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Corte di Giustizia dell’Unione europea (Sesta Sezione), 18 ottobre 2012

 

C-302/11, C-303/11, C-304/11, C-305/11, Valenza e altri c. Autorità Garante della Concorrenza e del mercato

 

nelle cause riunite da C‑302/11 a C‑305/11,

aventi ad oggetto alcune domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato, con decisioni del 29 aprile 2011, pervenute in cancelleria il 17 giugno 2011, nei procedimenti

Rosanna Valenza (C‑302/11 e C‑304/11),

Maria Laura Altavista (C‑303/11),

Laura Marsella,

Simonetta Schettini,

Sabrina Tomassini (C‑305/11)

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta dal sig. U. Lõhmus, facente funzioni di presidente della Sesta Sezione, e dai sigg. A. Arabadjiev e C.GFernlund (relatore), giudici,

avvocato generale: sig.ra E. Sharpston

cancelliere: sig.ra A. Impellizzeri, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 giugno 2012,

considerate le osservazioni presentate:

–        per le sig.re Valenza e Altavista, da G. Pafundi, avvocato;

–        per le sig.re Marsella, Schettini e Tomassini, da G. Arrigo e G. Patrizi, avvocati;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da S. Varone, avvocato dello Stato;

–        per la Commissione europea, da M. van Beek e C. Cattabriga, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione delle clausole 4 e 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro») e figurante quale allegato della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175, pag. 43).

2        Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie rispettivamente instaurate dalle sig.re Valenza, Altavista, Marsella, Schettini e Tomassini contro l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (in prosieguo: l’«AGCM»), e aventi ad oggetto il rifiuto di quest’ultima di prendere in considerazione, ai fini della determinazione dell’anzianità delle predette al momento della loro assunzione a tempo indeterminato, nell’ambito di una specifica procedura di stabilizzazione del loro rapporto di lavoro come dipendenti di ruolo, i periodi di servizio da esse precedentemente compiuti presso l’autorità medesima nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato.

 Contesto normativo

 La normativa dell’Unione

3        Risulta dal considerando 14 della direttiva 1999/70 – la quale si fonda sull’articolo 139, paragrafo 2, CE – che le parti contraenti dell’accordo quadro hanno inteso, mediante la conclusione dello stesso, migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo l’applicazione del principio di non discriminazione, e creare un quadro per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato.

4        Ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 1999/70, quest’ultima mira ad «attuare l’accordo quadro (...), che figura nell’allegato, concluso (...) fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE)».

5        L’articolo 2, primo e terzo comma, di detta direttiva così dispone:

«Gli Stati membri mettono in atto le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi entro il 10 luglio 2001 o si assicurano che, entro tale data, le parti sociali introducano le disposizioni necessarie mediante accordi. Gli Stati membri devono prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti dalla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

(...)

Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al primo [comma], queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da tale riferimento all’atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono stabilite dagli Stati membri».

6        Ai sensi del suo articolo 3, la direttiva 1999/70 è entrata in vigore il 10 luglio 1999, data della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

7        Ai sensi della clausola 1 dell’accordo quadro, l’obiettivo di quest’ultimo è:

«a)      migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione;

b)      creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato».

8        La clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro è formulata come segue:

«Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro».

9        La clausola 3 dell’accordo quadro così recita:

«1.      Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo determinato” indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico.

2.      Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo indeterminato comparabile” indica un lavoratore con un contratto o un rapporto di lavoro di durata indeterminata appartenente allo stesso stabilimento e addetto a lavoro/occupazione identico o simile, tenuto conto delle qualifiche/competenze.

      In assenza di un lavoratore a tempo indeterminato comparabile nello stesso stabilimento, il raffronto si dovrà fare in riferimento al contratto collettivo applicabile o, in mancanza di quest’ultimo, in conformità con la legge, i contratti collettivi o le prassi nazionali».

10      La clausola 4 dell’accordo quadro, intitolata «Principio di non discriminazione», prescrive quanto segue:

«1.      Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive.

(...)

4.      I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive».

11      La clausola 5 dell’accordo quadro, intitolata «Misure di prevenzione degli abusi», recita:

«1.      Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:

a)      ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;

b)      la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;

c)      il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.

2.      Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:

a)      devono essere considerati “successivi”;

b)      devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato».

 La normativa italiana

12      L’articolo 3 della Costituzione della Repubblica italiana sancisce il principio della parità di trattamento.

13      Ai sensi dell’articolo 97 della suddetta Costituzione:

«Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge».

14      L’articolo 1, comma 519, della legge del 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007) (Supplemento ordinario alla GURI n. 299, del 27 dicembre 2006; in prosieguo: la «legge n. 296/2006»), così dispone:

«Per l’anno 2007 una quota pari al 20 per cento del fondo di cui al comma 513 è destinata alla stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, che ne faccia istanza, purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse si provvede previo espletamento di prove selettive (…)».

15      Dalle informazioni fornite alla Corte dal governo italiano risulta che tale stabilizzazione, essendo realizzata tramite un provvedimento amministrativo adottato al termine di un procedimento previsto dalla legge, conferisce al suo beneficiario lo status di impiegato pubblico, che lo distingue così dal «lavoratore dipendente da una pubblica amministrazione» sulla base di un contratto di diritto privato.

16      L’articolo 75, comma 2, del decreto‑legge del 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (Supplemento ordinario alla GURI n. 147, del 25 giugno 2008), è così formulato:

«Presso le (...) Autorità [indipendenti] il trattamento economico del personale già interessato dalle procedure di cui all’articolo 1, comma 519 della legge [n. 296/2006] è determinato al livello iniziale e senza riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata nei contratti a termine o di specializzazione, senza maggiori spese e con l’attribuzione di un assegno “ad personam”, riassorbibile e non rivalutabile pari all’eventuale differenza tra il trattamento economico conseguito e quello spettante all’atto del passaggio in ruolo».

17      L’articolo 36 del decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (Supplemento ordinario alla GURI n. 106, del 9 maggio 2001), dispone quanto segue:

«1.      Per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall’articolo 35.

2.      Per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni pubbliche possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti. Ferma restando la competenza delle amministrazioni in ordine alla individuazione delle necessità organizzative in coerenza con quanto stabilito dalle vigenti disposizioni di legge, i contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti di lavoro a tempo determinato (...). (...)

(...)

5.      In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l’obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave. (...)

(...)».

 Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

18      A seguito di loro istanza di stabilizzazione presentata il 27 gennaio 2007 a norma della legge n. 296/2006, le ricorrenti nei procedimenti principali, che erano tutte alle dipendenze dell’AGCM nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione, sono state assunte dalla suddetta autorità con contratto di lavoro a tempo indeterminato con collocamento in ruolo a partire dal 17 maggio 2007.

19      Con deliberazione in data 17 luglio 2008, l’AGCM ha inquadrato le ricorrenti nei procedimenti principali, con effetto retroattivo dal 17 maggio 2007, nel livello iniziale della categoria retributiva che esse avevano conseguito al momento dell’instaurazione del pregresso rapporto a tempo determinato, senza riconoscere l’anzianità acquisita in forza dei suddetti contratti a termine, e ha attribuito loro un assegno «ad personam» pari alla differenza tra il trattamento economico di cui godevano alla data del 17 maggio 2007 e quello derivante dalla loro stabilizzazione.

20      Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Sede di Roma ha respinto i ricorsi proposti dalle ricorrenti nei procedimenti principali avverso la suddetta deliberazione, segnatamente a motivo del fatto che la procedura di stabilizzazione consente una deroga alla regola del concorso pubblico, ma non anche il riconoscimento dell’anzianità maturata durante l’attività a tempo determinato.

21      Le ricorrenti nei procedimenti principali hanno interposto appello contro tale pronuncia dinanzi al Consiglio di Stato. A questo proposito, esse deducono una violazione della clausola 4 dell’accordo quadro, in ragione del fatto che il regime di stabilizzazione istituito dalla legge n. 296/2006 azzera l’anzianità pregressa maturata durante l’attività a tempo determinato, malgrado che le mansioni svolte continuino ad essere le stesse e che vi sia stata un’abusiva reiterazione di contratti di lavoro a tempo determinato.

22      Il Consiglio di Stato osserva che la normativa nazionale in questione nei procedimenti principali ha consentito l’assunzione diretta di lavoratori precari in deroga alla regola del pubblico concorso per l’accesso al pubblico impiego, ma con inquadramento in ruolo nel livello iniziale della categoria retributiva, senza conservazione dell’anzianità maturata durante il rapporto a termine.

23      Secondo il giudice remittente, il legislatore nazionale non ha inteso, con tale normativa, procedere alla regolarizzazione di assunzioni a tempo determinato a carattere illegittimo e abusivo mediante la conversione di contratti di lavoro a tempo determinato in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, in ragione di un ricorso abusivo a tale tipo di contratti in violazione della clausola 5 dell’accordo quadro. Al contrario, il legislatore avrebbe ritenuto che l’anzianità maturata nel periodo di lavoro a tempo determinato costituisse un titolo legittimante la creazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in deroga alla regola del concorso pubblico per l’accesso ai ruoli della pubblica amministrazione. In tale contesto, l’azzeramento dell’anzianità sarebbe giustificato dalla necessità di evitare una discriminazione alla rovescia in danno dei lavoratori già di ruolo, assunti a tempo indeterminato a seguito di un concorso pubblico. Infatti, se i beneficiari della stabilizzazione potessero mantenere la loro anzianità, scavalcherebbero i lavoratori già di ruolo con minore anzianità.

24      Il Consiglio di Stato ricorda, inoltre, che nel pubblico impiego vige la regola del divieto di conversione di un contratto di lavoro a tempo determinato in un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Orbene, nell’ordinanza del 1º ottobre 2010, Affatato (C‑3/10), la Corte avrebbe riconosciuto la legittimità di tale divieto.

25      Infine, il Consiglio di Stato sottolinea che, nella propria sentenza del 23 febbraio 2011, n. 1138, esso ha altresì escluso l’incompatibilità della normativa controversa nei procedimenti principali con l’accordo quadro, a motivo del fatto che quest’ultimo vieta un trattamento deteriore del lavoratore a termine rispetto al lavoratore a tempo indeterminato soltanto in costanza del rapporto di lavoro a termine. Per contro, detto accordo quadro non impedirebbe di troncare il rapporto a termine alla scadenza stabilita e di costituire, in prosieguo, un nuovo rapporto di lavoro a tempo indeterminato, senza tener conto della pregressa anzianità, in quanto si tratterebbe appunto di un nuovo rapporto. Pertanto, l’accordo quadro non sarebbe applicabile. Per giunta, il divieto di discriminazione del lavoratore a termine non potrebbe spingersi fino a imporre una discriminazione alla rovescia in danno del lavoratore a tempo indeterminato. Pertanto, si dovrebbe riconoscere che l’applicazione di criteri differenti ai lavoratori a tempo determinato e a quelli a tempo indeterminato è giustificata da motivazioni oggettive ai sensi della clausola 4, punto 4, dell’accordo quadro.

26      Tuttavia, il Consiglio di Stato rileva che il Tribunale del lavoro di Torino, nella sua sentenza del 9 novembre 2009, n. 4148, ha ritenuto che il rispetto della clausola 4, punto 4, dell’accordo quadro esiga il mantenimento dell’anzianità pregressa in caso di conversione di un rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Malgrado che tale pronuncia riguardasse circostanze differenti da quelle del caso di specie, ne risulterebbe, ad avviso del Consiglio di Stato, un contrasto interpretativo in ordine alla disposizione suddetta. Si delineerebbe dunque un dubbio quanto alla compatibilità delle norme nazionali in questione nei procedimenti principali con il diritto dell’Unione.

27      Sulla scorta di tali premesse, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la previsione [della] clausola 4, [punto] 4, [dell’accordo quadro], secondo cui “[i] criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”, in combinato disposto con la clausola 5 [del suddetto accordo], come già interpretata dalla Corte di giustizia, secondo cui è legittima la disciplina italiana che, nel pubblico impiego, vieta la conversione del contratto di lavoro a termine in contratto di lavoro a tempo indeterminato, osti alla disciplina nazionale della stabilizzazione dei precari (articolo 1, comma 519, della legge n. 296/2006) che ha consentito l’assunzione diretta a tempo indeterminato dei lavoratori già assunti a tempo determinato, in deroga alla regola del concorso pubblico, ma con azzeramento dell’anzianità maturata durante il periodo di lavoro a tempo determinato, o se invece la perdita dall’anzianità, prevista dal legislatore nazionale, rientri nella deroga per “motivazioni oggettive” da ravvisarsi nell’esigenza di evitare che l’immissione in ruolo dei precari avvenga a detrimento dei lavoratori già di ruolo, il che si determinerebbe se ai precari fosse conservata l’anzianità pregressa.

2)      Se la citata previsione [della] clausola 4, [punto] 4, [dell’accordo quadro], secondo cui “[i] criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”, in combinato disposto con la clausola 5 [del suddetto accordo], come già interpretata dalla Corte di giustizia, secondo cui è legittima la disciplina italiana che, nel pubblico impiego, vieta la conversione del contratto di lavoro a termine in contratto di lavoro a tempo indeterminato, osti alla disciplina nazionale che, ferma restando la maturazione dell’anzianità in costanza di rapporto di lavoro a termine, stabilisca di chiudere il contratto a termine e instaurare un nuovo contratto a tempo indeterminato, diverso dal precedente e senza conservazione della pregressa anzianità (articolo 1, comma 519, della legge n. 296/2006)».

28      Con ordinanza del presidente della Corte del 20 luglio 2011, le cause da C‑302/11 a C‑305/11 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza.

 Sulle questioni pregiudiziali

29      Con le sue questioni, che occorre trattare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la clausola 4 dell’accordo quadro, letta in combinato disposto con la clausola 5 del medesimo, debba essere interpretata nel senso che osta ad una normativa nazionale, quale quella controversa nei procedimenti principali, la quale escluda totalmente che i periodi di servizio compiuti da un lavoratore a tempo determinato alle dipendenze di un’autorità pubblica siano presi in considerazione per determinare l’anzianità del lavoratore stesso al momento della sua assunzione a tempo indeterminato, da parte di questa medesima autorità, come dipendente di ruolo nell’ambito di una specifica procedura di stabilizzazione del suo rapporto di lavoro.

 Sull’applicabilità della clausola 4 dell’accordo quadro

30      Il governo italiano sostiene che la clausola 4 dell’accordo quadro non è applicabile ai procedimenti principali. Infatti, tale disposizione si limiterebbe a vietare qualsiasi differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo indeterminato e i lavoratori precari in costanza del rapporto di lavoro a termine. Orbene, i procedimenti principali non solleverebbero problemi attinenti alla comparazione tra queste due categorie di lavoratori, in quanto il precedente contratto di lavoro a tempo determinato sarebbe concepito dalla normativa nazionale controversa nei giudizi a quibus come un titolo legittimante per l’ottenimento di un contratto di lavoro a tempo indeterminato in deroga alla regola del concorso pubblico per l’accesso ai ruoli della pubblica amministrazione. Tale contratto di lavoro a tempo determinato costituirebbe dunque solo un presupposto per accedere alla speciale procedura finalizzata ad un’autonoma assunzione nell’ambito di un rapporto a tempo indeterminato del tutto sganciato dal precedente. La procedura di stabilizzazione avrebbe dunque come effetto non già la trasformazione o la conversione di contratti di lavoro a tempo determinato conclusi abusivamente in violazione della clausola 5 dell’accordo quadro in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, bensì la creazione di un nuovo rapporto di lavoro comportante l’obbligo di sostenere un periodo di prova. Parallelamente, tale stabilizzazione porrebbe fine al rapporto di lavoro a tempo determinato, con conseguente obbligo di definire tutte le situazioni pendenti e di procedere, in particolare, alla liquidazione del trattamento di fine rapporto nonché alla monetizzazione dei giorni di ferie non goduti.

31      Mediante tale argomentazione, che ricalca per l’essenziale la valutazione compiuta dal Consiglio di Stato nelle odierne ordinanze di rinvio nonché nella sua sentenza del 23 febbraio 2011, n. 1138, il governo italiano fa dunque valere, in sostanza, che la clausola 4 dell’accordo quadro è inapplicabile in situazioni quali quelle oggetto dei procedimenti principali, in quanto la differenza di trattamento lamentata dalle ricorrenti nei giudizi a quibus, che dal 17 maggio 2007 sono legate all’AGCM da un contratto di lavoro a tempo indeterminato, sussiste rispetto ad altri lavoratori a tempo indeterminato.

32      A tale proposito occorre rammentare che, ai sensi della clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro, quest’ultimo si applica ai lavoratori a tempo determinato aventi un contratto o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro (sentenza dell’8 settembre 2011, Rosado Santana, C‑177/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 39).

33      La Corte ha già statuito che la direttiva 1999/70 e l’accordo quadro trovano applicazione nei confronti di tutti i lavoratori che forniscono prestazioni retribuite nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo determinato che li lega al loro datore di lavoro (sentenze del 13 settembre 2007, Del Cerro Alonso, C‑307/05, Racc. pag. I‑7109, punto 28, e Rosado Santana, cit., punto 40).

34      Il semplice fatto che le ricorrenti nei procedimenti principali abbiano acquisito la qualità di lavoratrici a tempo indeterminato non esclude la possibilità per loro di avvalersi, in determinate circostanze, del principio di non discriminazione enunciato nella clausola 4 dell’accordo quadro (v. sentenza Rosado Santana, cit., punto 41, nonché, in tal senso, sentenza dell’8 marzo 2012, Huet, C‑251/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 37).

35      Infatti, nei procedimenti principali, le ricorrenti mirano essenzialmente, nella loro qualità di lavoratrici a tempo indeterminato, a mettere in discussione una differenza di trattamento applicata nel valutare l’anzianità e l’esperienza professionale pregresse ai fini di una procedura di assunzione al termine della quale esse sono divenute dipendenti di ruolo. Mentre i periodi di servizio compiuti in qualità di lavoratori a tempo indeterminato verrebbero presi in considerazione ai fini della determinazione dell’anzianità e dunque per la fissazione del livello della retribuzione, quelli effettuati in qualità di lavoratori a tempo determinato non lo sarebbero, senza che, a loro avviso, vengano esaminate la natura delle mansioni svolte e le caratteristiche inerenti a queste ultime. Poiché la discriminazione contraria alla clausola 4 dell’accordo quadro, di cui le ricorrenti nei procedimenti principali si asseriscono vittime, riguarda i periodi di servizio compiuti in qualità di lavoratrici a tempo determinato, nessun rilievo presenta la circostanza che esse nel frattempo siano divenute lavoratrici a tempo indeterminato (v., in tal senso, sentenza Rosado Santana, cit., punto 42).

36      Inoltre, occorre rilevare che la clausola 4 dell’accordo quadro prevede, al punto 4, che i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro debbano essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato che per i lavoratori a tempo indeterminato, salvo quando criteri differenti siano giustificati da ragioni oggettive. Non risulta né dal testo di detta disposizione, né dal contesto in cui questa si colloca, che essa cessi di essere applicabile una volta che il lavoratore interessato abbia acquisito lo status di lavoratore a tempo indeterminato. Infatti, gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 1999/70 e dall’accordo quadro, diretti sia a vietare le discriminazioni, sia a prevenire gli abusi risultanti dal ricorso a contratti o a rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione, depongono in senso contrario (sentenza Rosado Santana, cit., punto 43).

37      Escludere a priori l’applicazione dell’accordo quadro in situazioni come quelle di cui ai procedimenti principali significherebbe limitare – in spregio all’obiettivo assegnato a detta clausola 4 – l’ambito della protezione concessa ai lavoratori interessati contro le discriminazioni e porterebbe ad un’interpretazione indebitamente restrittiva di tale clausola, contraria alla giurisprudenza della Corte (sentenza Rosado Santana, cit., punto 44 e la giurisprudenza ivi citata).

38      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rilevare che, contrariamente all’interpretazione sostenuta dal governo italiano, nulla osta all’applicabilità della clausola 4 dell’accordo quadro alle controversie oggetto dei procedimenti principali.

 Sull’interpretazione della clausola 4 dell’accordo quadro

39      Occorre ricordare che la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro vieta che, per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato siano trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o un rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che un diverso trattamento non sia giustificato da ragioni oggettive. Il punto 4 di tale clausola enuncia il medesimo divieto per quanto riguarda i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro (sentenza Rosado Santana, cit., punto 64).

40      Secondo una costante giurisprudenza, il principio di non discriminazione impone che situazioni comparabili non siano trattate in modo differente e che situazioni differenti non siano trattate in modo identico, a meno che un tale trattamento non sia oggettivamente giustificato (sentenza Rosado Santana, cit., punto 65 e la giurisprudenza ivi citata).

41      Occorre dunque, anzitutto, esaminare la comparabilità delle situazioni in esame e poi, in un secondo momento, verificare l’esistenza di un eventuale giustificazione oggettiva.

 Sulla comparabilità delle situazioni in esame

42      Per stabilire se le persone interessate esercitino un lavoro identico o simile ai sensi dell’accordo quadro, occorre, in conformità alle clausole 3, punto 2, e 4, punto 1, di quest’ultimo, verificare se, tenuto conto di un insieme di fattori, quali la natura del lavoro, le condizioni di formazione e le condizioni di impiego, sia possibile ritenere che tali persone si trovino in situazioni comparabili (ordinanza del 18 marzo 2011, Montoya Medina, C‑273/10, punto 37; sentenza Rosado Santana, cit., punto 66, e ordinanza del 9 febbraio 2012, Lorenzo Martínez, C‑556/11, punto 43).

43      Spetta, in linea di principio, al giudice del rinvio verificare se le ricorrenti nei procedimenti principali, allorché esercitavano le loro funzioni presso l’AGCM nell’ambito di un contratto di lavoro a tempo determinato, si trovassero in una situazione comparabile a quella dei dipendenti di ruolo assunti a tempo indeterminato da questa stessa autorità (v. sentenza Rosado Santana, cit., punto 67, e ordinanza Lorenzo Martínez, cit., punto 44).

44      Infatti, la natura delle funzioni espletate dalle ricorrenti nei procedimenti principali durante gli anni nei quali hanno lavorato presso gli uffici dell’AGCM nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato, nonché la qualità dell’esperienza da esse acquisita a tale titolo, non costituiscono soltanto uno dei fattori atti a giustificare oggettivamente una differenza di trattamento rispetto ai dipendenti di ruolo. Esse rientrano altresì nel novero dei criteri che permettono di verificare se le interessate si trovino in una situazione comparabile a quella di detti dipendenti di ruolo (v., in tal senso, sentenza Rosado Santana, cit., punto 69).

45      Nella specie, consta che le ricorrenti nei procedimenti principali, beneficiarie della procedura di stabilizzazione, non hanno superato – a differenza dei dipendenti di ruolo – il concorso pubblico per l’accesso ai ruoli della pubblica amministrazione. Tuttavia, come giustamente sostenuto dalla Commissione, tale circostanza non può implicare che dette ricorrenti si trovino in una situazione differente, dal momento che le condizioni per la stabilizzazione fissate dal legislatore nazionale nella normativa controversa nei procedimenti principali, le quali concernono rispettivamente la durata del rapporto di lavoro a tempo determinato e il requisito dell’essere stati assunti a tale scopo mediante una procedura di selezione concorsuale o comunque prevista dalla legge, mirano appunto a consentire la stabilizzazione dei soli lavoratori a tempo determinato la cui situazione può essere assimilata a quella dei dipendenti di ruolo.

46      Quanto alla natura delle funzioni esercitate nelle fattispecie all’esame del giudice nazionale, non risulta chiaramente dai fascicoli a disposizione della Corte quali fossero le funzioni svolte dalle ricorrenti nei procedimenti principali durante gli anni nei quali hanno lavorato presso l’AGCM nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato, né quale fosse la relazione intercorrente tra tali funzioni e quelle affidate alle medesime ricorrenti in veste di dipendenti di ruolo.

47      Tuttavia, nelle loro osservazioni scritte presentate alla Corte, le ricorrenti nei procedimenti principali fanno valere – come rilevato anche dalla Commissione – che le funzioni da esse esercitate in veste di dipendenti di ruolo all’esito della procedura di stabilizzazione sono identiche a quelle precedentemente esercitate nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato. Inoltre, risulta dai chiarimenti dello stesso governo italiano in merito alla ragion d’essere della normativa nazionale controversa nei procedimenti principali che quest’ultima, assicurando l’assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori impiegati in precedenza a tempo determinato, mira a valorizzare l’esperienza acquisita da questi ultimi in seno all’AGCM. Tuttavia, spetta al giudice del rinvio effettuare le necessarie verifiche al riguardo.

48      Nell’ipotesi in cui le funzioni esercitate dalle ricorrenti nei procedimenti principali presso l’AGCM nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato non corrispondessero a quelle svolte da un dipendente di ruolo inquadrato nella pertinente categoria retributiva di tale autorità, la lamentata differenza di trattamento riguardante la presa in considerazione dei periodi di servizio al momento dell’assunzione delle ricorrenti nei procedimenti principali quali dipendenti di ruolo non sarebbe contraria alla clausola 4 dell’accordo quadro, dal momento che tale differenza di trattamento sarebbe correlata a situazioni differenti (v., per analogia, sentenza Rosado Santana, punto 68).

49      Per contro, nell’ipotesi in cui le funzioni esercitate dalle ricorrenti nei procedimenti principali presso l’AGCM nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato corrispondessero a quelle svolte da un dipendente di ruolo rientrante nella pertinente categoria retributiva di detta autorità, sarebbe necessario verificare se esista una ragione oggettiva che giustifichi la totale mancanza di presa in considerazione dei periodi di servizio maturati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato al momento dell’assunzione di dette ricorrenti quali dipendenti di ruolo e, dunque, del loro collocamento in ruolo (v., in tal senso, sentenza Rosado Santana, cit., punto 71).

 Sull’esistenza di una giustificazione oggettiva

50      Secondo una costante giurisprudenza della Corte, la nozione di «ragioni oggettive» ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro dev’essere intesa nel senso che essa non consente di giustificare una differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato con il fatto che tale differenza è prevista da una norma nazionale generale ed astratta, quale una legge o un contratto collettivo (sentenze Del Cerro Alonso, cit., punto 57, e del 22 dicembre 2010, Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres, C‑444/09 e C‑456/09, Racc. pag. I‑14031, punto 54; ordinanza Montoya Medina, cit., punto 40; sentenza Rosado Santana, cit., punto 72, nonché ordinanza Lorenzo Martínez, cit., punto 47).

51      La nozione suddetta esige che la disparità di trattamento constatata sia giustificata dall’esistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono la condizione di lavoro in questione, nel particolare contesto in cui essa si colloca e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se detta disparità risponda ad un reale bisogno, sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e sia necessaria a tal fine. I suddetti elementi possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle mansioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche inerenti alle mansioni stesse o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (v., in particolare, citate sentenze Del Cerro Alonso, punti 53 e 58, e Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres, punto 55; ordinanza Montoya Medina, cit., punto 41; sentenza Rosado Santana, cit., punto 73, nonché ordinanza Lorenzo Martínez, cit., punto 48).

52      Il richiamo alla mera natura temporanea del lavoro del personale della pubblica amministrazione non è conforme ai suddetti requisiti e non può dunque configurare una «ragione oggettiva» ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro. Infatti, ammettere che la mera natura temporanea di un rapporto di lavoro basti a giustificare una differenza di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato svuoterebbe di ogni sostanza gli obiettivi della direttiva 1999/70 e dell’accordo quadro ed equivarrebbe a perpetuare il mantenimento di una situazione svantaggiosa per i lavoratori a tempo determinato (sentenza Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres, cit., punti 56 e 57; ordinanza Montoya Medina, cit., punti 42 e 43; sentenza Rosado Santana, cit., punto 74, nonché ordinanza Lorenzo Martínez, cit., punti 49 e 50).

53      Nel caso di specie, per giustificare la differenza di trattamento lamentata nei procedimenti principali, il governo italiano fa valere l’esistenza di svariate differenze oggettive tra i dipendenti di ruolo e i lavoratori a tempo determinato successivamente assunti come dipendenti di ruolo.

54      Detto governo sottolinea, anzitutto, che tale assunzione nell’ambito della disciplina cosiddetta «di stabilizzazione» si realizza attraverso un procedimento che non presenta gli elementi caratteristici della procedura di concorso e che pertanto, in quanto deroga alle normali procedure di assunzione, non può costituire una valida ragione per la concessione di un trattamento superiore a quello previsto per il livello iniziale della categoria retributiva applicabile ai dipendenti di ruolo.

55      Poi, il governo italiano fa valere che la disciplina suddetta, concependo l’anzianità acquisita nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato come un presupposto per beneficiare della stabilizzazione e non come un elemento valutabile nell’ambito del nuovo rapporto di lavoro a tempo indeterminato, trova la propria giustificazione nella necessità di evitare una discriminazione alla rovescia in danno dei dipendenti di ruolo già collocati nel ruolo stesso. Infatti, se i lavoratori stabilizzati potessero conservare detta anzianità, la loro immissione in ruolo avverrebbe a discapito dei lavoratori già in ruolo, assunti a tempo indeterminato a seguito di pubblico concorso, ma con minore anzianità di servizio. Questi ultimi si troverebbero infatti inquadrati in ruolo ad un livello inferiore a quello dei beneficiari della stabilizzazione.

56      Infine, il governo italiano sottolinea che la presa in considerazione dell’anzianità acquisita in virtù di contratti di lavoro a tempo determinato si porrebbe in contrasto, da un lato, con l’articolo 3 della Costituzione della Repubblica italiana, letto nel senso di vietare che a situazioni maggiormente meritevoli sia applicato un trattamento deteriore, e, dall’altro, con l’articolo 97 della medesima Costituzione, il quale prevede che il concorso pubblico – quale meccanismo imparziale di selezione tecnica e neutrale dei più capaci sulla base del criterio del merito – costituisca la forma generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni allo scopo di soddisfare le esigenze di imparzialità e di efficienza dell’azione amministrativa.

57      A questo proposito, occorre ricordare che gli Stati membri, in considerazione del margine di discrezionalità di cui dispongono per quanto riguarda l’organizzazione delle loro amministrazioni pubbliche, possono, in linea di principio, senza violare la direttiva 1999/70 o l’accordo quadro, stabilire le condizioni per l’accesso alla qualifica di dipendente di ruolo nonché le condizioni di impiego di tali dipendenti di ruolo, in particolare qualora costoro fossero in precedenza impiegati da dette amministrazioni nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato (v., in tal senso, sentenza Rosado Santana, cit., punto 76).

58      Pertanto, come sottolineato dalla Commissione in udienza, l’esperienza professionale dei lavoratori a tempo determinato, rispecchiata dai periodi di servizio da essi compiuti presso l’amministrazione pubblica nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato, può costituire – così come previsto dalla normativa oggetto dei procedimenti principali, che subordina la stabilizzazione, segnatamente, al compimento di un periodo di servizio di tre anni nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato – un criterio di selezione ai fini di una procedura di assunzione come dipendente di ruolo.

59      Tuttavia, nonostante tale margine di discrezionalità, l’applicazione dei criteri che gli Stati membri stabiliscono deve essere effettuata in modo trasparente e deve poter essere controllata al fine di impedire qualsiasi trattamento deteriore dei lavoratori a tempo determinato sulla sola base della durata dei contratti o dei rapporti di lavoro che giustificano la loro anzianità e la loro esperienza professionale (v. sentenza Rosado Santana, cit., punto 77).

60      A questo proposito, occorre riconoscere che talune differenze invocate dal governo italiano riguardanti l’assunzione dei lavoratori impiegati a tempo determinato nell’ambito di procedure di stabilizzazione quali quelle oggetto dei procedimenti principali rispetto ai dipendenti di ruolo assunti al termine di un concorso pubblico, nonché concernenti le qualifiche richieste e la natura delle mansioni di cui i predetti devono assumere la responsabilità, potrebbero, in linea di principio, giustificare una diversità di trattamento quanto alle loro condizioni di impiego (v., in tal senso, sentenza Rosado Santana, cit., punto 78).

61      Qualora tale trattamento differenziato derivi dalla necessità di tener conto di esigenze oggettive attinenti all’impiego che deve essere ricoperto mediante la procedura di assunzione e che sono estranee alla durata determinata del rapporto di lavoro che intercorre tra il lavoratore e il suo datore di lavoro, detto trattamento può essere giustificato ai sensi della clausola 4, punto 1 e/o 4, dell’accordo quadro (v., in tal senso, sentenza Rosado Santana, cit., punto 79).

62      Nella specie, per quanto riguarda l’asserito obiettivo consistente nell’evitare il prodursi di discriminazioni alla rovescia in danno dei dipendenti di ruolo assunti a seguito del superamento di un concorso pubblico, occorre osservare che tale obiettivo, pur potendo costituire una «ragione oggettiva» ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro, non può comunque giustificare una normativa nazionale sproporzionata quale quella in questione nei procedimenti principali, la quale esclude totalmente e in ogni circostanza la presa in considerazione di tutti i periodi di servizio compiuti da lavoratori nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato ai fini della determinazione della loro anzianità in sede di assunzione a tempo indeterminato e, dunque, del loro livello di retribuzione. Infatti, una siffatta esclusione totale e assoluta è intrinsecamente fondata sulla premessa generale secondo cui la durata indeterminata del rapporto di lavoro di alcuni dipendenti pubblici giustifica di per sé stessa una diversità di trattamento rispetto ai dipendenti pubblici assunti a tempo determinato, svuotando così di sostanza gli obiettivi della direttiva 1999/70 e dell’accordo quadro.

63      Quanto alla circostanza ribadita in udienza dal governo italiano, secondo cui, nell’ordinamento nazionale, la procedura di stabilizzazione instaura un nuovo rapporto di lavoro, occorre ricordare che, indubbiamente, l’accordo quadro non fissa le condizioni alle quali è consentito fare ricorso ai contratti di lavoro a tempo indeterminato e non è finalizzato ad armonizzare l’insieme delle norme nazionali relative ai contratti di lavoro a tempo determinato. Infatti, detto accordo quadro mira unicamente, mediante la fissazione di principi generali e di prescrizioni minime, a istituire un quadro generale per garantire la parità di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli dalle discriminazioni, e a prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di rapporti di lavoro o di contratti di lavoro a tempo determinato (v. sentenza Huet, cit., punti 40 e 41 nonché la giurisprudenza ivi citata).

64      Tuttavia, il potere riconosciuto agli Stati membri per definire il contenuto delle loro norme nazionali riguardanti i contratti di lavoro non può spingersi fino a consentire loro di rimettere in discussione l’obiettivo o l’effetto utile dell’accordo quadro (v., in tal senso, sentenza Huet, cit., punto 43 e la giurisprudenza ivi citata).

65      Orbene, il principio di non discriminazione enunciato nella clausola 4 dell’accordo quadro sarebbe privato di qualsiasi contenuto se il semplice fatto che un rapporto di lavoro sia nuovo in base al diritto nazionale fosse idoneo a configurare una «ragione oggettiva» ai sensi della clausola suddetta, atta a giustificare una diversità di trattamento, quale quella lamentata nei procedimenti principali, riguardante la presa in considerazione – al momento dell’assunzione a tempo indeterminato, da parte di un’autorità pubblica, di lavoratori a tempo determinato – dell’anzianità acquisita da questi ultimi presso tale autorità nell’ambito dei loro contratti di lavoro a termine.

66      Per contro, occorre prendere in considerazione la natura particolare delle mansioni svolte dalle ricorrenti nei procedimenti principali.

67      A questo proposito bisogna riconoscere che, se nell’ambito della presente causa fosse dimostrato – conformemente alle deduzioni in tal senso svolte dalle ricorrenti nei procedimenti principali, rammentate al punto 47 della presente sentenza – che le funzioni svolte da queste ultime in veste di dipendenti di ruolo sono identiche a quelle che esse esercitavano in precedenza nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato, e se fosse vero che, come sostenuto dal governo italiano nelle sue osservazioni scritte, la normativa nazionale in questione mira a valorizzare l’esperienza acquisita dai dipendenti con contratto a termine in seno all’AGCM, simili elementi potrebbero suggerire che la mancata presa in considerazione dei periodi di servizio compiuti dai lavoratori a tempo determinato è in realtà giustificata soltanto dalla durata dei loro contratti di lavoro e, di conseguenza, che la diversità di trattamento in esame nei procedimenti principali non è basata su giustificazioni correlate alle esigenze oggettive degli impieghi interessati dalla procedura di stabilizzazione che possano essere qualificate come «ragioni oggettive» ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro.

68      Spetta però al giudice del rinvio, nei procedimenti a quibus, da un lato, verificare se la situazione delle ricorrenti di tali procedimenti fosse, con riguardo ai periodi di servizio da esse compiuti nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato, comparabile a quella di un altro dipendente dell’AGCM che avesse svolto i propri periodi di servizio in qualità di dipendente di ruolo nelle pertinenti categorie di funzioni, e, dall’altro, valutare, alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti 50‑52 della presente sentenza, se taluni degli argomenti presentati dall’AGCM dinanzi a esso giudice di rinvio costituiscano «ragioni oggettive» ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro (sentenza Rosado Santana, cit., punto 83).

69      Dato che la clausola 5 dell’accordo quadro è priva di rilevanza al riguardo, e che inoltre le ordinanze di rinvio non forniscono alcuna informazione concreta e precisa in merito ad un eventuale utilizzo abusivo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, non vi è luogo – così come sostenuto dalle ricorrenti nei procedimenti principali – per pronunciarsi in merito all’interpretazione della clausola suddetta.

70      Occorre infine ricordare che la clausola 4 dell’accordo quadro è incondizionata e sufficientemente precisa per poter essere invocata dai singoli nei confronti dello Stato dinanzi ad un giudice nazionale a partire dalla data di scadenza del termine concesso agli Stati membri per realizzare la trasposizione della direttiva 1999/70 (v., in tal senso, sentenza Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres, cit., punti 78‑83, 97 e 98; ordinanza Montoya Medina, cit., punto 46, nonché sentenza Rosado Santana, cit., punto 56).

71      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che la clausola 4 dell’accordo quadro, figurante quale allegato della direttiva 1999/70, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, quale quella controversa nei procedimenti principali, la quale escluda totalmente che i periodi di servizio compiuti da un lavoratore a tempo determinato alle dipendenze di un’autorità pubblica siano presi in considerazione per determinare l’anzianità del lavoratore stesso al momento della sua assunzione a tempo indeterminato, da parte di questa medesima autorità, come dipendente di ruolo nell’ambito di una specifica procedura di stabilizzazione del suo rapporto di lavoro, a meno che la citata esclusione sia giustificata da «ragioni oggettive» ai sensi dei punti 1 e/o 4 della clausola di cui sopra. Il semplice fatto che il lavoratore a tempo determinato abbia compiuto i suddetti periodi di servizio sulla base di un contratto o di un rapporto di lavoro a tempo determinato non configura una ragione oggettiva di tal genere.

 Sulle spese

72      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi,

la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

La clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 e figurante quale allegato della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, quale quella controversa nei procedimenti principali, la quale escluda totalmente che i periodi di servizio compiuti da un lavoratore a tempo determinato alle dipendenze di un’autorità pubblica siano presi in considerazione per determinare l’anzianità del lavoratore stesso al momento della sua assunzione a tempo indeterminato, da parte di questa medesima autorità, come dipendente di ruolo nell’ambito di una specifica procedura di stabilizzazione del suo rapporto di lavoro, a meno che la citata esclusione sia giustificata da «ragioni oggettive» ai sensi dei punti 1 e/o 4 della clausola di cui sopra. Il semplice fatto che il lavoratore a tempo determinato abbia compiuto i suddetti periodi di servizio sulla base di un contratto o di un rapporto di lavoro a tempo determinato non configura una ragione oggettiva di tal genere.