartizione delle competenze tra le istituzioni della Comunità e gli Stati membri e con l' equilibrio istituzionale risultante dal Trattato.

 

25 Sul punto, occorre sottolineare che la questione dell' esistenza e della portata della responsabilità di uno Stato per danni scaturenti dalla violazione degli obblighi che gli incombono in forza del diritto comunitario attiene all' interpretazione del Trattato e come tale rientra nella competenza della Corte.

 

26 Nella fattispecie, così come nella causa Francovich e a. già richiamata, tale questione interpretativa è stata sottoposta alla Corte da giudici nazionali a norma dell' art. 177 del Trattato.

 

27 Poiché nel Trattato mancano disposizioni che disciplinano in modo diretto e puntuale le conseguenze delle violazioni del diritto comunitario da parte degli Stati membri, spetta alla Corte, nell' espletamento del compito conferitole dall' art. 164 del Trattato di garantire l' osservanza del diritto nell' interpretazione e nell' applicazione del Trattato, statuire su tale questione avvalendosi dei canoni interpretativi generalmente accolti, facendo ricorso in particolare ai principi fondamentali dell' ordinamento giuridico comunitario e, se necessario, ai principi generali comuni agli ordinamenti giuridici degli Stati membri.

 

28 Del resto, è ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri che l' art. 215, secondo comma, del Trattato fa rinvio in tema di responsabilità extracontrattuale della Comunità per i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell' esercizio delle loro funzioni.

 

29 Il principio della responsabilità extracontrattuale della Comunità, che l' art. 215 del Trattato sancisce dunque espressamente, altro non è se non un' enunciazione del generale principio, riconosciuto negli ordinamenti giuridici degli Stati membri, in forza del quale un' azione o un' omissione illegittima comporta l' obbligo della riparazione del danno arrecato. Questa disposizione pone altresì in evidenza l' obbligo, incombente alle pubbliche autorità, di risarcire i danni cagionati nell' esercizio delle loro funzioni.

 

30 Va rilevato, del resto, che in un gran numero di ordinamenti giuridici nazionali il regime giuridico della responsabilità dello Stato è stato elaborato, in maniera determinante, in via giurisprudenziale.

 

31 Sulla scorta di queste considerazioni la Corte ha già rilevato, al punto 35 della citata sentenza Francovich e a., che il principio della responsabilità dello Stato per danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili è inerente al sistema del Trattato.

 

32 Ne consegue che il principio ha valore in riferimento a qualsiasi ipotesi di violazione del diritto comunitario commessa da uno Stato membro, qualunque sia l' organo di quest' ultimo la cui azione od omissione ha dato origine alla trasgressione.

 

33 Oltretutto, avuto riguardo alla fondamentale esigenza dell' ordinamento giuridico comunitario costituita dall' uniforme applicazione del diritto comunitario (v., segnatamente, sentenza 21 febbraio 1991, cause riunite C-143/88 e C-92/89, Zuckerfabrik, Racc. pag. I-415, punto 26), l' obbligo di risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario non può dipendere da norme interne sulla ripartizione delle competenze tra i poteri costituzionali.

 

34 Al riguardo, si deve rilevare, concordemente con quanto ha osservato l' avvocato generale al paragrafo 38 delle sue conclusioni, che nell' ordinamento giuridico internazionale lo Stato, la cui responsabilità sorgerebbe in caso di violazione di un impegno internazionale, viene del pari considerato nella sua unità, senza che rilevi la circostanza che la violazione da cui ha avuto origine il danno sia imputabile al potere legislativo, giudiziario o esecutivo. Tale principio deve valere a maggior ragione nell' ordinamento giuridico comunitario, in quanto tutti gli organi dello Stato, ivi compreso il potere legislativo, sono tenuti, nell' espletamento dei loro compiti, all' osservanza delle prescrizioni dettate dal diritto comunitario e idonee a disciplinare direttamente la situazione dei singoli.

 

35 Del pari, la circostanza che, per effetto delle norme interne, l' inadempimento contestato sia imputabile al legislatore nazionale non può compromettere le esigenze relative alla tutela dei diritti dei singoli che fanno valere il diritto comunitario e, nel caso di specie, il diritto di ottenere dinanzi ai giudici nazionali la riparazione del danno originato dal detto inadempimento.

 

36 Conseguentemente, si deve rispondere ai giudici nazionali che il principio in forza del quale gli Stati membri sono tenuti a risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario ad essi imputabili trova applicazione allorché l' inadempimento contestato è riconducibile al legislatore nazionale.

 

Sui presupposti della responsabilità dello Stato per atti ed omissioni del legislatore nazionale contrari al diritto comunitario (seconda questione nel procedimento C-46/93 e prima questione nel procedimento C-48/93)

 

37 Con tali questioni i giudici nazionali chiedono alla Corte di precisare i presupposti in presenza dei quali, tenuto conto delle circostanze concrete, un diritto al risarcimento dei danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario imputabili ad uno Stato membro è garantito dal diritto comunitario.

 

38 Sul punto, occorre ricordare che, se la responsabilità dello Stato è imposta dal diritto comunitario, le condizioni in cui essa fa sorgere un diritto al risarcimento dipendono dalla natura della violazione del diritto comunitario che è all' origine del danno provocato (sentenza Francovich e a., citata, punto 38).

 

39 Per determinare tali condizioni occorre tener conto anzitutto dei principi propri dell' ordinamento giuridico comunitario che costituiscono il fondamento per la responsabilità dello Stato, vale a dire la piena efficacia delle norme comunitarie e l' effettiva tutela dei diritti da esse garantiti, da un lato, e l' obbligo di cooperazione incombente agli Stati membri in forza dell' art. 5 del Trattato, dall' altro (sentenza Francovich e a., citata, punti 31-36).

 

40 Inoltre, come hanno sottolineato la Commissione e i vari governi che hanno presentato osservazioni, è pertinente il riferimento alla giurisprudenza della Corte relativa alla responsabilità extracontrattuale della Comunità.

 

41 Invero, da un lato, l' art. 215, secondo comma, del Trattato fa rinvio, in tema di responsabilità extracontrattuale della Comunità, ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, ai quali la Corte fa del pari riferimento, in mancanza di norme scritte, in altri settori del diritto comunitario.

 

42 Dall' altro, i presupposti del sorgere della responsabilità dello Stato per danni cagionati ai singoli in conseguenza della violazione del diritto comunitario non debbono essere diversi, in mancanza di specifica giustificazione, da quelli che disciplinano la responsabilità della Comunità in circostanze analoghe. Infatti, la tutela dei diritti attribuiti ai singoli dal diritto comunitario non può variare in funzione della natura, nazionale o comunitaria, dell' organo che ha cagionato il danno.

 

43 Il regime enunciato dalla Corte alla luce dell' art. 215 del Trattato, in ispecie per quanto riguarda la responsabilità derivante da atti normativi, tiene segnatamente conto della complessità delle situazioni da disciplinare, delle difficoltà di applicazione o interpretazione dei testi e, più in particolare, del margine di valutazione discrezionale rimesso all' autore dell' atto controverso.

 

44 E' tenendo conto dell' ampio potere discrezionale devoluto alle istituzioni per l' attuazione delle politiche comunitarie che è stata elaborata la giurisprudenza della Corte in tema di responsabilità extracontrattuale della Comunità, con particolare riferimento agli atti normativi che implicavano scelte di politica economica.

 

45 Invero, la concezione restrittiva della responsabilità della Comunità derivante dall' esercizio delle proprie attività normative si spiega con la considerazione che l' esercizio del potere legislativo, anche nei casi in cui esiste un controllo giurisdizionale sulla legittimità degli atti, non deve essere ostacolato dalla prospettiva di azioni risarcitorie ogni volta che esso deve adottare, nell' interesse generale della Comunità, provvedimenti normativi che possono ledere interessi di singoli e che, per l' altro verso, in un contesto normativo caratterizzato dall' esistenza di un ampio potere discrezionale, indispensabile per l' attuazione di una politica comunitaria, la responsabilità della Comunità può sussistere solo se l' istituzione di cui trattasi ha disconosciuto, in modo palese e grave, i limiti che si impongono all' esercizio dei suoi poteri (sentenza 25 maggio 1978, cause riunite 83/76, 94/76, 4/77, 15/77 e 40/77, HNL e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. 1209, punti 5 e 6).

 

46 Ciò premesso, si deve constatare che il legislatore nazionale, così come del resto le istituzioni comunitarie, non dispone sistematicamente di un ampio potere discrezionale quando si tratti di un settore disciplinato dal diritto comunitario. Quest' ultimo può imporgli obblighi di risultato o di condotta o di astensione che riducono, talvolta in maniera considerevole, il suo margine di valutazione. Tale è in particolare il caso quando, come avveniva nella fattispecie oggetto della sentenza Francovich e a., lo Stato membro è obbligato, in forza dell' art. 189 del Trattato, ad adottare entro un certo termine tutti i provvedimenti necessari per conseguire il risultato prescritto da una direttiva. In tal caso, la circostanza che i provvedimenti da adottare incombano al legislatore nazionale è, ai fini del sorgere della responsabilità dello Stato membro per la mancata attuazione della direttiva, priva di pertinenza.

 

47 Diversamente, allorché uno Stato membro opera in un settore nel quale dispone di un ampio potere discrezionale, paragonabile a quello del quale si avvalgono le istituzioni comunitarie per l' attuazione delle politiche comunitarie, i presupposti della sua responsabilità debbono essere, in via di principio, i medesimi di quelli dai quali dipende il sorgere della responsabilità della Comunità in una situazione analoga.

 

48 Nella fattispecie della causa a quo di cui al procedimento C-46/93, il legislatore tedesco aveva legiferato nel settore dei prodotti alimentari, in particolare in quello della birra. In mancanza di armonizzazione comunitaria, il legislatore nazionale disponeva, in tale settore, di un ampio potere discrezionale per adottare una disciplina sulla qualità della birra in commercio.

 

49 Quanto alla fattispecie all' origine del procedimento C-48/93, il legislatore del Regno Unito disponeva del pari di un ampio potere discrezionale. Infatti, la normativa controversa concerneva, da un lato, l' immatricolazione dei pescherecci, settore che, tenuto conto dello stadio di sviluppo del diritto comunitario, rientra nella sfera di competenza degli Stati membri, e, dall' altro, la disciplina delle attività di pesca, settore nel quale l' attuazione della politica comune consente un certo margine di valutazione agli Stati membri.

 

50 Risulta quindi che, in entrambe le fattispecie, i legislatori tedesco e del Regno Unito avevano di fronte situazioni che comportavano scelte paragonabili a quelle operate dalle istituzioni comunitarie nell' adozione di atti normativi rientranti in una politica comunitaria.

 

51 Stando così le cose, un diritto al risarcimento è riconosciuto dal diritto comunitario in quanto siano soddisfatte tre condizioni, vale a dire che la norma giuridica violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli, che si tratti di violazione sufficientemente caratterizzata e, infine, che esista un nesso causale diretto tra la violazione dell' obbligo incombente allo Stato e il danno subito dai soggetti lesi.

 

52 Infatti, in primo luogo, queste condizioni soddisfano le esigenze della piena efficacia delle norme comunitarie e dell' effettiva tutela dei diritti da esse garantiti.

 

53 In secondo luogo, esse corrispondono in sostanza a quelle enunciate dalla Corte in ordine all' art. 215 nella sua giurisprudenza relativa alla responsabilità della Comunità per danni cagionati ai singoli da atti normativi illegittimi adottati dalle sue istituzioni.

 

54 La prima condizione viene manifestamente soddisfatta con riguardo all' art. 30 del Trattato, richiamato nel procedimento C-46/93, e all' art. 52 del Trattato, richiamato nel procedimento C-48/93. Invero, sebbene l' art. 30 imponga un divieto agli Stati membri, ciò non toglie che esso attribuisce ai singoli diritti che i giudici nazionali devono tutelare (sentenza 22 marzo 1977, causa 74/76, Iannelli e Volpi, Racc. pag. 557, punto 13). Del pari, l' art. 52 del Trattato conferisce per definizione diritti ai singoli (sentenza 21 giugno 1974, causa 2/74, Reyners, Racc. pag. 631, punto 25).

 

55 Quanto alla seconda condizione, sia per quanto riguarda la responsabilità della Comunità ai sensi dell' art. 215 sia per quanto attiene alla responsabilità degli Stati membri per violazioni del diritto comunitario, il criterio decisivo per considerare sufficientemente caratterizzata una violazione del diritto comunitario è quello della violazione manifesta e grave, da parte di uno Stato membro o di un' istituzione comunitaria, dei limiti posti al loro potere discrezionale.

 

56 Al riguardo, fra gli elementi che il giudice competente può eventualmente prendere in considerazione, vanno sottolineati il grado di chiarezza e di precisione della norma violata, l' ampiezza del potere discrezionale che tale norma riserva alle autorità nazionali o comunitarie, il carattere intenzionale o involontario della trasgressione commessa o del danno causato, la scusabilità o l' inescusabilità di un eventuale errore di diritto, la circostanza che i comportamenti adottati da un' istituzione comunitaria abbiano potuto concorrere all' omissione, all' adozione o al mantenimento in vigore di provvedimenti o di prassi nazionali contrari al diritto comunitario.

 

57 In ogni caso, una violazione del diritto comunitario è manifesta e grave quando continua nonostante la pronuncia di una sentenza che ha accertato l' inadempimento contestato, di una sentenza pregiudiziale o di una giurisprudenza consolidata della Corte in materia, dalle quali risulti l' illegittimità del comportamento in questione.

 

58 Nella specie, la Corte non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici nazionali, unici competenti ad accertare i fatti delle cause a quibus e a qualificare le violazioni del diritto comunitario di cui trattasi. Essa ritiene nondimeno utile richiamare alcune circostanze delle quali i giudici nazionali potrebbero tener conto.

 

59 Così, nel procedimento C-46/93, occorre distinguere la questione del mantenimento in vigore, da parte del legislatore tedesco, delle disposizioni del Biersteuergesetz sulla genuinità della birra, relative al divieto di porre in commercio con la denominazione "Bier" birre importate da altri Stati membri e legalmente fabbricate secondo metodi differenti, da quella del mantenimento in vigore delle disposizioni di questa stessa legge che enunciano il divieto di importare birre contenenti additivi. Infatti, la violazione dell' art. 30 del Trattato da parte della normativa tedesca, per quanto riguarda le disposizioni relative alla denominazione del prodotto posto in commercio, difficilmente potrebbe considerarsi un errore scusabile, dal momento che l' incompatibilità di siffatta disciplina con l' art. 30 del Trattato appare manifesta alla luce della giurisprudenza anteriore della Corte e, in particolare, delle sentenze 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe-Zentral, cosiddetta "Cassis de Dijon" (Racc. pag. 649), e 9 dicembre 1981, causa 193/80, Commissione/Italia (Racc. pag. 3019). Per contro, gli elementi di valutazione a disposizione del legislatore nazionale, tenuto conto della giurisprudenza in materia, per risolvere la questione se il divieto di utilizzare additivi fosse contrario al diritto comunitario, apparivano nettamente più incerti fino alla pronuncia della sentenza 12 marzo 1987, Commissione/Germania, citata, con la quale la Corte ha dichiarato questo divieto incompatibile con l' art. 30.

 

60 Del pari, varie osservazioni possono essere formulate per quanto concerne la disciplina nazionale oggetto del procedimento C-48/93.

 

61 La decisione del legislatore del Regno Unito di inserire nel Merchant Shipping Act 1988 disposizioni relative ai requisiti per l' immatricolazione dei pescherecci deve essere valutata differentemente a seconda che si tratti di disposizioni che assoggettano l' immatricolazione ad un requisito di nazionalità, le quali costituiscono una discriminazione diretta, manifestamente contraria al diritto comunitario, oppure si tratti di disposizioni che istituiscono requisiti di residenza e di domicilio dei proprietari e degli esercenti di pescherecci.

 

62 La prescrizione di questi ultimi requisiti sembrava fin da principio incompatibile, in particolare, con l' art. 52 del Trattato, tuttavia il Regno Unito intendeva giustificarla alla luce degli obiettivi della politica comune della pesca. Nella richiamata sentenza Factortame II la Corte ha respinto questa giustificazione.

 

63 Per valutare se la violazione dell' art. 52, in tal modo commessa dal Regno Unito, fosse manifesta e grave, il giudice nazionale potrebbe tener conto, tra l' altro, delle controversie giuridiche connesse alle peculiarità della politica comune della pesca, del comportamento della Commissione, la quale ha reso tempestivamente nota la propria posizione al Regno Unito, e delle valutazioni quanto al grado di certezza del diritto comunitario formulate dai giudici nazionali nell' ambito dei procedimenti sommari instaurati dai soggetti lesi dall' applicazione del Merchant Shipping Act.

 

64 Infine, va parimenti presa in considerazione l' asserzione della Rawlings (Trawling) Ltd, trentasettesima ricorrente nel procedimento C-48/93, secondo la quale il Regno Unito non avrebbe adottato immediatamente i provvedimenti necessari per dare esecuzione alla citata ordinanza del presidente della Corte 10 ottobre 1989, Commissione/Regno Unito, circostanza che avrebbe inutilmente aggravato i danni da essa subiti. Tale circostanza, peraltro espressamente contestata dal governo del Regno Unito in udienza, dovrebbe, ove risultasse esatta, essere considerata dal giudice nazionale come di per sé costitutiva di una violazione manifesta e grave, quindi sufficientemente caratterizzata, del diritto comunitario.

 

65 Quanto alla terza condizione, spetta ai giudici nazionali verificare la sussistenza di un nesso causale diretto tra la violazione dell' obbligo incombente allo Stato e il danno subito dai soggetti lesi.

 

66 Le tre condizioni sopra richiamate sono necessarie e sufficienti per attribuire ai singoli un diritto al risarcimento, senza tuttavia escludere che la responsabilità dello Stato possa essere accertata, a condizioni meno restrittive, sulla base del diritto nazionale.

 

67 Come si rileva dai punti 41-43 della sentenza Francovich e a., fermo restando il diritto al risarcimento che trova direttamente il suo fondamento nel diritto comunitario, purché siano soddisfatte le condizioni descritte in precedenza, è nell' ambito delle norme del diritto nazionale relative alla responsabilità che lo Stato è tenuto a riparare le conseguenze del danno provocato, restando inteso che le condizioni fissate dalle norme nazionali in materia di risarcimento dei danni non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di natura interna e non possono essere tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento (v., altresì, sentenza 9 novembre 1983, causa 199/82, San Giorgio, Racc. pag. 3595).

 

68 Sotto tale profilo, le restrizioni che si rinvengono negli ordinamenti giuridici interni in materia di responsabilità extracontrattuale delle pubbliche autorità conseguente all' esercizio della funzione legislativa possono essere tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l' esercizio, da parte dei singoli, del diritto al risarcimento, quale è garantito dal diritto comunitario, per danni risultanti dalla violazione di quest' ultimo.

 

69 Nella specie di cui al procedimento C-46/93, il giudice nazionale si interroga in particolare sulla questione se il diritto nazionale possa subordinare un eventuale diritto al risarcimento alle medesime restrizioni applicabili in caso di violazione, operata da una legge, di norme nazionali sovraordinate, ad esempio in caso di violazione del GG della Repubblica federale di Germania ad opera di una legge federale ordinaria.

 

70 Sul punto si deve rilevare che, pur se l' imposizione di siffatte restrizioni appare conforme all' esigenza di non stabilire condizioni meno favorevoli rispetto a quelle concernenti reclami analoghi di natura interna, occorre inoltre accertare se tali restrizioni non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento.

 

71 Orbene, la condizione posta dal diritto tedesco in caso di violazione di norme nazionali sovraordinate contenute in una legge, condizione che subordina il risarcimento al fatto che l' atto o l' omissione del legislatore riguardi una situazione individuale, renderebbe praticamente impossibile o eccessivamente difficile il risarcimento effettivo dei danni derivanti dalla violazione del diritto comunitario, posto che i compiti devoluti al legislatore nazionale riguardano in via di principio la collettività senza interessare alcuna persona o categoria di persone considerate individualmente.

 

72 Simile condizione, in quanto ostacola l' assolvimento dell' obbligo dei giudici nazionali di assicurare la piena efficacia del diritto comunitario garantendo un' effettiva tutela dei diritti dei singoli, deve essere esclusa in ipotesi di violazione del diritto comunitario imputabile al legislatore nazionale.

 

73 Analogamente, l' eventuale condizione posta, in via di principio, dal diritto inglese per il sorgere della responsabilità delle pubbliche autorità, ossia di fornire la prova di un abuso di potere nell' esercizio di una pubblica funzione (misfeasance in public office), abuso inconcepibile in riferimento al legislatore, è anch' essa di natura tale da rendere praticamente impossibile il risarcimento dei danni derivanti dalla violazione del diritto comunitario, ove tale violazione sia imputabile al legislatore nazionale.

 

74 Occorre pertanto rispondere alle questioni prospettate dai giudici nazionali che, nell' ipotesi in cui una violazione del diritto comunitario da parte di uno Stato membro sia imputabile al legislatore nazionale che operi in un settore nel quale dispone di un ampio potere discrezionale in ordine alle scelte normative, i singoli lesi hanno diritto al risarcimento qualora la norma comunitaria violata sia preordinata ad attribuire loro diritti, la violazione sia manifesta e grave e ricorra un nesso causale diretto tra tale violazione e il danno subito dai singoli. Con questa riserva, è nell' ambito delle norme del diritto nazionale relative alla responsabilità che lo Stato è tenuto a riparare le conseguenze del danno provocato dalla violazione del diritto comunitario ad esso imputabile, fermo restando che le condizioni stabilite dalla normativa nazionale applicabile non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di natura interna né essere tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento.

 

Sulla possibilità di subordinare il risarcimento all' esistenza di una colpa (terza questione nel procedimento C-46/93)

 

75 Con la terza questione, il Bundesgerichtshof intende accertare, in sostanza, se il giudice nazionale, nell' ambito della normativa nazionale che esso applica, possa subordinare il risarcimento del danno all' esistenza di una condotta dolosa o colposa dell' organo statale al quale è imputabile l' inadempimento.

 

76 Si deve anzitutto rilevare che, come si evince dagli atti di causa, la nozione di colpa non ha il medesimo contenuto nei diversi ordinamenti giuridici.

 

77 Va poi ricordato che, come emerge dagli ulteriori rilievi formulati in risposta al quesito precedente, allorché una violazione del diritto comunitario è imputabile a uno Stato membro che opera in un settore nel quale esso dispone di un ampio potere discrezionale in ordine alle scelte normative, il riconoscimento di un diritto al risarcimento sulla base del diritto comunitario è subordinato, tra l' altro, alla condizione che la violazione de qua sia manifesta e grave.

 

78 Talché, determinati elementi obiettivi e subiettivi riconducibili alla nozione di colpa nell' ambito di un ordinamento giuridico nazionale sono pertinenti per valutare se una violazione del diritto comunitario sia o no manifesta e grave (v. elementi richiamati nei precedenti punti 56 e 57).

 

79 Ne consegue che l' obbligo di risarcire i danni cagionati ai singoli non può essere subordinato ad una condizione, ricavata dalla nozione di condotta imputabile per dolo o colpa, che vada oltre la violazione manifesta e grave del diritto comunitario. Infatti, la prescrizione di una simile condizione ulteriore si risolverebbe nel rimettere in discussione il diritto al risarcimento, che trova il suo fondamento nell' ordinamento giuridico comunitario.

 

80 Conseguentemente, si deve risolvere la questione nel senso che il giudice nazionale non può, nell' ambito della normativa nazionale che esso applica, subordinare il risarcimento del danno all' esistenza di una condotta dolosa o colposa dell' organo statale al quale è imputabile l' inadempimento, che si aggiunga alla violazione manifesta e grave del diritto comunitario.

 

Sull' entità materiale del risarcimento [quarta questione, sub a), nel procedimento C-46/93 e seconda questione nel procedimento C-48/93]

 

81 Con tali questioni, i giudici nazionali chiedono in sostanza alla Corte di enunciare i criteri in base ai quali sia possibile determinare l' entità del risarcimento a carico dello Stato membro al quale è imputabile l' inadempimento.

 

82 A tale riguardo si deve sottolineare che il risarcimento dei danni cagionati ai singoli da violazioni del diritto comunitario deve essere adeguato al danno subito, così da garantire una tutela effettiva dei loro diritti.

 

83 In mancanza di norme comunitarie in materia, spetta all' ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro fissare i criteri che consentono di determinare l' entità del risarcimento, fermo restando che essi non possono essere meno favorevoli di quelli che riguardano reclami analoghi fondati sul diritto interno e che non possono in nessun caso essere tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile il risarcimento.

 

84 Va precisato, in particolare, che per determinare il danno risarcibile il giudice nazionale può verificare se il soggetto leso abbia dato prova di una ragionevole diligenza per evitare il danno o limitarne l' entità e, in particolare, se esso abbia tempestivamente esperito tutti i rimedi giuridici a sua disposizione.

 

85 Invero, in forza di un principio generale comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, la persona lesa, per evitare di doversi accollare il pregiudizio, deve dimostrare di avere agito con ragionevole diligenza per limitare l' entità del danno (sentenza 19 marzo 1992, cause riunite C-104/89 e C-37/90, Mulder e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-3061, punto 33).

 

86 Il Bundesgerichtshof chiede se una disciplina nazionale possa, in via generale, limitare l' obbligo risarcitorio ai danni arrecati a determinati beni dei singoli specialmente tutelati, come ad esempio quelli causati alla proprietà, o se debba parimenti ricomprendere il lucro cessante subito dai ricorrenti. Esso puntualizza che, nel diritto tedesco, le opportunità di smercio dei prodotti originari di altri Stati membri non sono parte integrante del patrimonio protetto delle imprese.

 

87 Sul punto, si deve rilevare che l' esclusione totale del lucro cessante dal danno risarcibile non può essere ammessa in caso di violazione del diritto comunitario. Invero, soprattutto in tema di controversie di natura economica o commerciale, una tale esclusione totale del lucro cessante si presta a rendere di fatto impossibile il risarcimento del danno.

 

88 Con riguardo ai vari elementi del danno menzionati nella seconda questione della Divisional Court, il diritto comunitario non prescrive criteri specifici. Spetta al giudice nazionale statuire su tali elementi del danno in conformità del diritto nazionale che esso applica, ferme restando le esigenze richiamate nel precedente punto 83.

 

89 Con particolare riferimento alla concessione di un risarcimento "esemplare" ("exemplary damages"), occorre precisare che questo criterio di riparazione nel diritto nazionale è fondato, come ha segnalato il giudice nazionale, sull' accertamento che le pubbliche autorità interessate hanno operato in maniera vessatoria, arbitraria o incostituzionale. Nei limiti in cui questi comportamenti possono costituire una violazione di diritto comunitario o aggravarla, il risarcimento di danni a titolo esemplare non può essere escluso nell' ambito di un reclamo o di un' azione fondati sul diritto comunitario, qualora un risarcimento di questo tipo possa essere riconosciuto nell' ambito di un reclamo o di un' azione analoghi fondati sul diritto interno.

 

90 Si deve pertanto rispondere ai giudici nazionali che il risarcimento, a carico degli Stati membri, dei danni da essi causati ai singoli in conseguenza delle violazioni del diritto comunitario deve essere adeguato al danno subito. In mancanza di disposizioni comunitarie in materia, spetta all' ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i criteri che consentono di determinare l' entità del risarcimento, fermo restando che essi non possono essere meno favorevoli di quelli che riguardano reclami o azioni analoghi fondati sul diritto interno né possono in alcun caso essere tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile il risarcimento. Non è conforme al diritto comunitario una disciplina nazionale che, in via generale, limiti il danno risarcibile ai soli danni arrecati a determinati beni individuali specialmente tutelati, escludendo il lucro cessante subito dai singoli. Peraltro, una forma particolare di risarcimento, quale è il risarcimento "esemplare" previsto dal diritto inglese, deve poter essere riconosciuto nell' ambito di reclami o azioni fondati sul diritto comunitario, qualora possa esserlo nell' ambito di reclami o azioni analoghi fondati sul diritto interno.

 

Sulla delimitazione del periodo coperto dal risarcimento [quarta questione, sub a), nel procedimento C-46/93]

 

91 Con tale questione, il giudice nazionale chiede se il danno risarcibile si estenda ai danni subiti anteriormente alla pronuncia di una sentenza della Corte che ha constatato l' esistenza di un inadempimento.

 

92 Come si evince dalla risposta alla seconda questione, il diritto al risarcimento esiste sulla base del diritto comunitario, quando siano soddisfatte le condizioni indicate al precedente punto 51.

 

93 Una di queste condizioni è che la violazione del diritto comunitario sia manifesta e grave. Orbene, l' esistenza di una sentenza della Corte che abbia constatato l' inadempimento è certo un elemento determinante, ma non indispensabile per verificare la sussistenza della detta condizione (v. supra, punti 55-57).

 

94 Ammettere che l' obbligo di risarcimento a carico dello Stato membro interessato possa essere limitato ai soli danni subiti successivamente alla pronuncia di una sentenza della Corte che abbia accertato l' inadempimento di cui trattasi equivarrebbe peraltro a rimettere in discussione il diritto al risarcimento riconosciuto dall' ordinamento giuridico comunitario.

 

95 Inoltre, subordinare il risarcimento del danno al presupposto di una previa constatazione, da parte della Corte, di un inadempimento del diritto comunitario imputabile ad uno Stato membro urterebbe contro il principio dell' effettività del diritto comunitario, poiché tale presupposto porterebbe ad escludere qualsiasi risarcimento tutte le volte che il preteso inadempimento non abbia costituito oggetto di un ricorso proposto dalla Commissione ai sensi dell' art. 169 del Trattato e di una dichiarazione d' inadempimento pronunciata dalla Corte. Orbene, i diritti conferiti ai singoli da norme comunitarie aventi effetto diretto nell' ordinamento interno degli Stati membri non possono dipendere dalla valutazione della Commissione in ordine all' opportunità di avviare un procedimento ex art. 169 del Trattato nei confronti di uno Stato membro né dalle eventuali sanzioni della Corte che dichiari l' inadempimento (in questo senso, sentenza 14 dicembre 1982, cause riunite 314/81, 315/81, 316/81 e 83/82, Waterkeyn e a., Racc. pag. 4337, punto 16).

 

96 Occorre pertanto rispondere al giudice nazionale che l' obbligo, a carico degli Stati membri, di risarcire i danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad essi imputabili non può essere limitato ai soli danni subiti successivamente alla pronuncia di una sentenza della Corte che accerti l' inadempimento contestato.

 

Sulla domanda di limitazione degli effetti della sentenza nel tempo

 

97 Il governo tedesco chiede alla Corte di limitare il danno risarcibile eventualmente a carico della Repubblica federale di Germania ai soli danni sopravvenuti dopo la pronuncia della sentenza nel presente procedimento, a meno che i soggetti lesi non avessero in precedenza esperito un' azione in giudizio o un reclamo equivalente. Esso ritiene che siffatta limitazione nel tempo degli effetti della sentenza sia necessaria, in considerazione delle ingenti conseguenze finanziarie di quest' ultima per la Repubblica federale.

 

98 Nell' ipotesi in cui il giudice nazionale pervenga a constatare che i presupposti per il sorgere delle responsabilità della Repubblica federale di Germania sono soddisfatti nel caso di specie, si deve ricordare che è nell' ambito delle norme nazionali relative alla responsabilità che incomberebbe allo Stato la riparazione delle conseguenze del danno arrecato. Nell' ambito delle condizioni di sostanza e di forma prescritte dalle varie normative nazionali in materia di risarcimento dei danni può tenersi conto della necessità di rispettare il principio della certezza del diritto.

 

99 Va tuttavia ricordato che tali condizioni non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di natura interna né essere tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento (sentenza Francovich e a., citata, punto 43).

 

100 Ciò posto, non vi è motivo per limitare gli effetti nel tempo della presente sentenza.

 

Decisione relativa alle spese

 

Sulle spese

 

101 Le spese sostenute dai governi danese, tedesco, ellenico, spagnolo, francese, irlandese, olandese e del Regno Unito, nonché dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nelle cause principali il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

 

Dispositivo

 

Per questi motivi, la Corte,

 

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Bundesgerichtshof, con ordinanza 28 gennaio 1993, e dalla High Court of Justice, Queen' s Bench Division, Divisional Court, con ordinanza 18 novembre 1992, dichiara:

 

1) Il principio in forza del quale gli Stati membri sono tenuti a risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario ad essi imputabili trova applicazione allorché l' inadempimento contestato è riconducibile al legislatore nazionale.

 

2) Nell' ipotesi in cui una violazione del diritto comunitario da parte di uno Stato membro sia imputabile al legislatore nazionale che operi in un settore nel quale dispone di un ampio potere discrezionale in ordine alle scelte normative, i singoli lesi hanno diritto al risarcimento qualora la norma comunitaria violata sia preordinata ad attribuire loro diritti, la violazione sia manifesta e grave e ricorra un nesso causale diretto tra tale violazione e il danno subito dai singoli. Con questa riserva, è nell' ambito delle norme del diritto nazionale relative alla responsabilità che lo Stato è tenuto a riparare le conseguenze del danno provocato dalla violazione del diritto comunitario ad esso imputabile, fermo restando che le condizioni stabilite dalla normativa nazionale applicabile non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di natura interna né tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento.

 

3) Il giudice nazionale non può, nell' ambito della normativa nazionale che esso applica, subordinare il risarcimento del danno all' esistenza di una condotta dolosa o colposa dell' organo statale al quale è imputabile l' inadempimento, che si aggiunga alla violazione manifesta e grave del diritto comunitario.

 

4) Il risarcimento, a carico degli Stati membri, dei danni da essi causati ai singoli in conseguenza delle violazioni del diritto comunitario deve essere adeguato al danno subito. In mancanza di disposizioni comunitarie in materia, spetta all' ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i criteri che consentono di determinare l' entità del risarcimento, fermo restando che essi non possono essere meno favorevoli di quelli che riguardano reclami o azioni analoghi fondati sul diritto interno né possono in alcun caso essere tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile il risarcimento. Non è conforme al diritto comunitario una disciplina nazionale che, in via generale, limiti il danno risarcibile ai soli danni arrecati a determinati beni individuali specialmente tutelati, escludendo il lucro cessante subito dai singoli. Peraltro, una forma particolare di risarcimento, quale è il risarcimento "esemplare" previsto dal diritto inglese, deve poter essere riconosciuto nell' ambito di reclami o azioni fondati sul diritto comunitario, qualora possa esserlo nell' ambito di reclami o azioni analoghi fondati sul diritto interno.

 

5) L' obbligo, a carico degli Stati membri, di risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario ad essi imputabili non può essere limitato ai soli danni subiti successivamente alla pronuncia di una sentenza della Corte che accerti l' inadempimento contestato.

 

       (Seguono le firme)