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Corte di Giustizia delle Comunità europee (Prima Sezione), 2 aprile 2009

 

C-394/07, M.Gambazzi  DaimlerChrysler Canada Inc., CIBC Mellon Trust Company

 

Nel procedimento C‑394/07,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi del Protocollo 3 giugno 1971, relativo all’interpretazione da parte della Corte di giustizia della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, dalla Corte d’appello di Milano con ordinanza 27 giugno 2007, pervenuta in cancelleria il 22 agosto 2007, nella causa

 

Marco Gambazzi

 

contro

 

DaimlerChrysler Canada Inc.,

CIBC Mellon Trust Company,

 

LA CORTE (Prima Sezione),

 

composta dal sig. P. Jann (relatore), presidente di sezione, dai sigg. M. Ilešič, A. Tizzano, A. Borg Barthet e J.-J. Kasel, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig. M.‑A. Gaudissart, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 ottobre 2008,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il sig. Gambazzi, dagli avv.ti B. Nascimbene e M. Condinanzi;

–        per la DaimlerChrysler Canada Inc. e la CIBC Mellon Trust Company, dagli avv.ti F. Alvino, S. Pravettoni e A. Anglani;

–        per il governo italiano, dal sig. I. M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dalla sig.ra W. Ferrante, avvocato dello Stato;

–        per il governo ellenico, dalle sig.re T. Papadopoulou e O. Patsopoulou, in qualità di agenti;

–        per il governo del Regno Unito, dalle sig.re Z. Bryanston-Cross, I. Rao e M. Gray, in qualità di agenti;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dalle sig.re A.‑M. Rouchaud‑Joët, E. Montaguti e dal sig. N. Bambara, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 18 dicembre 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 27, punto 1, della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978, relativa all’adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU L 304, pag. 1, e – testo modificato – pag. 77), dalla Convenzione 25 ottobre 1982, relativa all’adesione della Repubblica ellenica (GU L 388, pag. 1), dalla Convenzione 26 maggio 1989, relativa all’adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese (GU L 285, pag. 1), nonché dalla Convenzione 29 novembre 1996, relativa all’adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia (GU 1997, C 15, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles»).

2        La questione è sorta nell’ambito di una controversia tra il sig. Gambazzi, residente in Lugano (Svizzera), e le società DaimlerChrysler Canada Inc. (in prosieguo: la «DaimlerChrysler») e CIBC Mellon Trust Company (in prosieguo: la «CIBC»), aventi sede in Canada, in merito all’esecuzione in Italia di due decisioni emesse nel Regno Unito.

 Contesto normativo

 La Convenzione di Bruxelles

3        Le condizioni secondo cui le decisioni emesse in uno Stato contraente vengono riconosciute ed eseguite in un altro Stato contraente sono disciplinate dagli artt. 25-49 della Convenzione di Bruxelles, collocati nel suo titolo III, rubricato «Riconoscimento ed esecuzione».

4        L’art. 25 di tale Convenzione prevede quanto segue:

«Ai sensi della presente Convenzione, per decisione si intende, a prescindere dalla denominazione usata, qualsiasi decisione resa da un organo giurisdizionale di uno Stato contraente, quale ad esempio decreto, sentenza, ordinanza o mandato di esecuzione, nonché la determinazione da parte del cancelliere delle spese giudiziali».

5        L’art. 27, punti 1 e 2, di detta Convenzione così dispone:

«Le decisioni non sono riconosciute:

1)      se il riconoscimento è contrario all’ordine pubblico dello Stato richiesto;

2)      se la domanda giudiziale o un atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto contumace regolarmente ed in tempo utile perché questi possa presentare le proprie difese».

6        L’art. 29 della Convenzione di Bruxelles, che riguarda il riconoscimento delle decisioni, e il suo art. 34, terzo comma, relativo all’esecuzione di queste ultime, prevedono, in termini identici, quanto segue:

«In nessun caso la decisione straniera può formare oggetto di un riesame del merito».

 La Convenzione di Lugano

7        La Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, firmata a Lugano il 16 settembre 1988 (GU L 319, pag. 9; in prosieguo: la «Convenzione di Lugano»), trae origine dalla creazione dell’Associazione europea di libero scambio e dall’istituzione, fra gli Stati contraenti di quest’ultima e gli Stati membri delle Comunità europee, di un sistema analogo a quello della Convenzione di Bruxelles.

8        L’art. 27, punto 1, della Convenzione di Lugano così dispone:

«Le decisioni non sono riconosciute:

1)      se il riconoscimento è contrario all’ordine pubblico dello Stato richiesto».

9        Secondo la dichiarazione dei rappresentanti dei governi degli Stati firmatari della Convenzione di Lugano, membri delle Comunità europee, è «appropriato che la Corte di giustizia delle Comunità europee, nell’interpretare la Convenzione di Bruxelles, tenga debitamente conto dei principi contenuti nella giurisprudenza risultante dalla Convenzione di Lugano».

10      Parallelamente, l’art. 1 del protocollo n. 2, relativo all’interpretazione uniforme della Convenzione di Lugano, pone a carico di ogni Stato contraente l’obbligo di «tenere debitamente conto (…) dei principi definiti da ogni decisione pertinente emessa dai giudici degli altri Stati contraenti».

 Causa principale e questione pregiudiziale

11      Dall’ordinanza di rinvio e dalle osservazioni presentate alla Corte risulta che, nell’ambito di una domanda di risarcimento danni proposta dalla DaimlerChrysler e dalla CIBC nei confronti del sig. Gambazzi, la High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division, in data 26 febbraio 1997 ha emesso, su istanza della DaimlerChrysler e della CIBC, un’ordinanza che, da un lato, vietava al sig. Gambazzi, a titolo di provvedimento provvisorio, di disporre di taluni dei suoi beni («freezing order») e, dall’altro, gli ingiungeva di divulgare alcune informazioni relative a determinati suoi beni nonché di esibire i documenti in suo possesso riguardanti la domanda principale («disclosure order»). Il giorno 11 marzo 1997, tale ordinanza è stata notificata dalle autorità svizzere al sig. Gambazzi, il quale si è regolarmente costituito nel procedimento dinanzi alla High Court.

12      Il sig. Gambazzi non si è conformato, o perlomeno non completamente, al «disclosure order». Pertanto la High Court, il 10 luglio 1998, su istanza della DaimlerChrysler e della CIBC, ha emesso un’ordinanza in forza della quale sarebbe stato vietato al sig. Gambazzi continuare a partecipare al procedimento se non avesse ottemperato, entro il termine impartito, agli obblighi di divulgazione delle informazioni e dei documenti richiesti («unless order»).

13      Il sig. Gambazzi ha proposto vari ricorsi contro il «freezing order», il «disclosure order» e l’«unless order». Tutti questi ricorsi sono stati respinti.

14      Il 13 ottobre 1998 la High Court ha emesso un nuovo «unless order».

15      Il sig. Gambazzi, non avendo completamente adempiuto, entro il termine impartito, gli obblighi stabiliti in quest’ultima ordinanza, è stato considerato colpevole di «contempt of Court» (oltraggio alla Corte) ed è stato escluso dal procedimento («debarment»).

16      Con sentenza 10 dicembre 1998, completata da un’ordinanza 17 marzo 1999 (in prosieguo: le «decisioni della High Court»), la High Court ha statuito come se il sig. Gambazzi fosse stato contumace e ha accolto le domande della DaimlerChrysler e della CIBC, condannando il sig. Gambazzi a versare loro, a titolo di risarcimento danni, le somme di CAD 169 752 058 e di CAD 71 595 530, nonché di USD 129 974 770, maggiorate delle spese accessorie.

17      Su istanza della DaimlerChrysler e della CIBC, la Corte d’appello di Milano, con decreto 17 dicembre 2004, ha dichiarato esecutive in Italia le decisioni della High Court.

18      Il sig. Gambazzi ha proposto ricorso contro quest’ultimo decreto. Egli sostiene che le decisioni della High Court, essendo state emesse in violazione dei diritti della difesa e del diritto al contraddittorio, non possono essere riconosciute in Italia poiché contrarie all’ordine pubblico ai sensi dell’art. 27, punto 1, della Convenzione di Bruxelles.

19      In tale contesto la Corte d’appello di Milano, investita di detto ricorso, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se, sulla base della clausola dell’ordine pubblico di cui all’art. 27, punto 1, della Convenzione di Bruxelles, il giudice dello Stato richiesto del provvedimento di esecutività possa tenere conto del fatto che il giudice dello Stato che ha emesso il provvedimento ha negato alla parte soccombente, costituitasi in giudizio, di svolgere qualsiasi difesa successivamente all’adozione di un provvedimento di esclusione (“debarment”) nei termini sopra riferiti; ovvero se l’interpretazione di detta disposizione, unitamente ai principi ricavabili dagli artt. 26 e segg. della Convenzione, circa il reciproco riconoscimento ed esecuzione delle decisioni giudiziarie in ambito comunitario, osti a che il giudice nazionale possa considerare lesivo dell’ordine pubblico, nell’accezione di cui all’art. 27, punto 1, lo svolgimento di un processo civile in cui una parte sia impedita nell’esercizio del diritto di difesa, in forza di un provvedimento di esclusione del giudice, a ragione del mancato adempimento di un suo ordine».

 Sulla questione pregiudiziale

20      Con tale questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se, alla luce della clausola dell’ordine pubblico di cui all’art. 27, punto 1, della Convenzione di Bruxelles, il giudice dello Stato richiesto possa tener conto del fatto che il giudice dello Stato di origine ha statuito sulle domande del ricorrente senza sentire il convenuto, che si era regolarmente costituito dinanzi ad esso, ma che è stato escluso dal procedimento con ordinanza per non aver ottemperato agli obblighi imposti con un’ordinanza adottata precedentemente nell’ambito dello stesso procedimento.

 Sulla qualificazione delle decisioni della High Court alla luce dell’art. 25 della Convenzione di Bruxelles

21      In via preliminare, occorre esaminare se le decisioni della High Court costituiscano decisioni ai sensi dell’art. 25 della Convenzione di Bruxelles o se, come sostiene il sig. Gambazzi, esse non rispondano a tale definizione, non essendo state adottate nel rispetto dei principi del contraddittorio e del diritto a un processo equo.

22      A tale riguardo, va rammentato che l’art. 25 della Convenzione di Bruxelles riguarda indistintamente tutte le decisioni emesse dai giudici degli Stati contraenti.

23      È vero che la Corte ha rilevato che l’insieme delle disposizioni della Convenzione di Bruxelles, tanto quelle del titolo II, relative alla competenza, quanto quelle del titolo III, sul riconoscimento e sull’esecuzione, esprimono l’intenzione di aver cura che, nell’ambito degli obiettivi della Convenzione stessa, i procedimenti che portano all’adozione di decisioni giurisdizionali si svolgano nel rispetto dei diritti della difesa. Tuttavia, essa ha ritenuto sufficiente, affinché decisioni siffatte rientrino nell’ambito di applicazione di detta Convenzione, che si tratti di decisioni giurisdizionali che, prima del momento in cui il loro riconoscimento e la loro esecuzione vengano richiesti in uno Stato diverso da quello di origine, sono state oggetto, o avrebbero potuto essere oggetto, in detto Stato di origine, secondo modalità diverse, di un’istruzione in contraddittorio (sentenza 21 maggio 1980, causa 125/79, Denilauler, Racc. pag. 1553, punto 13).

24      In tal senso, per esempio, le sentenze pronunciate in contumacia rientrano nell’ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles, come risulta dal suo art. 27, punto 2, che contempla espressamente il caso del convenuto contumace.

25      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 24 delle sue conclusioni, le decisioni della High Court sono state rese sotto forma di sentenza e di ordinanza in contumacia all’interno di un procedimento civile che, in linea di principio, si conforma al principio del contraddittorio. Il fatto che il giudice abbia statuito come se il convenuto, regolarmente costituitosi, fosse stato contumace non può essere sufficiente a rimettere in discussione la qualificazione delle decisioni intervenute. Tale circostanza può essere presa in considerazione solo sul piano della compatibilità di dette decisioni con l’ordine pubblico dello Stato richiesto.

 Sulla presa in considerazione dell’esclusione del convenuto dal procedimento alla luce dell’art. 27, punto 1, della Convenzione di Bruxelles

26      Nella sentenza 28 marzo 2000, causa C-7/98, Krombach (Racc. pag. I-1935, punto 23), la Corte ha dichiarato che, sebbene non le spetti definire il contenuto dell’ordine pubblico di uno Stato contraente, essa è però tenuta a controllare i limiti entro i quali il giudice di uno Stato contraente può ricorrere a tale nozione per non riconoscere una decisione emanata da un giudice di un altro Stato contraente.

27      A tale riguardo, la Corte ha precisato che il ricorso alla clausola dell’ordine pubblico è immaginabile solo nel caso in cui il riconoscimento o l’esecuzione della decisione pronunciata in un altro Stato contraente contrastassero in modo inaccettabile con l’ordinamento giuridico dello Stato richiesto, in quanto lesivi di un principio fondamentale. La lesione dovrebbe costituire una violazione manifesta di una regola di diritto considerata essenziale nell’ordinamento giuridico dello Stato richiesto o di un diritto riconosciuto come fondamentale nello stesso ordinamento giuridico (sentenza Krombach, cit., punto 37).

28      Quanto all’esercizio dei diritti della difesa cui fa riferimento la questione pregiudiziale, la Corte ha rammentato che esso occupa una posizione eminente nell’organizzazione e nello svolgimento di un processo equo e figura tra i diritti fondamentali che risultano dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e dai trattati internazionali in materia di tutela dei diritti dell’uomo, cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito, tra i quali particolare significato riveste la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (v., in tal senso, sentenza Krombach, cit., punti 38 e 39).

29      Vero è che i diritti fondamentali, quali il rispetto dei diritti della difesa, non costituiscono prerogative assolute, ma possono soggiacere a restrizioni. Tuttavia, queste ultime devono rispondere effettivamente ad obiettivi d’interesse generale perseguiti dal provvedimento di cui trattasi e non costituire, rispetto allo scopo perseguito, una violazione manifesta e smisurata dei diritti così garantiti.

30      Il governo del Regno Unito ha osservato che l’istituzione del «freezing order», del «disclosure order» e dell’«unless order» è diretta a garantire l’equità e l’efficienza dell’amministrazione della giustizia.

31      Si deve ammettere che un obiettivo simile può giustificare una restrizione dei diritti della difesa. Come rilevano i governi italiano ed ellenico, gli ordinamenti giuridici della maggior parte degli Stati membri prevedono sanzioni nei confronti di coloro che, nell’ambito di un processo civile, adottano un comportamento dilatorio che si risolverebbe, in definitiva, in un diniego di giustizia.

32      Tuttavia, sanzioni siffatte non devono essere manifestamente sproporzionate rispetto allo scopo perseguito, che consiste nell’assicurare l’efficace svolgimento del procedimento al fine di una corretta amministrazione della giustizia.

33      Per quanto riguarda la sanzione adottata nella causa principale, ossia l’esclusione del sig. Gambazzi da qualsiasi partecipazione al procedimento, si tratta, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 67 delle sue conclusioni, della restrizione più grave possibile dei diritti della difesa. Pertanto, una restrizione simile deve rispondere a requisiti assai rigorosi per non essere considerata una violazione manifesta e smisurata di tali diritti.

34      Spetta al giudice del rinvio valutare, alla luce delle circostanze concrete, se ciò avvenga nel caso di specie.

35      In tale contesto, le parti della causa principale hanno menzionato una sentenza emessa il 9 novembre 2004 dal Tribunale federale (Svizzera) (causa 4P082/2004). Con questa sentenza, tale giudice ha respinto il ricorso proposto dalla CIBC e dalla DaimlerChrysler contro una decisione del Tribunale d’appello del Cantone Ticino (Svizzera), che aveva negato il riconoscimento e l’esecuzione in Svizzera, nei confronti del sig. Gambazzi, delle decisioni della High Court, perché contrarie all’art. 27, punto 1, della Convenzione di Lugano. Il Tribunale federale ha dichiarato che l’esclusione del sig. Gambazzi dal procedimento dinanzi alla High Court non era contraria all’ordine pubblico svizzero, ma ha ritenuto che altre circostanze, cui il giudice del rinvio non ha fatto riferimento nell’ambito del presente procedimento, giustificassero, tuttavia, l’applicazione della clausola relativa all’ordine pubblico.

36      Conformemente alla dichiarazione dei rappresentanti dei governi degli Stati firmatari della Convenzione di Lugano, membri delle Comunità europee, è opportuno che la Corte tenga debitamente conto dei principi contenuti in detta sentenza del Tribunale federale e, in applicazione dell’art. 1 del protocollo n. 2 sull’interpretazione uniforme di tale Convenzione, il giudice del rinvio deve debitamente tener conto di questi principi.

37      A tale riguardo va rilevato che il Tribunale federale, al fine di concretizzare la clausola dell’ordine pubblico, si richiama al diritto ad un processo equo e al diritto al contraddittorio, principi cui la Corte stessa si è riferita nella citata sentenza Krombach e che ha ricordato ai punti 27 e 28 della presente sentenza.

38      Per quanto concerne la valutazione concreta della contrarietà all’ordine pubblico svizzero effettuata nella fattispecie nella citata sentenza del Tribunale federale, va precisato che quest’ultima non può vincolare formalmente il giudice del rinvio. Ciò è tanto più vero per il fatto che, nel caso di specie, quest’ultimo giudice deve svolgere la sua valutazione con riferimento all’ordine pubblico italiano.

39      Per assolvere la propria funzione interpretativa, quale ricordata al punto 26 della presente sentenza, spetta tuttavia alla Corte precisare i principi da essa definiti, indicando i criteri generali in base ai quali il giudice del rinvio dovrà svolgere la sua valutazione.

40      A tal fine, occorre sottolineare che la questione della compatibilità del provvedimento di esclusione adottato dal giudice dello Stato di origine con l’ordine pubblico dello Stato richiesto deve essere valutata in relazione al procedimento considerato nel suo complesso e sulla base dell’insieme delle circostanze (v., in tal senso, sentenza 2 maggio 2006, causa C-341/04, Eurofood IFSC, Racc. pag. I‑3813, punto 68).

41      Ciò implica, nella fattispecie, che vengano prese in considerazione non soltanto le condizioni in cui, al termine del procedimento dinanzi alla High Court, sono state adottate le decisioni di quest’ultima, delle quali è richiesta l’esecuzione, ma anche le condizioni in cui, in una fase precedente, sono stati adottati il «disclosure order» e l’«unless order».

42      Per quanto concerne, anzitutto, il «disclosure order», spetta al giudice del rinvio esaminare se, e in che misura, il sig. Gambazzi abbia avuto la possibilità di essere sentito in una fase precedente alla sua emissione in merito al suo oggetto e alla sua portata. Al giudice spetta altresì accertare quali fossero i mezzi di impugnazione di cui il sig. Gambazzi disponeva, dopo l’emissione di questo «disclosure order», al fine di chiederne la modifica o la revoca. In tale contesto, è necessario stabilire se l’interessato abbia avuto la possibilità di dedurre tutti gli elementi di fatto e di diritto che, a suo parere, erano tali da suffragare la propria domanda, e se tali elementi abbiano formato oggetto di un esame nel merito nel pieno rispetto del principio del contraddittorio, ovvero se, al contrario, egli fosse legittimato soltanto a sollevare questioni limitate.

43      Per quanto riguarda l’inottemperanza da parte del sig. Gambazzi al «disclosure order», spetta al giudice del rinvio verificare se le ragioni dedotte dal sig. Gambazzi, in particolare il fatto che la divulgazione delle informazioni richieste l’avrebbe indotto a violare il segreto professionale cui è tenuto in quanto avvocato e, dunque, a commettere un atto perseguibile penalmente, abbiano potuto essere evocate nell’ambito di un procedimento giurisdizionale in contraddittorio.

44      Quanto, poi, alla pronuncia dell’«unless order», il giudice del rinvio deve esaminare se il sig. Gambazzi disponesse di garanzie procedurali tali da assicurargli un’effettiva possibilità di contestare il provvedimento adottato.

45      Infine, riguardo alle decisioni della High Court, con le quali quest’ultima ha statuito sulle domande dei ricorrenti come se il convenuto fosse stato contumace, spetta al giudice del rinvio verificare se la fondatezza di queste domande sia stata, in tale fase o in una fase precedente, oggetto di esame e se il sig. Gambazzi, in tale fase o in una fase precedente, abbia avuto la possibilità di esprimersi in materia e abbia avuto a disposizione un mezzo di impugnazione.

46      Occorre sottolineare che dette verifiche, nei limiti in cui esse sono volte soltanto ad identificare una violazione manifesta e smisurata del diritto al contraddittorio, non possono comportare un controllo delle valutazioni nel merito effettuate dalla High Court, poiché un controllo siffatto costituisce un riesame del merito che è vietato espressamente dagli artt. 29 e 34, terzo comma, della Convenzione di Bruxelles. Il giudice del rinvio deve limitarsi ad individuare gli strumenti giuridici che erano a disposizione del sig. Gambazzi e a verificare che quest’ultimo, nell’ambito di detti strumenti, abbia fruito della possibilità di essere sentito, nel rispetto del contraddittorio e nel pieno esercizio dei diritti della difesa.

47      In esito a tutti questi accertamenti, spetterà al giudice del rinvio procedere ad una ponderazione di tali diversi elementi al fine di valutare se, rispetto all’obiettivo di un’efficace amministrazione della giustizia perseguito dalla High Court, l’esclusione del sig. Gambazzi dal procedimento risulti essere una violazione manifesta e smisurata del suo diritto al contraddittorio.

48      Di conseguenza, occorre risolvere la questione pregiudiziale sottoposta alla Corte dichiarando che l’art. 27, punto 1, della Convenzione di Bruxelles deve essere interpretato nel senso che il giudice dello Stato richiesto può tener conto, alla luce della clausola dell’ordine pubblico prevista da tale articolo, del fatto che il giudice dello Stato di origine ha statuito sulle domande del ricorrente senza sentire il convenuto, che si era regolarmente costituito, ma che è stato escluso dal procedimento con un’ordinanza per non aver ottemperato ad obblighi imposti con un’ordinanza adottata precedentemente nell’ambito dello stesso procedimento, qualora, in esito ad una valutazione globale del procedimento e considerate tutte le circostanze, ritenga che tale provvedimento di esclusione abbia costituito una violazione manifesta e smisurata del diritto del convenuto al contraddittorio.

 Sulle spese

49      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

L’art. 27, punto 1, della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978, relativa all’adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dalla Convenzione 25 ottobre 1982, relativa all’adesione della Repubblica ellenica, dalla Convenzione 26 maggio 1989, relativa all’adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese, nonché dalla Convenzione 29 novembre 1996, relativa all’adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia, deve essere interpretato nel modo seguente:

il giudice dello Stato richiesto può tener conto, alla luce della clausola dell’ordine pubblico prevista da tale articolo, del fatto che il giudice dello Stato di origine ha statuito sulle domande del ricorrente senza sentire il convenuto, che si era regolarmente costituito, ma che è stato escluso dal procedimento con un’ordinanza per non aver ottemperato ad obblighi imposti con un’ordinanza adottata precedentemente nell’ambito dello stesso procedimento, qualora, in esito ad una valutazione globale del procedimento e considerate tutte le circostanze, ritenga che tale provvedimento di esclusione abbia costituito una violazione manifesta e smisurata del diritto del convenuto al contraddittorio.

(Seguono le firme)