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Corte di Giustizia delle Comunità europee (Seconda Sezione), 29 ottobre 2004

 

C-360/02 P, Carlo Ripa di Meana  Parlamento europeo

 

 

 

Nella causa C-360/02 P,

 

avente ad oggetto un ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado ai sensi dell'art. 49 dello Statuto CE della Corte di giustizia, proposto il 2 ottobre 2002,

 

 

 

 

Carlo Ripa di Meana,

 

ex deputato del Parlamento europeo,

residente a Montecastello di Vibio,

rappresentato dagli avv.ti W. Viscardini e G. Donà,

ricorrente,

 

altra parte del procedimento:

 

 

Parlamento europeo,

 

rappresentato dai sigg. A. Caiola e G. Ricci,

 in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuto in primo grado,

 

 

 

LA CORTE (Seconda Sezione),

 

composta dal sig. C.W.A. Timmermans (relatore), presidente di sezione, dai sigg. C. Gulmann, J. Makarczyk, P. Kūris e J. Klučka, giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig. R. Grass

sentito l'avvocato generale,

ha emesso la seguente

 

 

 

Ordinanza

 

 

1 Con il suo ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado, il sig. Ripa di Meana chiede l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 9 luglio 2002, causa T‑127/01, Ripa di Meana/Parlamento (Racc. pag. II‑3005; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata»), con la quale quest’ultimo giudice ha dichiarato irricevibile il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione del Parlamento europeo del 26 marzo 2001 che sospende il versamento della sua pensione di cessata attività a seguito della sua elezione quale membro del Consiglio regionale dell’Umbria.

 

Quadro normativo

 

La normativa comunitaria

 

2 In mancanza di un regime pensionistico comunitario uniforme per tutti i deputati del Parlamento, l’Ufficio di presidenza di quest’ultimo adottava, il 24 e il 25 maggio 1982, un regime provvisorio in materia di pensione di cessata attività per i deputati degli Stati membri le cui autorità nazionali non prevedono alcun regime pensionistico per i membri del Parlamento (in prosieguo: il «regime pensionistico provvisorio»). Tale regime, che si applica anche nel caso in cui il livello e/o le modalità della pensione prevista non coincidano esattamente con quelli applicabili ai parlamentari dello Stato per il quale il membro interessato del Parlamento è stato eletto, è previsto dall’allegato III della regolamentazione riguardante le spese e le indennità dei deputati del Parlamento europeo (in prosieguo: la «regolamentazione riguardante le spese e le indennità»).

 

3 Nella versione applicabile all’epoca dei fatti di causa, l’allegato III della regolamentazione riguardante le spese e le indennità (in prosieguo: l’«allegato III») prevedeva, in particolare, quanto segue:

«Articolo 1

1.   Tutti i deputati al Parlamento europeo hanno diritto ad una pensione di cessata attività.

2.   In attesa dell’istituzione di un regime pensionistico comunitario definitivo per tutti i deputati al Parlamento europeo, può essere erogata, su richiesta del deputato interessato, una pensione provvisoria di cessata attività a carico del bilancio della Comunità, Sezione Parlamento.

Articolo 2

1.   L’entità e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente a quelle della pensione percepita dai Membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato in rappresentanza del quale il deputato al Parlamento europeo è stato eletto.

2.   Il deputato che beneficia delle disposizioni dell’art. 1, paragrafo 2, versa al bilancio della Comunità un contributo calcolato in modo da corrispondere complessivamente a quello pagato da un Membro della Camera Bassa dello Stato in cui è stato eletto.

(…)

Articolo 4

Ai fini del computo dell’importo della pensione, gli anni di mandato presso il Parlamento di uno Stato membro possono essere cumulati con gli anni di mandato presso il Parlamento europeo. Gli anni in cui l’interessato ha assolto un duplice mandato vengono calcolati un’unica volta».

 

La normativa nazionale

 

4 L’art. 12, n. 1, del Regolamento per gli assegni vitalizi dei deputati ( in prosieguo: il «Regolamento per gli assegni vitalizi») dispone:

«Qualora il deputato già cessato dal mandato, sia rieletto membro del Parlamento nazionale o europeo o sia eletto consigliere regionale, il pagamento dell’assegno vitalizio di cui già gode resta sospeso per tutta la durata del mandato».


Fatti di causa e procedimento dinanzi al Tribunale

 

5 Il sig. Ripa di Meana, cittadino italiano, è stato deputato al Parlamento nel corso delle legislature 1979/1984 e 1994/1999.

 

6 A seguito della sua elezione quale membro del Consiglio regionale dell’Umbria, il capo della Divisione del Regime finanziario dei deputati del Parlamento gli inviava, il 26 gennaio 2001, una lettera relativa alla sospensione, per la durata del suo mandato di consigliere regionale, del pagamento della pensione da lui percepita quale ex membro del detto Parlamento (in prosieguo: la «lettera del 26 gennaio 2001»). Tale lettera, ricevuta dal ricorrente il 31 gennaio 2001, è redatta nei seguenti termini:

«Mi permetto di richiamare la Sua attenzione sulle disposizioni dell’art. 12 del Regolamento per gli assegni vitalizi dei deputati (copia allegata), applicabile per analogia ai deputati italiani che hanno versato i contributi pensionistici al Parlamento europeo, le quali prevedono la sospensione del pagamento della pensione durante l’esercizio del mandato di deputato nazionale o europeo o del mandato di consigliere regionale.

I miei servizi mi hanno informato che Le è stato conferito il mandato di consigliere regionale, motivo per cui siamo obbligati a sospendere i suoi diritti alla pensione.

La prego pertanto di comunicarmi la data della Sua elezione a consigliere regionale, per consentirci di calcolare l’importo della pensione che Le è stato indebitamente versato».

 

7 Poiché il sig. Ripa di Meana, con lettera 15 marzo 2001, aveva manifestato la sua sorpresa nei confronti dell’intenzione del Parlamento di sospendere il versamento della sua pensione a seguito della sua elezione in qualità di consigliere regionale esponendo le ragioni per le quali, a suo parere, il regolamento per gli assegni vitalizi non poteva essere applicato al suo caso per analogia, il Parlamento gli inviava, il 26 marzo 2001, una seconda lettera (in prosieguo: la «lettera del 26 marzo 2001») redatta nei seguenti termini:

«In risposta alla Sua lettera citata in oggetto, in cui Ella esprime sorpresa per la sospensione della pensione di ex deputato al Parlamento europeo in seguito all’elezione a consigliere regionale, Le confermo che tale decisione corrisponde alle disposizioni dell’art. 12, comma 1 del regolamento della Camera e alla prassi vigente presso la Camera stessa.

Convengo con Lei che il testo esistente della regolamentazione della Camera è incompleto. Infatti, se è esauriente per quanto riguarda la sospensione delle pensioni, manca, in caso di ripristino dei diritti, il riferimento all’attività di consigliere regionale.

Tuttavia, le regole stabilite dall’autorità politica al fine di evitare il cumulo di una pensione di deputato o di consigliere regionale con uno stipendio di deputato o di consigliere appaiono chiare e Le chiederei quindi di volermi comunicare al più presto la data della Sua elezione a consigliere regionale.

A titolo di informazione Le segnalo che frattanto si è proceduto alla sospensione della Sua pensione».

 

8 Alla luce di quanto sopra, con ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 12 giugno 2001, il sig. Ripa di Meana ha proposto un ricorso diretto, in particolare, all’annullamento della lettera 26 marzo 2001 in quanto essa conterrebbe la decisione del Parlamento di sospendere il versamento della sua pensione a seguito della sua elezione quale membro del Consiglio regionale dell’Umbria.

 

9 Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 27 luglio 2001, il Parlamento, in forza dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, ha sollevato un’eccezione di irricevibilità di tale ricorso che il Tribunale ha accolto con l’ordinanza impugnata, dopo avere invitato le parti a rispondere per iscritto a taluni quesiti.


L’ordinanza impugnata

 

10 Il rigetto del ricorso da parte del Tribunale si basa, sostanzialmente, su un duplice fondamento.

 

11 Dopo aver ricordato, al punto 25 dell’ordinanza impugnata, che, in forza di una giurisprudenza consolidata, costituiscono atti o decisioni impugnabili con ricorso di annullamento ai sensi dell’art. 230 CE i provvedimenti destinati a produrre effetti giuridici vincolanti idonei a incidere sugli interessi del ricorrente, modificando in misura rilevante la situazione giuridica di questo, e che per determinare se un atto o una decisione produca effetti del genere occorre aver riguardo alla sua sostanza, il Tribunale, al punto 29 della detta ordinanza, ha dichiarato in primo luogo che «[n]on vi è alcun dubbio (…) che la decisione iniziale del Parlamento del 26 gennaio 2001 costituisca l’atto che ha inciso direttamente e immediatamente sulla situazione giuridica del ricorrente e che doveva essere impugnato».

 

12 Per giungere a tale conclusione, il Tribunale si è basato, da una parte, sui termini impiegati nella lettera 26 gennaio 2001, da cui risulterebbe inequivocabilmente che il Parlamento aveva deciso di sospendere i diritti del ricorrente alla pensione a seguito della sua elezione a consigliere regionale (punti 26 e 27 dell’ordinanza impugnata), e, d’altra parte, sulla risposta fornita da tale istituzione ad un quesito scritto posto dal Tribunale, da cui risulterebbe che la decisione di sospendere il versamento della pensione del sig. Ripa di Meana è stata applicata fin dalla prima mensilità successiva all’invio della lettera 26 gennaio 2001, ossia nel febbraio 2001. Il Tribunale ha rilevato, a questo proposito, che risulta effettivamente dall’estratto conto del ricorrente datato 1° marzo 2001, fornito da quest’ultimo al Tribunale, che la pensione del sig. Ripa di Meana relativa al mese di febbraio 2001 non era stata accreditata sul detto conto, di modo che egli non ha più percepito la sua pensione di ex membro del Parlamento dopo il pagamento della pensione relativa al mese di gennaio 2001, effettuato il 26 gennaio 2001 (punto 28 della stessa ordinanza).

 

13 Dopo aver constatato che la lettera del 26 gennaio 2001 non era stata impugnata dal sig. Ripa di Meana, il Tribunale ha proceduto, in un secondo momento, ad esaminare la natura della lettera 26 marzo 2001. A questo proposito esso ha in particolare dichiarato quanto segue:

«31

(…) si deve rilevare che il Parlamento, nella lettera 26 marzo 2001, ha dichiarato semplicemente che il regolamento italiano è, sotto certi profili, incompleto, ma che le regole stabilite al fine di evitare il cumulo di una pensione di deputato o di consigliere regionale con uno stipendio di deputato o di consigliere appaiono chiare e la decisione 26 gennaio 2001 corrisponde alla prassi italiana. Tali affermazioni, contestualizzate, non possono essere considerate un indizio a riprova del fatto che la decisione di sospendere il pagamento della pensione del ricorrente, comunicata con lettera 26 gennaio 2001, abbia formato oggetto di un nuovo esame. Esse devono essere interpretate nel senso che i motivi che hanno indotto il Parlamento a sospendere la pensione del ricorrente permangono immutati. Infatti, il Parlamento si è limitato a ricordare la ratio legis della disposizione che era stata applicata con decisione 26 gennaio 2001 e a comunicare al ricorrente che tale decisione era conforme alla prassi italiana, senza apportare alcuna modifica alla motivazione già enunciata.

 

32 Peraltro, il fatto che il ricorrente sia stato informato con lettera 26 marzo 2001 che la sua pensione era stata nel frattempo effettivamente sospesa non può costituire un elemento nuovo idoneo a conferire alla detta lettera il carattere di nuova decisione che arreca pregiudizio. Infatti, tale informazione rappresenta semplicemente la fase di esecuzione dell’atto che arreca pregiudizio, cioè della decisione 26 gennaio 2001».

 

14 Di conseguenza, il Tribunale ha considerato, al punto 33 dell’ordinanza impugnata, che la lettera 26 marzo 2001 costituisce un atto puramente confermativo della decisione 26 gennaio 2001. Poiché quest’ultima non era stata impugnata entro i termini a tal fine previsti, il ricorso è stato dichiarato irricevibile e il sig. Ripa di Meana è stato condannato alle spese di giudizio.


Ricorso contro l’ordinanza del Tribunale

 

15 Con il suo ricorso contro l’ordinanza del Tribunale, il sig. Ripa di Meana chiede alla Corte di annullare l’ordinanza impugnata, di rinviare la causa dinanzi a quest’ultimo giudice perché esso statuisca nel merito e di condannare il Parlamento alle spese dei due gradi di giudizio.

 

16 Il sig. Ripa di Meana deduce quattro motivi a sostegno del suo ricorso contro l’ordinanza del Tribunale. Questi ultimi sono relativi, in primo luogo, a vizi della procedura «dinanzi al Tribunale, recanti pregiudizio agli interessi della parte ricorrente», in secondo luogo, ad una violazione dei diritti della difesa, in terzo luogo, ad un’errata qualificazione giuridica delle lettere 26 gennaio e 26 marzo 2001 nonché ad una non corretta applicazione della giurisprudenza comunitaria in materia di atti confermativi e, in ultimo luogo, ad un’errata applicazione della giurisprudenza comunitaria in materia di errore scusabile.

 

17 Il Parlamento conclude dal canto suo nel senso che l’atto di impugnazione sia dichiarato irricevibile o, in ogni caso, respinto come non fondato e che il ricorrente sia condannato alla totalità delle spese.

 

18 In via preliminare si deve ricordare che, in forza dell’art. 119 del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è manifestamente irricevibile o manifestamente infondata, la Corte, sentito l’avvocato generale, può respingerla in qualsiasi momento con ordinanza motivata, senza passare alla fase orale.

 

Sulla ricevibilità del ricorso contro l’ordinanza del Tribunale

 

19 Nella sua comparsa di risposta, il Parlamento eccepisce, in via preliminare, l’irricevibilità del ricorso contro l’ordinanza del Tribunale. A questo proposito esso fa valere che, poiché, da una parte, il ricorrente non ha eletto domicilio in Lussemburgo ai sensi dell’art. 44, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura del Tribunale e, d’altra parte, conformemente all’art. 100, n. 2, primo comma, dello stesso regolamento, le sentenze e le ordinanze del Tribunale non figurano tra gli atti processuali che possono essere notificati mediante telecopia o qualsiasi altro mezzo tecnico di comunicazione al loro destinatario, quand’anche quest’ultimo abbia acconsentito a siffatte modalità di notifica in forza del detto art. 44, n. 2, secondo comma, nel caso di specie potrebbe essere applicato solo il terzo comma di quest’ultima disposizione, ai sensi del quale la notifica si considera avvenuta regolarmente col deposito della lettera raccomandata presso l’ufficio postale del luogo in cui ha sede il Tribunale.

 

20 Dato che, nella fattispecie, il deposito dell’ordinanza impugnata all’ufficio postale di Lussemburgo sarebbe stato effettuato il 17 luglio 2002 e che risulterebbe inoltre dal fascicolo che, contrariamente a quanto è prescritto dall’art. 100, n. 2, secondo comma, del regolamento di procedura del Tribunale, la cancelleria di quest’ultimo non ha avvertito il ricorrente, mediante telecopia o qualsiasi altro mezzo tecnico di comunicazione, dell’invio di tale ordinanza, il termine per proporre ricorso contro quest’ultima scadeva, tenuto conto del termine in ragione della distanza, il 27 settembre 2002. Essendo stato presentato il 2 ottobre 2002, il ricorso contro l’ordinanza del Tribunale sarebbe stato quindi proposto fuori termine e dovrebbe essere dichiarato irricevibile.

 

21 A questo proposito occorre respingere subito la tesi del Parlamento secondo la quale l’art. 44, n. 2, terzo comma, del regolamento di procedura del Tribunale sarebbe applicabile nella fattispecie. Come risulta infatti dallo stesso tenore letterale di tale disposizione, tutte le notifiche ai fini del procedimento sono effettuate alla parte interessata mediante lettera raccomandata indirizzata all’agente o all’avvocato di tale parte «se il ricorso non è conforme a quanto prescritto dal primo e dal secondo comma [del detto art. 44, n. 2]», i quali prevedono, rispettivamente, un’elezione di domicilio nel luogo in cui ha sede il Tribunale e, in via complementare o alternativa, il consenso dell’avvocato o dell’agente della parte ricorrente a che gli siano inviate notifiche mediante telecopia o qualsiasi altro mezzo tecnico di comunicazione. Ora, nella fattispecie, è pacifico che il ricorso del sig. Ripa di Meana è conforme a tali condizioni dato che i difensori di quest’ultimo hanno acconsentito a che gli atti processuali fossero loro notificati mediante telecopia o posta elettronica. Pertanto, occorre escludere l’applicazione del terzo comma dell’art. 44, n. 2.

 

22 Per la verità, come il Parlamento sostiene giustamente nella sua comparsa di risposta, dall’art. 100, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale risulta anche che, in deroga alla regola di cui al punto precedente, le sentenze e le ordinanze del Tribunale, in mancanza di elezione di domicilio da parte del destinatario, sono sempre notificate al recapito di quest’ultimo secondo le modalità previste al n. 1 di tale articolo, ossia mediante plico raccomandato con ricevuta di ritorno o rimettendo, verso ricevuta, una copia certificata conforme della sentenza o dell’ordinanza in questione, mentre il destinatario viene inoltre avvertito, mediante telecopia o qualsiasi altro mezzo tecnico di comunicazione, dell’invio effettuato dalla cancelleria.

 

23 Tuttavia, non può desumersi dalla mancanza di un tale avviso da parte della cancelleria del Tribunale che al sig. Ripa di Meana sia preclusa la proposizione di un ricorso contro una pronuncia del Tribunale e che egli rientri automaticamente nell’ipotesi di cui all’art. 44, n. 2, terzo comma, del regolamento di procedura del Tribunale. In primo luogo, infatti, come è stato constatato al punto 21 della presente ordinanza, tale comma è applicabile solo in mancanza di elezione di domicilio in Lussemburgo e/o di consenso dell’avvocato o dell’agente della parte ricorrente a che gli siano inviate notifiche mediante telecopia o qualsiasi altro mezzo tecnico di comunicazione, il che manifestamente non si verifica nel caso di specie. In secondo luogo, in forza dell’art. 100, n. 2, secondo comma, del detto regolamento, il plico raccomandato inviato a cura della cancelleria si considera essere stato consegnato al destinatario il decimo giorno successivo al suo deposito presso l’ufficio postale del luogo in cui ha sede il Tribunale, a meno che la ricevuta di ritorno non attesti che la ricezione ha avuto luogo in una data diversa o a meno che il destinatario non comunichi al cancelliere, entro tre settimane dall’avvertimento mediante telecopia o altro mezzo tecnico di comunicazione, che la notifica non gli è pervenuta.

 

24 Essendo pacifico, nella fattispecie, che la ricezione dell’ordinanza impugnata dal sig. Ripa di Meana è avvenuta il 22 luglio 2002, ossia cinque giorni dopo il deposito del plico raccomandato relativo alla detta ordinanza all’ufficio postale di Lussemburgo, e che il ricorso introduttivo del presente procedimento è pervenuto mediante telecopia alla cancelleria della Corte il 2 ottobre 2002 – mentre l’originale di tale ricorso è stato depositato, conformemente all’art. 37, n. 6, del regolamento di procedura della Corte, meno di dieci giorni dopo la ricezione di tale telecopia –, si deve concludere per la ricevibilità del ricorso in esame.

 

25 Di conseguenza, l’eccezione di irricevibilità sollevata dal Parlamento si basa su una lettura errata delle disposizioni del regolamento di procedura del Tribunale e dev’essere respinta in quanto manifestamente infondata.

 

Sul merito del ricorso contro l’ordinanza del Tribunale

 

Sul primo motivo

 

26 Con il suo primo motivo, il sig. Ripa di Meana contesta sostanzialmente al Tribunale di aver commesso un’irregolarità procedurale dichiarando, al punto 12 dell’ordinanza impugnata, che le parti hanno ottemperato, entro il termine impartito, alla richiesta del Tribunale che aveva invitato queste ultime a rispondere per iscritto a taluni quesiti, mentre il Parlamento, nel caso di specie, avrebbe risposto solo ad uno di tali quesiti. Secondo il sig. Ripa di Meana, una simile irregolarità lederebbe gravemente i suoi interessi in quanto il Tribunale avrebbe fondato il suo convincimento su questa risposta incompleta del Parlamento, confondendo la data in cui quest’ultimo ha informato il ricorrente della sua decisione di sospendere il versamento della sua pensione e la data in cui questi è stato informato della sospensione effettiva di tale versamento. Ora, tanto dalla circostanza che il Tribunale ha ritenuto utile porre quesiti scritti alle parti quanto dalla formulazione stessa dei detti quesiti risulterebbe che il Tribunale attribuiva un’importanza essenziale a tale distinzione.

 

27 A questo proposito occorre respingere subito la tesi del ricorrente secondo cui sia la circostanza che il Tribunale ha ritenuto utile porre quesiti scritti alle parti quanto il tenore stesso di questi ultimi confermerebbero i dubbi del Tribunale quanto alla natura decisionale della lettera del 26 gennaio 2001.

 

28 Infatti, come risulta dalla formulazione stessa dell’art. 49 del regolamento di procedura del Tribunale, la decisione di porre quesiti scritti alle parti rientra nella libera valutazione del Tribunale il quale può, in ogni fase del procedimento, decidere su ogni misura di organizzazione del procedimento o su ogni mezzo istruttorio di cui agli artt.  64 e 65 del detto regolamento. L’esercizio di questa facoltà non comporta tuttavia alcuna conseguenza automatica sulla soluzione della controversia e il Tribunale resta assolutamente libero di valutare il valore da attribuire ai vari elementi di fatto e di prova sottopostigli o eventualmente da esso stesso raccolti.

 

29 Per quanto riguarda l’argomento del ricorrente secondo il quale il Tribunale avrebbe commesso un’irregolarità procedurale dichiarando che le parti avevano ottemperato alla sua richiesta mentre il Parlamento avrebbe risposto a uno solo dei quesiti rivoltigli, occorre ricordare che non spetta alla Corte, nell’ambito di un ricorso contro una pronuncia del Tribunale, pronunciarsi sulla valutazione degli elementi di fatto e di prova operata dal Tribunale, salvo il caso di uno snaturamento palese dei detti elementi da parte di tale giudice (v. in questo senso, in particolare, ordinanza 11 novembre 2003, causa C‑488/01 P, Martinez/Parlamento, Racc. pag. I‑3355, punto 53, e sentenza 29 aprile 2004, causa C‑470/00 P, Parlamento/Ripa di Meana e a., Racc. pag. 4167, punto 40). Nella fattispecie, tuttavia, nessun elemento del fascicolo sottoposto alla Corte permette di concludere per l’esistenza di un tale snaturamento.

 

30 Da una parte, infatti, il Parlamento ha confermato, nella sua risposta ai quesiti scritti del Tribunale, che la decisione di sospendere il versamento della pensione del sig. Ripa di Meana è stata «di applicazione immediata» e che la pensione stessa non è stata più versata dopo il 26 gennaio 2001.

 

31 D’altra parte, anche se la risposta del Parlamento poteva sembrare incompleta per quanto riguarda la data in cui il ricorrente è stato informato della sospensione effettiva del pagamento della sua pensione, tale risposta non è stata in ogni caso il solo elemento preso in considerazione dal Tribunale per statuire sulla questione della ricevibilità del ricorso. Esso ha infatti tenuto conto anche della risposta fornita dal sig. Ripa di Meana e, in particolare, come risulta dal punto 28 dell’ordinanza impugnata, di un estratto conto del 1° marzo 2001 trasmessogli da quest’ultimo, da cui risulta chiaramente che sul conto del ricorrente non era stato accreditato, per il mese di febbraio 2001, l’importo della sua pensione di ex deputato del Parlamento.

 

32 Di conseguenza, occorre respingere l’argomento del ricorrente secondo cui il Tribunale avrebbe fondato il suo convincimento sulla base di una risposta incompleta del Parlamento ai quesiti rivoltigli dai giudici di primo grado.

 

33 Il primo motivo deve pertanto essere respinto in quanto manifestamente infondato.

 

Sul secondo motivo

 

34 Col suo secondo motivo, che consta di due parti, il sig. Ripa di Meana fa valere che i diritti della difesa sono stati violati in quanto il Tribunale, da una parte, avrebbe statuito direttamente sull’eccezione di irricevibilità sollevata dal Parlamento senza offrire alle parti la possibilità di presentare ulteriori osservazioni scritte e senza passare alla fase orale del procedimento e, dall’altra, non avrebbe tenuto conto delle risposte da lui fornite ai quesiti posti dal Tribunale. A questo proposito, il sig. Ripa di Meana contesta più in particolare a quest’ultimo il fatto di aver ignorato la circostanza secondo cui, a causa di un grave disturbo agli occhi che lo costringeva in convalescenza nella sua residenza di Montecastello di Vibio, egli ha potuto prendere visione del suo estratto conto del 1° marzo 2001, spedito al suo domicilio romano, solo nei primi giorni del mese di aprile dello stesso anno.

 

35 Per quanto riguarda la prima parte di questo motivo, occorre in primo luogo ricordare che, ai sensi dell’art. 114, nn. 1‑3, del regolamento di procedura del Tribunale, se una parte chiede che quest’ultimo statuisca sull’irricevibilità, sull’incompetenza o su un incidente senza impegnare la discussione nel merito, il presidente del Tribunale fissa all’altra parte un termine per presentare per iscritto i suoi mezzi difensivi e le sue conclusioni su tale domanda, e il procedimento prosegue oralmente, salvo contraria decisione del Tribunale. Da tale disposizione discende chiaramente che quest’ultimo non ha alcun obbligo di tenere un’udienza. Il Tribunale poteva dunque, nel caso di specie, decidere di statuire sull’eccezione sollevata dal Parlamento senza avviare la fase orale del procedimento dato che esso si riteneva sufficientemente edotto dai documenti agli atti e, in particolare, dalle risposte apportate ai quesiti scritti che esso aveva ritenuto utile porre alle parti.

 

36 Per quanto riguarda, in secondo luogo, la censura del ricorrente fondata sul fatto che il principio del contraddittorio non sarebbe stato rispettato in quanto esso non avrebbe avuto la possibilità di prendere posizione sulla risposta fornita dal Parlamento ai quesiti posti dal Tribunale, tale censura non può trovare accoglimento nel caso di specie. Prescindendo, infatti, dalla soluzione − che differisce a seconda delle parti − della questione se il sig. Ripa di Meana abbia avuto o meno la possibilità di discutere dinanzi al Tribunale la risposta apportata ai quesiti rivolti da quest’ultimo al Parlamento, un’eventuale violazione del principio del contraddittorio non avrebbe potuto, in ogni caso, modificare l'esito della controversia. Infatti, come risulta dal punto 28 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha fondato la sua valutazione sulle risposte delle parti ai quesiti da esso posti unicamente in quanto esse mettono in evidenza il fatto che la decisione 26 gennaio 2001 è stata immediatamente applicata dal Parlamento. Invece, la questione di stabilire a quale data il sig. Ripa di Meana è stato realmente informato della sospensione effettiva della pensione di cui fruiva non è stata assolutamente presa in considerazione nella motivazione dell’ordinanza impugnata.

 

37 Di conseguenza, la censura fondata su una violazione del principio del contraddittorio dev’essere respinta in quanto ininfluente.

 

38 Questa prima parte del secondo motivo deve pertanto essere respinta in quanto manifestamente infondata.

 

39 Per quanto riguarda la seconda parte del secondo motivo, fondata sulla mancata presa in considerazione, da parte del Tribunale, del fatto che lo stato di salute del ricorrente gli avrebbe impedito di prendere visione del suo estratto conto del 1° marzo 2001 prima del mese di aprile dello stesso anno, essa coincide in amplissima misura con il quarto motivo e sarà pertanto esaminata con quest’ultimo.

 

Sul terzo motivo

 

40 Con il suo terzo motivo, il sig. Ripa di Meana contesta la qualificazione giuridica data dal Tribunale alle lettere 26 gennaio e 26 marzo 2001.

 

41 Per quanto riguarda la lettera 26 gennaio 2001, il sig. Ripa di Meana nega il suo carattere decisionale, alla luce, da una parte, dei termini generali impiegati in tale lettera dal Parlamento e, dall’altra, del fatto che l’istruzione della sua pratica non era ancora terminata in quanto egli doveva fornire a tale istituzione informazioni complementari relative alla data della sua elezione a consigliere regionale dell’Umbria.

 

42 Quanto alla lettera 26 marzo 2001, il sig. Ripa di Meana nega che essa abbia carattere meramente confermativo dato che essa conterrebbe diversi elementi nuovi rispetto alla lettera del 26 gennaio e sarebbe stata preceduta da un riesame della sua situazione a seguito della lettera da lui inviata al Parlamento il 15 marzo 2001.

 

43 A questo proposito occorre subito respingere l’affermazione del ricorrente secondo la quale la lettera 26 gennaio 2001 non potrebbe essere impugnabile con un ricorso di annullamento dato che essa presenterebbe un mero carattere interlocutorio. Il Tribunale ha infatti potuto concludere, senza commettere alcun errore di diritto, che sia dai termini stessi impiegati in tale lettera, riprodotta al punto 6 della presente ordinanza, sia dai motivi fatti valere dal Parlamento risulta che quest’ultimo aveva effettivamente deciso di sospendere il versamento della pensione del ricorrente a seguito dell’elezione di questi quale consigliere regionale, mentre la richiesta di informazioni rivolta al sig. Ripa di Meana aveva il solo scopo di permettere di calcolare l’importo della pensione indebitamente versata a quest’ultimo a partire dalla data effettiva della sua elezione quale membro del Consiglio regionale dell’Umbria.

 

44 Quanto all’affermazione del ricorrente secondo la quale la ricevibilità del suo ricorso avrebbe dovuto essere ammessa dal Tribunale in quanto la lettera 26 marzo 2001 sarebbe priva di carattere confermativo, è pacifico che nessuno degli elementi fatti valere dal sig. Ripa di Meana a sostegno di una siffatta affermazione è tale da rimettere in discussione la conclusione a cui il Tribunale è pervenuto al riguardo.

 

45 Così, per quanto riguarda innanzi tutto il riferimento operato dal Parlamento alla prassi della Camera dei Deputati italiana e alla volontà delle autorità politiche di evitare le situazioni di cumulo di una pensione di deputato o di consigliere regionale con le indennità relative all'esercizio di un mandato di deputato o di consigliere regionale, esso non comporta, palesemente, alcun elemento nuovo rispetto alla lettera 26 gennaio 2001 che, sin dalle sue prime righe, ha attirato l’attenzione del sig. Ripa di Meana sulle disposizioni dell’art. 12 del regolamento per gli assegni vitalizi, allegato a tale lettera, il quale prevede appunto la sospensione del versamento della pensione durante l’esercizio di un mandato vuoi di deputato nazionale o europeo, vuoi di consigliere regionale.

 

46 Per quanto riguarda poi la comunicazione al ricorrente del fatto che il versamento della sua pensione era effettivamente sospeso, essa deve interpretarsi – così come attestato del resto dai termini stessi della lettera 26 marzo 2001 – come una comunicazione effettuata a titolo puramente informativo all’interessato in risposta alla lettera da lui inviata il 15 marzo 2001. In nessun caso, tuttavia, tale comunicazione può essere considerata un elemento nuovo rispetto alla lettera 26 gennaio 2001, poiché quest’ultima menziona già inequivocabilmente la sospensione del versamento da parte del Parlamento della pensione del ricorrente.

 

47 Infine, per quanto riguarda l’argomento del ricorrente secondo il quale la lettera 26 marzo 2001 sarebbe stata preceduta da un riesame della situazione di quest’ultimo nei limiti in cui, a seguito della lettera da lui inviata il 15 marzo 2001 al Parlamento, quest’ultimo avrebbe riconosciuto il carattere incompleto della normativa italiana sugli assegni vitalizi, tale riconoscimento verte solo sulla mancanza di riferimento al mandato di consigliere regionale in caso di ripristino dei diritti a pensione alla fine di tale mandato. Nella fattispecie, tuttavia, la controversia non verte sul ripristino dei diritti a pensione, ma sulla sospensione di tali diritti a seguito dell’elezione di un ex deputato europeo quale membro di un Consiglio regionale.

 

48 Alla luce di tutti gli elementi che precedono, occorre quindi respingere il terzo motivo in quanto manifestamente infondato.

Sul quarto motivo

 

49 Con il suo quarto motivo che riproduce, in amplissima misura, le critiche mosse nella seconda parte del secondo motivo, il sig. Ripa di Meana fa valere, in via subordinata, che, se la Corte dovesse ritenere che la lettera 26 marzo 2001 presenta carattere confermativo, essa dovrebbe comunque annullare l’ordinanza impugnata per il motivo secondo cui il Tribunale non avrebbe applicato la giurisprudenza comunitaria relativa all’errore scusabile. Il ricorrente sostiene, a questo proposito, che le condizioni di applicazione di tale giurisprudenza ricorrono nel caso di specie poiché, da una parte, la lettera 26 gennaio 2001 si presenta coma una lettera interlocutoria ed egli si attendeva, in assoluta buona fede, che la questione dell’applicazione per analogia dell’art. 12 del regolamento sugli assegni vitalizi fosse discussa in contraddittorio. D’altra parte, i suoi problemi oculistici gli avrebbero impedito di svolgere qualsiasi «attività che impegnasse la vista» nel corso dei mesi di febbraio e marzo 2001, di modo che solo nei primi giorni del mese di aprile 2001 egli avrebbe potuto prendere visione del suo estratto conto del 1° marzo 2001, dal quale risulta che i servizi del Parlamento avevano cessato di versargli la sua pensione di ex deputato europeo.

 

50 A questo proposito occorre ricordare che, in forza di una giurisprudenza consolidata, un singolo può, in circostanze eccezionali, far valere un errore scusabile al fine di sfuggire al termine di decadenza a cui è soggetta la proposizione di un ricorso di annullamento, in particolare qualora l’istituzione, da cui promana l’atto impugnato, abbia adottato un comportamento tale, da solo o in misura determinante, da generare una confusione ammissibile in un singolo di buona fede che dia prova di tutta la diligenza richiesta ad un operatore normalmente accorto (v. in questo senso, in particolare, sentenze 15 dicembre 1994, causa C‑195/91 P, Bayer/Commissione, Racc. pag. I‑5619, punto 26, e 15 maggio 2003, causa C‑193/01 P, Pitsiorlas/Consiglio e BCE, Racc. pag. I‑4837, punto 24). Nella fattispecie, tuttavia, risulta palesemente che il sig. Ripa di Meana non si trovava in una tale situazione eccezionale e che egli non può far valere utilmente la giurisprudenza summenzionata, non ricorrendo nel caso di specie alcuna delle condizioni richieste perché possa essere fatto valere un errore scusabile.

 

51 In primo luogo, infatti, il sig. Ripa di Meana non può legittimamente contestare al Parlamento un comportamento che fosse tale da generare in lui una confusione ammissibile quanto alla vera natura della lettera 26 gennaio 2001 poiché, come è stato rilevato al punto 43 della presente ordinanza, i termini impiegati in tale lettera fanno emergere chiaramente sia la decisione di tale istituzione di sospendere effettivamente il pagamento della pensione del ricorrente, sia i motivi che giustificano tale sospensione.

 

52 In secondo luogo, gli elementi del fascicolo sottoposto alla Corte fanno anche aleggiare dubbi sulla diligenza di cui il ricorrente avrebbe dato prova nel caso di specie poiché, se egli ha effettivamente accusato ricevuta della lettera 26 gennaio 2001 sin dal 31 gennaio successivo, solo il 15 marzo 2001 egli ha reagito inviando una lettera al Parlamento in cui esprime il suo stupore quanto alla decisione del Parlamento di sospendere il pagamento della sua pensione e solo il 12 giugno successivo egli ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale.

 

53 Per il resto, relativamente all’argomento del sig. Ripa di Meana secondo il quale egli sarebbe stato incapace di svolgere qualsiasi «attività che impegnasse l’uso della vista» nel corso dei mesi di febbraio e marzo 2001 e avrebbe preso visione del suo estratto conto del 1° marzo solo nel corso dei primi giorni del mese di aprile del detto anno, esso è contraddetto dal fatto che il ricorrente stesso ha inviato una lettera al Parlamento il 15 marzo 2001, ossia ad una data rientrante nel periodo a proposito del quale egli sostiene che il grave disturbo oculistico da cui era affetto gli impediva di svolgere «qualsiasi attività che impegnasse la vista».

 

54 Alla luce di questi elementi, occorre pertanto respingere la seconda parte del secondo motivo nonché il quarto motivo in quanto manifestamente infondati.

 

55 Poiché i quattro motivi fatti valere dal sig. Ripa di Meana a sostegno del suo ricorso contro l’ordinanza del Tribunale sono manifestamente infondati, quest’ultimo dev’essere integralmente respinto.


Sulle spese

 

56 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione ai sensi dell’art. 118 dello stesso regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Parlamento ha chiesto la condanna del sig. Ripa di Meana, che è rimasto soccombente, quest’ultimo dev'essere condannato alle spese.

 

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) così provvede:

 

1) Il ricorso è respinto.

 

2) Il sig. Ripa di Meana è condannato alle spese.

 

 

                       (Seguono le firme)