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Corte di Giustizia delle Comunità europee, 27 settembre 1988

 

 

C-302/87, Parlamento europeoConsiglio delle Comunità europee

 

 

 

Nella causa 302/87,

 

 

Parlamento europeo,

 

rappresentato dal sig. F. Pasetti Bombardella,

giureconsulto del Parlamento,

assistito dai sigg. C. Pennera e J. Schoo,

membri del servizio giuridico del Parlamento, in qualità di agenti,

con domicilio eletto in Lussemburgo

presso il segretariato generale del Parlamento europeo,

Plateau du Kirchberg,

 

ricorrente,

 

 

contro

 

 

Consiglio delle Comunità europee,

 

rappresentato dai sigg. A.A. Dashwood,

direttore,

F. van Craeyenest,

amministratore principale,

e dalla sig.ra B. Laloux,

membro del servizio giuridico del Consiglio,

in qualità di agenti,

con domicilio eletto in Lussemburgo presso il sig. J. Kaeser,

direttore del servizio giuridico della Banca europea per gli investimenti,

100, boulevard Konrad Adenauer,

 

convenuto,

 

 

avente ad oggetto l’annullamento della decisione 87/373/CEE del Consiglio, del 13 luglio 1987, che stabilisce le modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione,

 

 

LA CORTE,

 

 

composta dai signori Mackenzie Stuart, presidente, G. Bosco, O. Due, J.C. Moitinho de Almeida, G.C. Rodríguez Iglesias, presidenti di sezione, T. Koopmans, U. Everling, K. Bahlmann, Y. Galmot, C.N. Kakouris, R. Joliet, T.F. O’Higgins, F.A. Schockweiler, giudici,

 

avvocato generale : M. Darmon

 

cancelliere : J.A. Pompe, vicecancelliere

 

vista la relazione d’udienza ed in seguito alla trattazione orale del 24 marzo 1988,

 

sentite le conclusioni dell’avvocato generale presentate all’udienza del 26 maggio 1988,

 

ha pronunziato la seguente

 

 

Sentenza

 

 

Motivazione della sentenza

 

1 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 2 ottobre 1987, il Parlamento europeo ha proposto, a norma dell’art. 173, primo comma, del trattato CEE, un ricorso volto all’annullamento della decisione 87/373/CEE del Consiglio, del 13 luglio 1987 ( GU L 197, pag. 33 ), che stabilisce le modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione.

 

2 Con questa decisione, fondata sull’art. 145 del trattato CEE così come modificato dall’art. 10 dell’Atto unico europeo, il Consiglio ha definito le modalità cui può sottoporre l’esercizio dei poteri delegati alla Commissione per l’esecuzione delle norme da esso emanate ed ha adottato le disposizioni che disciplinano la composizione, il funzionamento ed il compito dei comitati dei rappresentanti degli Stati membri chiamati ad intervenire.

 

3 Il Consiglio ha sollevato un’eccezione d’irricevibilità ai sensi dell’art. 91, primo comma, del regolamento di procedura della Corte ed ha chiesto alla Corte di statuire sull’eccezione senza impegnare la discussione nel merito.

 

4 A sostegno dell’eccezione il Consiglio afferma che l’art. 173, primo comma, del trattato, non contempla in modo esplicito che il Parlamento europeo possa proporre un ricorso d’annullamento. Questa facoltà non potrebbe essergli riconosciuta facendo leva sulla necessità di garantire la coerenza dei mezzi d’impugnazione. Infatti, l’intervento e il ricorso per carenza, cui il Parlamento è legittimato, sarebbero indipendenti dal ricorso d’annullamento, come la Corte ha osservato nelle sentenze 29 ottobre 1980 ( causa 138/79, Roquette frères / Consiglio, Racc. pag. 3333, e causa 139/79, Maïzena GmbH / Consiglio, Racc. pag. 3393 ), e 22 maggio 1985, causa 13/83, Parlamento europeo / Consiglio, "trasporti", Racc. pag. 1513 ).

 

5 Il Consiglio sostiene ancora che né la sentenza 23 aprile 1986 ( causa 294/83, Parti écologiste "Les Verts" / Parlamento europeo, Racc. pag. 1339 ), né la sentenza 3 luglio 1986 ( causa 34/86, Consiglio / Parlamento europeo, "bilancio", Racc. pag. 2155 ), avallano la conclusione che la Corte abbia implicitamente riconosciuto al Parlamento la legittimazione ad esperire l’azione d’annullamento. La precitata sentenza 23 aprile 1986 "Les Verts" si fonderebbe sull’esigenza di garantire una tutela giurisdizionale contro gli atti i cui effetti giuridici si manifestano nei confronti dei terzi, qualunque sia l’istituzione che ha emanato l’atto. Non sarebbe possibile inferirne che vi debba essere un parallelismo fra la partecipazione passiva e la partecipazione attiva del Parlamento al contenzioso in materia di legittimità. Tanto meno si potrebbe dedurre un parallelismo del genere dalla precitata sentenza 3 luglio 1986, "bilancio", dato che tutti gli atti che il Consiglio adotta nell’ambito della procedura di bilancio sono comunque d’indole meramente preparatoria.

 

6 Il 20 gennaio 1988 la Corte ha deciso di statuire sull’eccezione del Consiglio senza impegnare la discussione nel merito.

 

7 Per una più ampia illustrazione degli antefatti, dello svolgimento del procedimento e dei mezzi ed argomenti delle parti si fa rinvio alla relazione d’udienza. Questi elementi del fascicolo sono riprodotti in prosieguo solo nella misura necessaria per il ragionamento della Corte.

 

8 Occorre rilevare innanzitutto che le parti hanno correttamente incentrato la discussione sul primo comma dell’art. 173 del trattato.

 

9 Infatti, l’art. 173 contrappone il diritto di ricorso delle istituzioni, disciplinato nel primo comma, al diritto di ricorso dei singoli, persone fisiche e giuridiche, di cui determina le condizioni d’esperimento nel secondo comma. Il Parlamento europeo, che è una delle istituzioni della Comunità enumerate dall’art. 4 del trattato, non è una persona giuridica.

 

10 Inoltre, va osservato che il sistema dell’art. 173, secondo comma, sarebbe comunque inadatto al ricorso d’annullamento del Parlamento europeo. Infatti, il contenuto stesso dell’atto impugnato deve riguardare direttamente ed individualmente i ricorrenti contemplati nell’art. 173, secondo comma. Ora, il Parlamento non potrebbe contestare il contenuto dell’atto, bensì il mancato rispetto delle norme di procedura che impongono il suo intervento. D’altronde, l’art. 173, secondo comma, si riferisce solo ad una ristretta categoria di atti, e cioè atti di portata individuale, mentre il Parlamento europeo intende ottenere il riconoscimento di un diritto di ricorso contro atti di portata generale.

 

11 Si deve pertanto accertare se il Parlamento europeo possa ottenere il riconoscimento, tramite l’interpretazione dell’art. 173, primo comma, della legittimazione ad esperire l’azione d’annullamento contro gli atti del Consiglio o della Commissione.

 

12 Come risulta dagli artt. 143 e 144 del trattato, il Parlamento europeo dispone del potere di controllare politicamente la Commissione, la quale, a termini dell’art. 155, "vigila sull’applicazione delle disposizioni del presente trattato e delle disposizioni adottate dalle istituzioni in virtù del trattato stesso", e di censurarla, se occorre, qualora non adempia correttamente questo incarico. Il controllo politico del Parlamento europeo si esercita poi tramite i dibattiti che esso può organizzare in merito a questioni particolari o generali e che gli consentono di adottare mozioni sulla politica seguita dal Consiglio o dalla Commissione.

 

13 D’altronde, indipendentemente dai poteri in materia di bilancio, riconosciutigli dai trattati di Lussemburgo 22 aprile 1970 e di Bruxelles 22 luglio 1975, e dal potere di codecisione che, dopo l’adozione dell’Atto unico europeo, esso detiene in materia di adesione e di accordi di associazione, il Parlamento europeo è in grado di influire sul contenuto degli atti normativi adottati dal Consiglio sia tramite i pareri emessi nell’ambito della procedura di consultazione, sia tramite le prese di posizione nell’ambito della procedura di cooperazione.

 

14 Va sottolineato che il Parlamento europeo è stato dotato, come risulta dall’art. 175, primo comma, del trattato, del diritto di fare accertare la carenza della Commissione o del Consiglio e di far così cessare una paralisi dei meccanismi decisionali che potrebbero impedirgli di esercitare i suoi poteri. Il Parlamento europeo ha altresì la facoltà di far sentire la sua voce dinanzi alla Corte intervenendo nelle controversie di cui sia stata investita, come risulta dall’art. 37 dello statuto della Corte.

 

15 Dal diritto di fare accertare un comportamento omissivo e di intervenire nelle controversie portate dinanzi alla Corte non deriva, contrariamente a quanto sostiene il Parlamento europeo, che quest’ultimo debba ottenere il riconoscimento della possibilità di proporre il ricorso d’annullamento.

 

16 Fra il ricorso d’annullamento e il ricorso per carenza non vi è un vincolo necessario. Ciò risulta dal fatto che il ricorso per carenza consente al Parlamento europeo di provocare l’adozione di atti che non possono sempre essere impugnati con l’azione d’annullamento. Infatti, come risulta dalla sentenza 12 luglio 1988 ( causa 377/87, Parlamento europeo / Consiglio, Racc. 1988, pag. 0000 ), sino a quando il Consiglio non abbia presentato un progetto di bilancio, il Parlamento può ottenere una sentenza che dichiari la carenza del Consiglio, dato che, costituendo un atto preparatorio, il progetto non potrebbe essere impugnato in forza dell’art. 173.

 

17 E stato ancora dedotto l’argomento che, non potendo proporre il ricorso d’annullamento, il Parlamento europeo, dopo aver richiesto al Consiglio e alla Commissione di agire, ai sensi dell’art. 175, si troverebbe nell’impossibilità di contestare un rifiuto esplicito di agire che gli venisse opposto. Tuttavia, questo argomento si fonda su di una premessa erronea. Infatti, un rifiuto di agire, pur essendo esplicito, può essere deferito alla Corte a norma dell’art. 175 in quanto non fa venir meno la carenza.

 

18 Non vi è nemmeno un vincolo necessario fra il diritto d’intervento e la possibilità di proporre un ricorso. Ai sensi dell’art. 37, secondo comma, dello statuto ( CEE ) della Corte di giustizia, il diritto d’intervento dei singoli presuppone un semplice "interesse alla soluzione di una controversia" proposta alla Corte, mentre la ricevibilità di un ricorso d’annullamento da essi proposto è subordinata alla condizione che siano destinatari dell’atto di cui chiedono l’annullamento o che perlomeno detto atto li riguardi direttamente ed individualmente. In secondo luogo, ai sensi dell’art. 37, primo comma, il Parlamento europeo ha il diritto di intervenire in controversie come quelle vertenti sugli inadempimenti degli Stati, mentre l’iniziativa di deferirli alla Corte è riservata alla Commissione e agli Stati membri.

 

19 Il Parlamento europeo sostiene poi ancora che l’art. 173, primo comma, del trattato, è espressione di un principio di uguaglianza delle istituzioni che vi sono menzionate in modo esplicito, nel senso che ognuna di esse potrebbe proporre un ricorso contro gli atti dell’altra così come i propri atti potrebbero essere sottoposti dall’altra istituzione al sindacato della Corte. Dato che la Corte ha dichiarato che gli atti del Parlamento europeo che producono effetti giuridici potevano essere impugnati con ricorso d’annullamento, essa dovrebbe decidere, per mantenere l’equilibrio istituzionale, che il Parlamento europeo è legittimato ad impugnare gli atti del Consiglio e della Commissione.

 

20 A questo proposito va ricordato che la Corte ha dichiarato nella sentenza 23 aprile 1986 ( Parti écologiste "Les Verts" / Parlamento europeo, precitata ) che gli atti del Parlamento europeo che producono effetti giuridici nei confronti di terzi potevano essere impugnati con ricorso d’annullamento perché un’interpretazione che li avesse esclusi dall’ambito di questa azione avrebbe prodotto un risultato contrario all’economia del trattato che aveva inteso istituire un sistema di tutela giurisdizionale completo nei confronti degli atti delle istituzioni comunitarie che producono effetti giuridici.

 

21 Il raffronto fra l’art. 38 del trattato CECA, cui la Corte ha fatto specificamente riferimento nella sentenza "Les Verts", e l’art. 33 di detto trattato dimostra tuttavia che, nell’economia dei trattati, quando gli atti del Parlamento europeo sono stati sottoposti ad un sindacato di legittimità, il Parlamento europeo non è stato per ciò stesso legittimato a prendere l’iniziativa di un ricorso diretto contro gli atti delle altre istituzioni. L’argomento del Parlamento europeo secondo cui dovrebbe sussistere un parallellismo fra legittimazione passiva e legittimazione attiva nel contenzioso in materia di legittimità va pertanto respinto.

 

22 Il Parlamento europeo sostiene poi che la Corte lo avrebbe implicitamente legittimato ad esperire l’azione d’annullamento nella sentenza 3 luglio 1986 ( Consiglio / Parlamento europeo, "Bilancio", precitata ).

 

23 A tal proposito va osservato che la procedura di bilancio di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’art. 203 del trattato è caratterizzata da successive delibere dei due rami dell’autorità di bilancio, nel corso delle quali ognuno di essi, attenendosi alle modalità di voto stabilite dal trattato, può reagire alle prese di posizione dell’altro. Ognuna di queste delibere fa parte degli atti preparatori che concorrono all’elaborazione del bilancio. Quest’ultimo, come risulta dalla sentenza 3 luglio 1986 ( Consiglio / Parlamento europeo, "bilancio", precitata ) diventa giuridicamente vincolante solo alla fine della procedura, cioè quando, ai sensi del n. 7 dell’art. 203 del trattato, il presidente del Parlamento constati, in quanto organo di questa istituzione, che il bilancio è definitivamente adottato.

 

24 Ne deriva che in materia di approvazione del bilancio l’unico atto che possa essere annullato emana da un organo del Parlamento e va pertanto attribuito a questa stessa istituzione. Di conseguenza, il Parlamento europeo non può valersi dei poteri in materia di bilancio conferitigli dai precitati trattati di Lussemburgo e di Bruxelles, poteri che non sono d’altronde in discussione nel caso di specie, per ottenere il riconoscimento del diritto ad esperire l’azione di annullamento contro gli atti emanati dalla Commissione e dal Consiglio.

 

25 Il Parlamento europeo ha ancora sostenuto che non potendo proporre il ricorso d’annullamento non sarebbe in grado di difendere le proprie prerogative nei confronti delle altre istituzioni.

 

26 Va osservato in proposito che sin dall’origine il Parlamento europeo ha avuto il potere di partecipare, in via consultiva, al processo di elaborazione degli atti normativi, ma che non gli è stata per questo concessa la possibilità di esperire l’azione di annullamento. Le prerogative del Parlamento sono state incrementate dall’Atto unico europeo che ha sancito un potere di codecisione del Parlamento in materia di adesione e di accordi di associazione ed ha istituito una procedura di cooperazione in taluni casi determinati, senza che tuttavia vi siano state modifiche all’art. 173 del trattato.

 

27 Oltre ai surricordati diritti riconosciuti al Parlamento europeo dall’art. 175, il trattato offre i mezzi per deferire al sindacato della Corte gli atti del Consiglio adottati in spregio delle prerogative del Parlamento. Anche se l’art. 173, primo comma, consente in via generale a tutti gli Stati membri di agire per l’annullamento di tali atti, l’art. 155 del trattato attribuisce in modo specifico alla Commissione la responsabilità di vigilare affinché le prerogative del Parlamento vengano rispettate e di proporre a questo scopo i ricorsi d’annullamento che si rendessero necessari. D’altronde, qualunque persona fisica o giuridica può, in caso di disconoscimento delle prerogative del Parlamento europeo, dedurre il mezzo del mancato rispetto delle forme ad substantiam o della trasgressione del trattato onde ottenere l’annullamento dell’atto adottato o una dichiarazione incidentale di inapplicabilità di detto atto in forza dell’art. 184 del trattato. Del pari, l’illegittimità di un atto che possa ledere le prerogative del Parlamento europeo può essere eccepita dinanzi ad un giudice nazionale, il quale può chiedere alla Corte di pronunziarsi in via pregiudiziale sulla validità dell’atto di cui è causa.

 

28 Ne consegue che lo stato attuale della normativa in vigore non consente alla Corte di riconoscere al Parlamento europeo la legittimazione ad esperire l’azione di annullamento.

 

29 L’eccezione d’irrecivibilità va quindi accolta ed il ricorso dichiarato irricevibile.

 

Decisione relativa alle spese

 

Sulle spese

 

30 A norma dell’art. 69, § 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese. Poiché il Parlamento europeo è risultato soccombente, lo si deve condannare alle spese.

 

Dispositivo

 

Per questi motivi, la Corte

 

dichiara e statuisce :

 

1 ) Il ricorso è irricevibile.

 

2 ) Il Parlamento europeo è condannato alle spese.

 

                          (Seguono le firme)