CONSULTA ONLINE 

 

Corte di Giustizia delle Comunità europee (Prima Sezione), 10 settembre 2009

 

C-445/07P e C-455/07P, Commissione delle Comunità europeeEnte per le Ville Vesuviane

 

 

 

Nei procedimenti riuniti C‑445/07 P e C‑455/07 P,

aventi ad oggetto due impugnazioni ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposte il 28 settembre 2007 e il 5 ottobre 2007,

 

Commissione delle Comunità europee,

rappresentata dal sig. L. Flynn, in qualità di agente,

assistito dall’avv. A. Dal Ferro, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente nella causa C‑445/07 P,

 

procedimento in cui l’altra parte è:

 

Ente per le Ville Vesuviane,

con sede in Napoli, rappresentato dall’avv. E. Soprano,

ricorrente in primo grado,

 

e

 

Ente per le Ville Vesuviane,

con sede in Napoli, rappresentato dall’avv. E. Soprano,

ricorrente nella causa C‑455/07 P,

 

procedimento in cui l’altra parte è:

 

Commissione delle Comunità europee,

rappresentata dal sig. L. Flynn, in qualità di agente,

assistito dall’avv. A. Dal Ferro,

con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

 

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. M. Ilešič, A. Tizzano, A. Borg Barthet e J.‑JKasel (relatore), giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig. R. Grass

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 febbraio 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la propria impugnazione la Commissione delle Comunità europee chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 18 luglio 2007 (causa T‑189/02, Ente per le Ville Vesuviane/Commissione; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale è stata respinta l’eccezione di irricevibilità da essa sollevata.

2        Con la propria impugnazione l’Ente per le Ville Vesuviane (in prosieguo: l’«Ente») chiede l’annullamento della sentenza impugnata, con la quale il Tribunale ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione della Commissione 13 marzo 2002, D (2002) 810111, recante chiusura del contributo finanziario del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per un investimento in infrastrutture in Campania relativo ad un sistema integrato di valorizzazione a fini turistici di tre ville vesuviane (in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Contesto normativo

3        Il FESR è stato istituito dal regolamento (CEE) del Consiglio 18 marzo 1975, n. 724 (GU L 73, pag. 1; rettificativo in GU L 110, pag. 44), modificato più volte e poi sostituito, a far data dal 1° gennaio 1985, dal regolamento (CEE) del Consiglio 19 giugno 1984, n. 1787 (GU L 169, pag. 1). Nel 1988 il regime dei Fondi strutturali è stato riformato dal regolamento (CEE) del Consiglio 24 giugno 1988, n. 2052, relativo alle missioni dei Fondi a finalità strutturali, alla loro efficacia e al coordinamento dei loro interventi e di quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti (GU L 185, pag. 9).

4        Il 19 dicembre 1988 il Consiglio ha adottato il regolamento (CEE) n. 4254/88, recante disposizioni di applicazione del regolamento [n. 2052/88] per quanto riguarda il Fondo europeo di sviluppo regionale (GU L 374, pag. 15). Il regolamento n. 4254/88 ha sostituito il regolamento n. 1787/84. Esso è stato modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2083 (GU L 193, pag. 34).

5        L’art. 12 del regolamento n. 4254/88, rubricato «Disposizioni transitorie», così recita:

«Le parti delle somme impegnate a titolo di concessione di contributo per i progetti decisi dalla Commissione anteriormente al 1° gennaio 1989 nel quadro del FESR e che non hanno formato oggetto di una richiesta di pagamento definitivo alla Commissione entro il 31 marzo 1995, sono da quest’ultima disimpegnate automaticamente entro il 30 settembre 1995, fatti salvi i progetti oggetto di sospensione per motivi giudiziari».

 Fatti all’origine della controversia

6        I fatti all’origine della controversia sono esposti nei seguenti termini ai punti 4-16 della sentenza impugnata:

«4      Il ricorrente è un consorzio di cui fanno parte lo Stato italiano, la Regione Campania, la Provincia di Napoli nonché vari comuni. Esso è dotato di personalità giuridica di diritto pubblico ed è stato costituito, ai sensi della legge 29 luglio 1971, n. 578, per la salvaguardia e la valorizzazione dei complessi monumentali costituiti dalle Ville vesuviane del XVIII secolo e dalle relative pertinenze (parchi, giardini e edifici annessi).

5      Secondo le indicazioni fornite dal ricorrente e non contestate dalla Commissione, nel 1986 lo Stato italiano, su istanza del consorzio, chiedeva a detta istituzione l’erogazione di un contributo del FESR per realizzare un investimento in infrastrutture avente ad oggetto un sistema integrato di valorizzazione del parco inferiore di Villa Favorita, del giardino di Villa Ruggiero e del complesso architettonico di Villa Campolieto. Villa Favorita appartiene al demanio statale italiano. Le altre due ville sono di proprietà del ricorrente.

6      Con decisione 18 dicembre 1986, C (86) 2029/120, indirizzata alla Repubblica italiana, la Commissione [concedeva] un contributo finanziario a carico del FESR (n. 86/05/04/054) per un importo massimo di ITL 7 500 000 000, pari al 50% delle spese ammissibili, per un investimento in infrastrutture concernente il suddetto sistema di valorizzazione a fini turistici delle ville Campolieto, Favorita e Ruggiero (in prosieguo: la “decisione di concessione”).

7      In tale decisione il ricorrente veniva designato sia come beneficiario dell’aiuto (terzo ‘considerando’ e art. 3) sia come responsabile della domanda e della realizzazione del progetto (allegato alla decisione). Lo scadenzario incluso nell’allegato alla decisione precisava che il periodo di ammissibilità delle spese relative alla realizzazione del progetto iniziava nel gennaio 1987 e terminava nel giugno 1990. Ai sensi dell’art. 4 della suddetta decisione, la Commissione poteva ridurre o annullare il contributo del FESR in caso di inosservanza delle condizioni menzionate nella [stessa] decisione, comprese quelle relative allo scadenzario di realizzazione del progetto. Era stabilito che, in tale ipotesi, la Commissione avrebbe potuto chiedere la restituzione totale o parziale del contributo già versato al “beneficiario della decisione”. Le riduzioni, gli annullamenti e le richieste di rimborso avrebbero potuto essere effettuate solo “dopo che il beneficiario [avesse] avuto l’occasione di sottoporre le sue osservazioni entro il termine previsto a questo fine dalla Commissione” (art. 4).

8      In esecuzione di tale decisione, e su richiesta delle autorità italiane, venivano versati, rispettivamente nel 1988 e nel 1990, due anticipi, ognuno d’importo pari a ITL 3 000 000 000.

9      Con lettera 29 marzo 1995 lo Stato italiano chiedeva la proroga del termine per la presentazione delle richieste di pagamento definitivo, fissato al 31 marzo 1995 dall’art. 12 del regolamento n. 4254/88 (...), adducendo che i lavori erano stati sospesi a causa di “provvedimenti giudiziari di varia natura” ovvero di “contenziosi con i soggetti espropriati”.

10      Con lettera 15 febbraio 2000 le autorità italiane ricordavano di avere già richiesto una proroga del suddetto termine. Esse chiedevano, inoltre, che si procedesse al più presto alla liquidazione di un ulteriore acconto, facendo valere che l’importo delle spese sostenute fino a quel momento era stato significativamente superiore agli anticipi già versati. A sostegno delle loro richieste esse trasmettevano alla Commissione la relazione, [a] data 16 giugno 1999, di una loro verifica del progetto. Tale relazione conteneva le seguenti indicazioni: “data fine pagamenti” dei lavori relativi a Villa Campolieto: 1994; “data ultimazione lavori (effettiva)” di Villa Ruggiero: 1992 e “data ultimazione lavori (effettiva)” del “primo stralcio” dei lavori relativi a Villa Favorita: 1993. Alla voce “Motivi giudiziari che hanno determinato la sospensione” la relazione riportava, a proposito di Villa Campolieto, che “non [c’erano] stati problemi giudiziari”. A proposito di Villa Ruggiero, adduceva “procedimenti per il rilascio del giardino da parte degli occupanti”. Quanto al completamento dei lavori relativi a Villa Favorita, indicava l’“ottenimento della concessione demaniale definitiva e [lo] sfratto [di] abusivi e container [ospitanti i] terremotati”. La relazione indicava inoltre che l’eventuale mancato versamento del contributo comunitario “[avrebbe posto] in serie difficoltà finanziarie [il ricorrente], ove non [avesse trovato] compensazione con altri finanziamenti esterni (ad esempio, [l’]eventuale inclusione del progetto nel [quadro comunitario di sostegno] Campania 94/99), dato che [il ricorrente] non dispone[va] di entrate proprie ad esso sostitutive”.

11      Con lettera 8 marzo 2001 le autorità italiane presentavano una richiesta di pagamento a saldo.

12      Con lettera 12 ottobre 2001 la Commissione inviava alle autorità italiane una proposta di chiusura del contributo finanziario del FESR. Dopo aver fatto presente che dalla documentazione trasmessale non risultava che le vicende riferite nella relazione del 16 giugno 1999 (v. sopra, punto 10) avessero dato luogo a procedimenti giudiziari, essa comunicava in detta lettera che, in assenza dei motivi giudiziari di cui all’art. 12 del regolamento n. 4254/88 (...), il contributo finanziario era stato chiuso sulla base della domanda di pagamento 9 aprile 1990, dato che questa costituiva l’ultima domanda di pagamento trasmessa prima del 31 marzo 1995. La Commissione precisava che le spese dichiarate erano state ritenute ammissibili fino a ITL 2 800 000 000, così che il contributo dovuto dal FESR ammontava a ITL 1 400 000 000. Di conseguenza, fissava l’importo della somma da recuperare in ITL 4 600 000 000 e prevedeva il disimpegno di un saldo pari a ITL 1 500 000 000. Aggiungeva poi: “Considerando che la chiusura può avere un’incidenza finanziaria per il beneficiario o i beneficiari finali, [Vi] prego formalmente di provvedere affinché gli stessi siano debitamente informati e messi in grado di far conoscere la loro posizione in merito agli elementi a loro carico su cui si basa la decisione contestata. [Vi] prego di trasmetterci le relative informazioni”. Invitava, quindi, le autorità italiane a trasmettere le loro osservazioni entro due mesi in caso di disaccordo su tale proposta di chiusura.

13      Con lettera 21 novembre 2001 le autorità italiane rispondevano che “[l]’incidenza finanziaria del [recupero di parte dei primi due stralci del contributo per un importo di ITL 4 600 000 000] sul bilancio del beneficiario finale […] risulta[va] molto onerosa, poiché lo stesso [aveva] operato utilizzando le risorse già erogate dalla Commissione ai fini della completa realizzazione delle opere previste, nella convinzione dell’accettazione della […] richiesta di proroga dei termini [per la presentazione delle richieste di pagamento definitivo]”. In proposito facevano osservare che dalla relazione di verifica [del] 16 giugno 1999 risultava che la realizzazione del progetto era stata suddivisa in tre stralci funzionali di cui soltanto il terzo, quello relativo al completamento dei lavori di Villa Favorita, era stato interessato da ritardi realizzativi per i quali esse avevano richiesto la sospensione del termine per la presentazione della richiesta di pagamento definitivo. Al contrario, le spese relative ai primi due stralci dei lavori, attinenti alle ville Campolieto e Ruggiero, che sarebbero ammontate a ITL 7 996 087 050, sarebbero state sostenute prima del 31 marzo 1995 e non sarebbero state oggetto di specifiche domande di proroga.

14      Con lettera 13 marzo 2002 la Commissione comunicava alle autorità italiane la sua decisione definitiva di chiudere il contributo finanziario in questione sulla base dell’ultima dichiarazione di spesa che le era stata trasmessa prima del 31 marzo 1995, come indicato nella proposta di chiusura del 12 ottobre 2001 [decisione D (2002) 810111; in prosieguo: la “decisione (controversa)”]. Tale decisione veniva trasmessa al ricorrente dalle autorità italiane con telefax 9 aprile 2002.

15      Nella decisione [controversa] la Commissione rilevava che “non [le erano] pervenute osservazioni del beneficiario finale”. Essa evidenziava, inoltre, che le autorità italiane non avevano contestato il mancato riconoscimento delle vicende addotte nella relazione del 16 giugno 1999 (v. sopra, punto 12) quali “motivi giudiziari” ai sensi dell’art. 12 del regolamento n. 4254/88 (...). Giustificava, poi, il proprio rigetto della richiesta di far ammettere le spese relative a due stralci dei lavori (per Villa Campolieto e per Villa Ruggiero), che sarebbero state sostenute prima del 31 marzo 1995 ma dichiarate dopo tale data, con l’argomento che la richiesta di proroga presentata dalle autorità italiane con lettera 29 marzo 1995 riguardava il saldo del contributo finanziario (ITL 1 500 000 000) per l’intero intervento. Nella richiesta di proroga non sarebbe stato specificato, infatti, che essa concerneva unicamente un determinato lotto di lavori, come le autorità italiane hanno sostenuto nella lettera 21 novembre 2001.

16      Nella medesima decisione la Commissione rilevava, infine, che “né la decisione [controversa], né alcuna disposizione di diritto comunitario impedi[vano] allo Stato membro di decidere di non procedere al recupero delle somme già versate di sua propria iniziativa”. Essa richiedeva, inoltre, “formalmente” alle autorità italiane di informare della decisione [controversa] il beneficiario finale mediante invio di lettera raccomandata con ricevuta di ritorno. In proposito osservava che, “nella misura in cui il beneficiario finale po[teva] essere direttamente e individualmente riguardato [dalla] decisione [controversa], [avrebbe potuto] proporre ricorso al Tribunale entro [un] termine di [due] mesi, più [dieci] giorni relativi alla distanza”».

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

7        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 giugno 2002 l’Ente ha proposto un ricorso volto all’annullamento della decisione controversa.

8        A sostegno di tale ricorso l’Ente ha dedotto una serie di motivi vertenti, rispettivamente, su una violazione dell’art. 12 del regolamento n. 4254/88, su una violazione dei diritti della difesa ed una carenza di motivazione nonché su un difetto di istruttoria da parte della Commissione.

9        Nel controricorso la Commissione ha eccepito l’irricevibilità del ricorso sostenendo che la decisione controversa non «riguarda[va] direttamente» l’Ente come richiesto dall’art. 230, quarto comma, CE.

10      Con la sentenza impugnata il Tribunale ha respinto l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione e ha dichiarato il ricorso ricevibile.

11      Dopo aver ricordato i presupposti che devono sussistere perché una persona fisica o giuridica possa essere considerata «direttamente» interessata da una decisione ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, il Tribunale ha considerato che la situazione giuridica dell’Ente differisse notevolmente da quella dei ricorrenti in diverse cause definite con sentenze della Corte che avevano accertato l’assenza di incidenza diretta sui ricorrenti medesimi (v. sentenze 2 maggio 2006, causa C‑417/04 P, Regione Siciliana/Commissione, Racc. pag. I‑3881, e 22 marzo 2007, causa C‑15/06 P, Regione Siciliana/Commissione, Racc. pag. I‑2591).

12      In primo luogo, il Tribunale ha sottolineato, al punto 43 della sentenza impugnata, che, contrariamente alle decisioni di concessione dei contributi comunitari oggetto delle due succitate sentenze 2 maggio 2006 e 22 marzo 2007, Regione Siciliana/Commissione, in cui la Regione Siciliana era stata soltanto indicata come autorità responsabile della domanda ovvero come autorità responsabile della realizzazione del progetto, la decisione di concessione nella presente fattispecie designava l’Ente, all’art. 3 nonché al terzo ‘considerando’, sia come autorità responsabile della realizzazione del progetto sia come beneficiario del contributo comunitario.

13      In secondo luogo, esso ha constatato, ai punti 44 e 48 della sentenza impugnata, che, nella fattispecie, le autorità italiane avevano fatto presente chiaramente di non voler intervenire a sostegno del beneficiario al fine di attenuare le conseguenze finanziarie di un’eventuale riduzione del contributo comunitario, ragion per cui la possibilità che la Repubblica italiana si accollasse l’onere finanziario corrispondente all’importo del contributo soppresso era puramente teorica.

14      Ai punti 51 e 52 della sentenza impugnata il Tribunale ha aggiunto che, contrariamente alla situazione della ricorrente nella causa SLIM Sicilia/Commissione (ordinanza del Tribunale 6 giugno 2002, causa T‑105/01, Racc. pag. II‑2697), nel caso di specie il ricorrente era designato nominativamente, nella decisione di concessione, come beneficiario del contributo comunitario ed espressamente autorizzato a presentare osservazioni alla Commissione prima dell’adozione di qualunque decisione definitiva. La necessità di assicurare la tutela giurisdizionale delle garanzie processuali così conferite confermerebbe il diritto del ricorrente al riconoscimento della legittimazione ad impugnare la decisione controversa.

15      Quanto al merito, il Tribunale ha respinto in quanto infondati i tre motivi dedotti dall’Ente per le ragioni illustrate, rispettivamente, ai punti 62‑77, 87‑100 e 101 della sentenza impugnata.

 Conclusioni delle parti nei procedimenti d’impugnazione

 L’impugnazione proposta dalla Commissione (causa C‑445/07 P)

16      La Commissione chiede che la Corte voglia:

        annullare la sentenza impugnata nella parte in cui dichiara ricevibile il ricorso di annullamento proposto dall’Ente;

        dichiarare irricevibile il ricorso di annullamento proposto dall’Ente contro la decisione controversa;

        condannare l’Ente alle spese.

17      L’Ente chiede che la Corte voglia:

        riunire la causa C‑445/07 P, promossa dalla Commissione, e la causa C‑455/07 P, promossa dall’Ente, trattandosi di giudizi oggettivamente e soggettivamente connessi;

        respingere in quanto infondata l’impugnazione proposta dalla Commissione;

        accogliere l’impugnazione dell’Ente nella causa C‑455/07 P nei termini di cui alle conclusioni rassegnate in tale impugnazione;

        porre le spese del giudizio di appello e del procedimento di primo grado relativo alla causa T‑189/02 a carico della Commissione.

 L’impugnazione proposta dall’Ente (causa C‑455/07 P)

18      L’Ente chiede che la Corte voglia:

        annullare in parte, secondo quanto evidenziato nei suesposti motivi di gravame, la sentenza impugnata e, conseguentemente, dichiarare la nullità della decisione controversa;

        in subordine, annullare in parte, secondo quanto evidenziato nei suesposti motivi di gravame, la sentenza impugnata e rimettere la causa al Tribunale affinché giudichi nel merito la controversia alla luce delle indicazioni che la Corte vorrà allo scopo fornire;

        porre sia le spese del presente giudizio sia quelle del procedimento di primo grado relativo alla causa T‑189/02 a carico della Commissione.

19      La Commissione chiede che la Corte voglia:

        dichiarare irricevibile e/o infondata l’impugnazione presentata dall’Ente avverso la sentenza impugnata;

        condannare l’Ente alle spese del presente giudizio e del procedimento di primo grado.

20      Con ordinanza del presidente della Corte 12 marzo 2008 le cause C‑445/07 P e C‑455/07 P sono state riunite ai fini della fase orale e della sentenza.

 Sulle impugnazioni

 Sull’impugnazione Commissione/Ente (causa C‑445/07 P)

 Argomenti delle parti

21      In via preliminare la Commissione ritiene di essere legittimata, conformemente all’art. 56, primo comma, dello Statuto della Corte, a proporre un ricorso di appello volto all’annullamento della sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha posto termine ad un incidente di procedura relativo alla questione dell’irricevibilità del ricorso, nonostante il fatto che essa sia risultata vincente, dato che la sentenza impugnata ha respinto in quanto infondato il ricorso dell’Ente.

22      A tale riguardo la Commissione precisa che le sentenze 26 febbraio 2002, causa C‑23/00 P, Consiglio/Boehringer (Racc. pag. I‑1873), e 22 febbraio 2005, causa C‑141/02 P, Commissione/max.mobil (Racc. pag. I‑1283) sono applicabili al suo caso benché essa abbia dedotto l’eccezione di irricevibilità nell’ambito del controricorso e non con atto separato, come previsto all’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale.

23      A sostegno della propria impugnazione la Commissione fa valere un unico motivo diretto a far constatare che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto discostandosi, nella fattispecie, dalla costante giurisprudenza della Corte relativa alla nozione di persona «direttamente» interessata di cui all’art. 230, quarto comma, CE.

24      A torto il Tribunale avrebbe sollevato taluni elementi che distinguerebbero la situazione dell’Ente da quella della parte ricorrente nelle citate sentenze 2 maggio 2006 e 22 marzo 2007, Regione Siciliana/Commissione.

25      La Commissione considera anzitutto che il fatto che l’Ente sia stato nominativamente designato nella decisione di concessione come beneficiario finale del contributo comunitario, a differenza della ricorrente nelle citate sentenze 2 maggio 2006 e 22 marzo 2007, Regione Siciliana/Commissione, la quale compariva, rispettivamente, come autorità responsabile della domanda e come autorità responsabile della realizzazione del progetto, non possa rilevare per dimostrare l’incidenza «dirett[a]» richiesta all’art. 230, quarto comma, CE.

26      La distinzione operata dal Tribunale fra beneficiario finale e responsabile del progetto sarebbe peraltro contraria alla logica e al linguaggio del sistema dei Fondi strutturali, il quale si fonda su una stretta correlazione fra queste due funzioni. A tale proposito la Commissione rammenta che il beneficiario di un contributo concesso allo Stato membro ha diritto a percepire tale contributo non in forza della decisione comunitaria, ma solamente per effetto dei provvedimenti nazionali adottati a seguito di tale decisione.

27      In secondo luogo, sarebbe inconferente per l’esame della ricevibilità del ricorso ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE il fatto che nel caso di specie le autorità italiane abbiano manifestato l’intenzione di voler riversare le conseguenze finanziarie della decisione controversa sul beneficiario finale. Infatti, secondo la Commissione, la mera esistenza in capo agli Stati membri, destinatari di detta decisione, di un potere discrezionale quanto alla sua attuazione vale ad escludere che detta decisione possa avere un’incidenza diretta su soggetti che non ne sono i destinatari (v., segnatamente, ordinanze del Tribunale SLIM Sicilia/Commissione, cit., e 8 luglio 2004, causa T‑341/02, Regione Siciliana/Commissione, Racc. pag. II‑2877).

28      La Commissione sostiene, infine, che il Tribunale, riconoscendo all’Ente, al punto 52 della sentenza impugnata, la legittimazione ad agire al fine di assicurargli una tutela giurisdizionale effettiva delle garanzie processuali conferite dalla decisione di concessione, avrebbe contraddetto la costante giurisprudenza della Corte secondo cui non è possibile riconoscere, in nome del principio della tutela giurisdizionale effettiva, ad una persona fisica o giuridica che non soddisfi i requisiti posti all’art. 230, quarto comma, CE il diritto di proporre un ricorso di annullamento di un atto comunitario di cui non sia destinataria (v. sentenze 25 luglio 2002, causa C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I‑6677, e 1° aprile 2004, causa C‑263/02 P, Commissione/Jégo-Quéré, Racc. pag. I‑3425).

29      Secondo questa stessa giurisprudenza, spetterebbe agli Stati membri prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedure idoneo a garantire il rispetto del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva. Di conseguenza, l’Ente avrebbe dovuto far valere l’invalidità della decisione controversa dinanzi ai giudici nazionali invitandoli a chiedere una pronuncia pregiudiziale di validità ai sensi dell’art. 234 CE.

30      L’Ente, al contrario, è del parere che il Tribunale lo abbia ritenuto a giusto titolo persona «direttamente» interessata ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.

31      Riguardo, innanzitutto, alla qualità di beneficiario di un finanziamento comunitario, secondo l’Ente risulta chiaramente da una lettura a contrario del punto 67 dell’ordinanza del Tribunale Regione Siciliana/Commissione, cit., che il beneficiario finale di un contributo finanziario è direttamente interessato da un provvedimento che sopprima o riduca detto contributo. Tale interpretazione sarebbe conforme alla giurisprudenza in materia di aiuti di Stato in base alla quale i beneficiari di aiuti vietati o ridotti in virtù di decisioni della Commissione sono direttamente interessati da tali decisioni e legittimati a chiederne l’annullamento ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE (v., in particolare, sentenze 19 ottobre 2000, cause riunite C‑15/98 e C‑105/99, Italia e Sardegna Lines/Commissione, Racc. pag. I‑8855, punti 34-36, e 29 aprile 2004, causa C‑298/00 P, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑4087, punto 39).

32      L’Ente ritiene che la logica del sistema dei Fondi strutturali invocata dalla Commissione sia inconferente nell’ambito dell’esame del presente ricorso, dal momento che le norme che codificano il principio di fusione tra le funzioni di autorità responsabile e di beneficiario finale si applicano a periodi di programmazione successivi a quello di cui trattasi nella fattispecie. In tale contesto, a nulla gioverebbe richiamare altresì provvedimenti nazionali adottati a seguito della decisione di concessione del contributo finanziario, non potendo tali provvedimenti minimamente incidere sul diritto conferito dalla Commissione all’Ente, beneficiario del contributo in questione.

33      L’Ente respinge, poi, l’argomentazione della Commissione in merito all’esistenza di un potere discrezionale delle autorità italiane. A tale riguardo esso fa valere principalmente che il ragionamento del Tribunale si baserebbe sul fatto che la decisione controversa ha determinato, oltre all’obbligo di restituire le somme indebitamente percepite, il disimpegno di una somma inizialmente riconosciuta, ma non erogata. Ebbene, un simile disimpegno produrrebbe effetti diretti in capo all’Ente, beneficiario del finanziamento, senza che occorra un intervento apposito da parte delle autorità italiane o del legislatore nazionale.

34      In ogni caso, come risulterebbe tanto dalla citata ordinanza del Tribunale Regione Siciliana/Commissione quanto dalle conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa definita dalla citata sentenza 2 maggio 2006, Regione Siciliana/Commissione, quando il potere discrezionale delle autorità nazionali è di natura teorica, dal momento che non sussiste alcun dubbio quanto alle intenzioni delle autorità nazionali incaricate dell’attuazione della decisione comunitaria, il ricorrente si trova direttamente interessato. Orbene, sarebbe questo il caso di specie, atteso che le autorità italiane hanno formalmente annunciato alla Commissione, nella lettera del 21 novembre 2001, la propria intenzione di ripetere dall’Ente le somme da restituire alla Commissione in caso di chiusura del finanziamento. Ne consegue che nessuna volontà autonoma di dette autorità verrebbe ad interporsi tra la decisione controversa e le sue ripercussioni sul beneficiario del contributo finanziario.

35      Per quanto riguarda, infine, il ragionamento svolto dal Tribunale in merito al principio della tutela giurisdizionale effettiva, l’Ente ricorda che, ai sensi della decisione di concessione, esso aveva diritto ad essere sentito e che tale diritto è stato violato dalla Commissione in sede di adozione della decisione controversa. L’esistenza di tale diritto contribuirebbe peraltro a dimostrare la sussistenza di un rapporto giuridico diretto tra la decisione della Commissione e la posizione dell’Ente.

36      Contrariamente a quanto afferma la Commissione, dichiarando ricevibile il ricorso in primo grado il Tribunale non avrebbe affatto inteso istituire un rimedio giurisdizionale extra ordinem, bensì avrebbe correttamente applicato l’art. 230 CE.

37      L’Ente sottolinea che il rimedio suggerito dalla Commissione, volto a far valere l’invalidità della decisione controversa dinanzi ai giudici italiani invitandoli a sollevare una questione pregiudiziale ai sensi dell’art. 234 CE, sfocerebbe, in realtà, nell’inammissibilità di tale domanda processuale. Infatti, conformemente a una giurisprudenza costante (sentenze 14 dicembre 1962, cause riunite 16/62 e 17/62, Confédération nationale des producteurs de fruits et légumes e a./Consiglio, Racc. pag. 877, e Unión de Pequeños Agricultores, cit.), la competenza attribuita alla Corte ai sensi dell’art. 234, primo comma, lett. b), CE si limiterebbe agli atti aventi portata normativa o generale. La decisione controversa, in quanto atto di portata individuale, non potrebbe costituire oggetto di un rinvio pregiudiziale.

38      Del resto, ammettere che il ricorrente possa opporsi, dinanzi ai giudici nazionali, all’esecuzione della decisione controversa eccependo l’illegittimità della stessa equivarrebbe a riconoscergli la possibilità di eludere il carattere definitivo di tale decisione nei suoi confronti dopo la scadenza dei termini di ricorso stabiliti all’art. 230, quinto comma, CE.

 Giudizio della Corte

39      In via preliminare occorre rammentare che, in forza dell’art. 56, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, un’impugnazione può essere proposta da qualsiasi parte sia rimasta parzialmente o totalmente soccombente nelle sue conclusioni.

40      Secondo una costante giurisprudenza, è ricevibile l’impugnazione di una sentenza del Tribunale allorché quest’ultimo ha disatteso un’eccezione d’irricevibilità di un ricorso sollevata da una parte, mentre, nel prosieguo della stessa sentenza, ha respinto il ricorso in quanto infondato (sentenze Consiglio/Boehringer, cit., punto 50; Commissione/max.mobil, cit., punti 50 e 51, e 7 giugno 2007, causa C‑362/05 P, Wunenburger/Commissione, Racc. pag. I‑4333, punto 37).

41      Nel caso di specie è assodato che, come emerge dal punto 23 della sentenza impugnata, la Commissione ha sollevato un’eccezione d’irricevibilità dinanzi al Tribunale, che questa eccezione è stata disattesa al punto 53 di detta sentenza e che, nel prosieguo della stessa sentenza, il ricorso dell’Ente è stato respinto in quanto infondato.

42      Al fine di statuire sulla fondatezza dell’impugnazione proposta dalla Commissione si deve sottolineare che, in forza dell’art. 230, quarto comma, CE, un ente regionale o locale, nei limiti in cui gode di personalità giuridica in base all’ordinamento nazionale, può proporre un ricorso contro le decisioni prese nei suoi confronti e contro le decisioni che, pur apparendo come un regolamento o una decisione presa nei confronti di altre persone, lo riguardano direttamente ed individualmente (v. sentenze 22 novembre 2001, causa C‑452/98, Nederlandse Antillen/Consiglio, Racc. pag. I‑8973, punto 51, e 10 aprile 2003, causa C‑142/00 P, Commissione/Nederlandse Antillen, Racc. pag. I‑3483, punto 59).

43      Poiché la decisione controversa è stata notificata dalla Commissione alla Repubblica italiana, si deve accertare se l’Ente sia legittimato a proporre un ricorso di annullamento avverso tale decisione e, più in particolare, se quest’ultima lo riguardi direttamente e individualmente.

44      Non essendo stato contestato che la decisione controversa riguarda l’Ente individualmente, l’esame del Tribunale si è limitato alla questione dell’incidenza diretta.

45      A tale proposito risulta da una costante giurisprudenza che la condizione di cui all’art. 230, quarto comma, CE, secondo cui una persona fisica o giuridica dev’essere direttamente interessata dalla decisione che costituisce oggetto del ricorso, richiede la compresenza di due criteri cumulativi, vale a dire che il provvedimento comunitario contestato, in primo luogo, produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del singolo e, in secondo luogo, non lasci ai propri destinatari alcun potere discrezionale quanto alla sua applicazione, la quale ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa comunitaria, senza intervento di altre norme intermedie (v. sentenze 5 maggio 1998, causa C‑404/96 P, Glencore Grain/Commissione, Racc. pag. I‑2435, punto 41; 29 giugno 2004, causa C‑486/01 P, Front national/Parlamento, Racc. pag. I‑6289, punto 34; 2 maggio 2006, Regione Siciliana/Commissione, cit., punto 28, e 22 marzo 2007, Regione Siciliana/Commissione, cit., punto 31).

46      Lo stesso vale qualora la possibilità per i destinatari di non dare seguito all’atto comunitario di cui trattasi sia puramente teorica perché la loro volontà di trarre conseguenze ad esso conformi è indubbia (sentenza 5 maggio 1998, causa C‑386/96 P, Dreyfus/Commissione, Racc. pag. I‑2309, punto 44; v. anche, nel medesimo senso, sentenza 17 gennaio 1985, causa 11/82, Piraiki-Patraiki e a./Commissione, Racc. pag. 207, punti 8-10).

47      Riguardo al primo criterio la Corte ha già dichiarato che la designazione, in una decisione di concessione di un contributo finanziario comunitario, di un ente regionale o locale come autorità responsabile della realizzazione di un progetto FESR non implica che tale ente sia esso stesso titolare del diritto al contributo (citate sentenze 2 maggio 2006, Regione Siciliana/Commissione, punti 29 e 30, e 22 marzo 2007, Regione Siciliana/Commissione, punto 32).

48      Peraltro, neanche il fatto che tale ente sia menzionato come autorità responsabile della domanda di contributo finanziario ha la conseguenza di mettere lo stesso in un rapporto diretto con l’aiuto comunitario, il quale – come precisa la decisione – è stato richiesto dallo Stato membro interessato ed è stato concesso a quest’ultimo (sentenza 22 marzo 2007, Regione Siciliana/Commissione, cit., punto 36).

49      Nel caso di specie emerge dal punto 4 della sentenza impugnata che l’Ente è stato costituito con una legge italiana per la salvaguardia e la valorizzazione di taluni complessi monumentali nella Regione Campania, che rappresenta un gruppo eterogeneo di enti pubblici italiani, fra cui lo Stato, e che la Commissione non vi è legata ad alcun titolo.

50      Dal punto 5 della medesima sentenza risulta, poi, che la domanda di contributo FESR, in vista della realizzazione da parte dell’Ente delle infrastrutture progettate, è stata presentata alla Commissione dalla Repubblica italiana e che il contributo è stato concesso dalla Commissione a tale Stato membro.

51      Pertanto, come ha già rilevato l’avvocato generale al paragrafo 50 delle conclusioni, è la Repubblica italiana, in quanto destinataria della decisione controversa, a dover essere considerata il soggetto titolare del diritto al contributo in questione.

52      Peraltro, dalla sentenza impugnata non risulta che l’Ente sia tenuto, in forza della stessa decisione controversa o di una qualunque disposizione del diritto comunitario idonea a disciplinarne gli effetti, a rimborsare la somma corrispondente all’importo del saldo del contributo comunitario disimpegnato.

53      Al contrario, dal punto 7 della sentenza impugnata risulta che, nella decisione controversa, la Commissione ha espressamente riservato alla Repubblica italiana la facoltà di non procedere al recupero delle somme già versate di propria iniziativa al beneficiario del contributo finanziario.

54      Ne consegue che, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale al punto 43 della sentenza impugnata, il semplice fatto che l’Ente sia stato nominativamente designato, al terzo ‘considerando’ e all’art. 3 della decisione di concessione, come beneficiario del contributo comunitario non è sufficiente a distinguere la sua situazione giuridica da quella degli enti coinvolti nelle cause definite dalle citate sentenze 2 maggio 2006 e 22 marzo 2007, Regione Siciliana/Commissione, e non implica, pertanto, che l’Ente medesimo sia titolare del diritto a detto contributo.

55      Quanto al secondo criterio richiesto perché sussista l’incidenza diretta, risulta dalla giurisprudenza citata al punto 45 della presente sentenza che esso è soddisfatto quando il provvedimento comunitario ha carattere automatico e la sua applicazione deriva dalla sola normativa comunitaria, senza intervento di altre norme intermedie.

56      Nella fattispecie, il fatto stesso che le autorità italiane abbiano manifestato l’intenzione di recuperare le somme indebitamente percepite dall’Ente esprime l’esistenza di una loro volontà autonoma, in assenza di obblighi in tal senso posti dal diritto comunitario.

57      Ne discende che, contrariamente a quanto il Tribunale ha dichiarato ai punti 46-48 della sentenza impugnata, la circostanza che le autorità italiane abbiano espresso, in una lettera indirizzata alla Commissione, l’intenzione di riversare sull’Ente le conseguenze finanziarie di un’eventuale decisione della Commissione di sopprimere il contributo comunitario non è sufficiente per dimostrare l’interesse diretto richiesto dall’art. 230, quarto comma, CE.

58      È certamente vero che la Corte ha statuito, in via eccezionale, che, pur in assenza di misure di esecuzione adottate a livello nazionale, il ricorrente può essere interessato «direttamente» nel senso dell’art. 230, quarto comma, CE allorché altri fattori, fra i quali la facoltà puramente teorica di non tener conto della decisione controversa, permettano di concludere per l’esistenza di un interesse diretto dello stesso (v., in tal senso, citate sentenze Dreyfus/Commissione, punti 47 e 52, e Piraiki-Patraiki e a./Commissione, punti 7, 9 e 10).

59      Si deve tuttavia constatare che questa giurisprudenza non si applica al caso di specie.

60      Come ha sottolineato, infatti, l’avvocato generale al paragrafo 64 delle conclusioni, gli accertamenti operati dal Tribunale non sono sufficienti per trarre conclusioni in merito al comportamento successivo del destinatario della decisione controversa. La circostanza che l’Ente sia direttamente interessato non può essere dedotta dal mero annuncio, giuridicamente non vincolante, delle autorità italiane di voler chiedere all’Ente la restituzione del contributo, atteso che, in particolare, non si può escludere che circostanze specifiche possano indurre la Repubblica italiana, siccome detiene una partecipazione nell’Ente, a rinunciare ad esigere da quest’ultimo il rimborso del contributo.

61      È altresì inconferente la giurisprudenza in materia di aiuti di Stato citata dall’Ente nell’ambito della sua impugnazione. Infatti, contrariamente alla prassi generalmente seguita dalla Commissione in materia di aiuti di Stato dichiarati incompatibili con il mercato comune di adottare decisioni che ingiungono agli Stati membri di procedere al recupero delle somme non dovute presso i beneficiari degli aiuti, la decisione controversa non ha affatto imposto allo Stato membro interessato, come è stato ricordato già al punto 52 della presente sentenza, l’obbligo di recuperare le somme dai beneficiari finali.

62      A tale riguardo, contrariamente a quanto sostiene l’Ente, neppure l’obbligo d’informare il beneficiario finale può essere assimilato a una tale ingiunzione.

63      Da tutte le considerazioni sin qui svolte consegue che l’Ente non era interessato «direttamente», ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, dalla decisione controversa e che il suo ricorso dinanzi al Tribunale era pertanto irricevibile.

64      Questa conclusione non è inficiata dall’argomento accolto dal Tribunale al punto 52 della sentenza impugnata secondo cui la necessità di assicurare la tutela giurisdizionale delle garanzie processuali conferite all’Ente, segnatamente quella di essere espressamente autorizzato a presentare osservazioni alla Commissione, confermerebbe che gli deve essere riconosciuta la legittimazione ad agire contro la decisione di quest’ultima.

65      Infatti, anche se i singoli devono poter beneficiare di una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti che traggono dall’ordinamento giuridico comunitario (citate sentenze Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, punto 39; Commissione/Jégo-Quéré, punto 29, e 22 marzo 2007, Regione Siciliana/Commissione, punto 39), invocare il diritto a tale tutela non può rimettere in causa le condizioni poste all’art. 230 CE.

66      Conformemente a una giurisprudenza costante, la tutela giurisdizionale delle persone fisiche o giuridiche che non possono, a causa dei requisiti di ricevibilità di cui all’art. 230, quarto comma, CE, impugnare direttamente atti comunitari del tipo della decisione controversa deve essere assicurata in maniera efficace dai rimedi giurisdizionali innanzi ai giudici nazionali. Questi ultimi, in conformità al principio di leale collaborazione sancito dall’art. 10 CE, sono tenuti per quanto possibile a registrare e ad applicare le norme procedurali nazionali che disciplinano l’esercizio delle azioni in maniera da consentire a dette persone fisiche o giuridiche di contestare in sede giudiziale la legittimità di ogni decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all’applicazione nei loro confronti di un atto comunitario come quello de quo, eccependone l’invalidità e inducendo così i giudici ad interpellare a tale proposito la Corte mediante questioni pregiudiziali (v. citate sentenze Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, punti 40‑42; Commissione/Jégo-Quéré, punti 30-32, e 22 marzo 2007, Regione Siciliana/Commissione, punto 39).

67      Il Tribunale ha pertanto commesso un errore di diritto considerando che l’Ente fosse direttamente interessato dalla decisione controversa. La sentenza impugnata va quindi annullata.

 Sulla ricevibilità del ricorso dell’Ente

68      Ai sensi dell’art. 61, primo comma, del proprio Statuto, la Corte di giustizia, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

69      Nel caso di specie la Corte ritiene di disporre di tutti gli elementi necessari per statuire direttamente sulla ricevibilità del ricorso presentato dall’Ente dinanzi al Tribunale.

70      Per i motivi esposti ai punti 49-66 della presente sentenza l’Ente non può essere ritenuto direttamente interessato dalla decisione controversa.

71      Occorre perciò respingere in quanto irricevibile il ricorso presentato dinanzi al Tribunale dall’Ente.

 Sull’impugnazione Ente/Commissione (causa C‑455/07 P)

72      Considerata l’irricevibilità del ricorso presentato dinanzi al Tribunale dall’Ente, l’impugnazione di quest’ultimo, relativa alla pronuncia di merito del Tribunale, è divenuta priva di oggetto, sicché non occorre esaminarla.

 Sulle spese

73      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura della Corte, applicabile ai procedimenti di impugnazione ai sensi dell’art. 118 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, l’Ente, rimasto soccombente, deve essere condannato alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 18 luglio 2007, causa T‑189/02, Ente per le Ville Vesuviane/Commissione, è annullata nella parte in cui ha dichiarato ricevibile il ricorso proposto dall’Ente per le Ville Vesuviane volto all’annullamento della decisione della Commissione 13 marzo 2002, D (2002) 810111, recante chiusura del contributo finanziario del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per un investimento in infrastrutture in Campania relativo ad un sistema integrato di valorizzazione a fini turistici di tre ville vesuviane.

2)      Il ricorso dell’Ente per le Ville Vesuviane volto all’annullamento di tale decisione è respinto in quanto irricevibile.

3)      Non occorre statuire sull’impugnazione proposta dall’Ente per le Ville Vesuviane.

4)      L’Ente per le Ville Vesuviane è condannato alle spese del presente procedimento nonché a quelle relative al primo grado di giudizio.

 

                        (Seguono le firme)