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Corte di Giustizia delle Comunità europee, 5 marzo 1980

 

C-265/78, H. Ferwerda BV  Produktschap voor vee en Vlees

 

 

 

Nel procedimento 265/78,

 

avente ad oggetto la domanda di pronunzia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell’art. 177 del Trattato CEE, dal Collège van Beroep voor het Bedrijfsleven dell’Aia nella causa dinanzi ad esso pendente tra

 

 

H. Ferwerda BV,

con sede in Rotterdam,

 

 

e

 

 

Produktschap voor vee en Vlees,

con sede in Rijswijk,

 

 

 

Oggetto della causa

 

Domanda vertente sull’interpretazione del regolamento della Commissione 30 settembre 1969, n. 1957, relativo alle modalità complementari di applicazione concernenti la concessione delle restituzioni all’esportazione nel settore dei prodotti soggetti ad un regime di prezzo unico ( GU 1969, n. l 250, pag. 1 ),

 

Motivazione della sentenza

 

1 Con sentenza del 15 dicembre 1978, pervenuta alla Corte il 21 dello stesso mese, il Collège van Beroep voor het Bedrijfsleven ha posto, ai sensi dell’art. 177 del Trattato, tre questioni relative all’interpretazione dell’art. 6, n. 5, del regolamento della Commissione 30 settembre 1969, n. 1957 ( GU 1969, n. l 250, pag. 1 ), relativo alle modalità complementari di applicazione concernenti la concessione delle restituzioni all’esportazione nel settore dei prodotti soggetti ad un regime di prezzo unico.

 

2 Le questioni hanno il seguente tenore :

' 1 . se la corretta interpretazione dell ' art. 6 , n. 5 , del regolamento ( CEE ) n. 1957/69 implichi che non è lecito invocare il principio della certezza del diritto, sancito da una legge nazionale o applicato in conformità ad una legge nazionale, per opporsi all’ingiunzione del rimborso di restituzioni.

2 . se dalla corretta interpretazione dell’art. 6 , n. 5, del regolamento n. 1957/69 risulti che la validità di un provvedimento col quale si ingiunge il rimborso di restituzioni non può essere valutata alla stregua di un principio della certezza del diritto tratto dal diritto comunitario.

3 . qualora la prima e la seconda questione debbano essere risolte nel senso che nel caso ivi prospettato non è lecito invocare un principio giuridico nazionale o comunitario della certezza del diritto, se l ' art. 6 , n. 5 , del regolamento ( CEE ) n. 1957/69 osti del pari a che l’esportatore esperisca, contro l’amministrazione che ha ingiunto il rimborso della restituzione, un’azione di risarcimento fondata sugli stessi fatti e sulle stesse circostanze che avrebbero giustificato il richiamo al principio della certezza del diritto se ciò non fosse escluso dal suddetto art. 6 , n.  5 '.

 

3 Esse sono poste nell’ambito di una controversia che oppone un esportatore olandese di carni, la società Ferwerda, all’amministrazione competente dei Paesi Bassi, che pretende il rimborso di restituzioni all’esportazione, di cui le parti ammettono la concessione ed il versamento indebiti, in seguito ad errore nell’applicazione dell’art. 3 del regolamento della Commissione 17 gennaio 1975, n. 192 ( GU 1975, n. l 25, pag. 1 ), che stabilisce le modalità d’applicazione delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli. Secondo detto articolo 3, la consegna per l’approvvigionamento nella Comunità delle imbarcazioni destinate alla navigazione marittima o degli aeromobili destinati a servizi internazionali di linea, compresi i servizi di linea all’interno della Comunità, è assimilata ad una esportazione dalla Comunità e dà diritto ad una restituzione all’esportazione. Dal fascicolo trasmesso dal giudice nazionale risulta che le carni esportate erano destinate a rifornire navi battenti bandiera dei Paesi Bassi, che si trovavano però nelle acque delle Bermude : non era quindi soddisfatta la condizione secondo la quale l’approvvigionamento, per poter essere assimilato ad una esportazione beneficiante di restituzione, deve aver luogo nella Comunità; d’altra parte le Bermude non figurano nell’elenco dei Paesi terzi nei quali si esporti fruendo di restituzione. Tale errata applicazione è avvenuta in circostanze che portano il giudice nazionale a doversi pronunciare sul punto se di essa siano responsabili l’amministrazione olandese o l’operatore economico interessato e se, ed a quali condizioni, gli importi in questione possano essere reclamati nei confronti dell’operatore cui la restituzione è stata concessa.

 

4 Il giudice nazionale si chiede se l’obbligo di rimborso di cui all’art. 6 , n. 5 , del regolamento n. 1957/69 - obbligo che ha efficacia diretta nell’ordinamento giuridico degli Stati membri - possa essere neutralizzato o limitato nei suoi effetti da una norma nazionale tratta da un principio generale di diritto. La ditta Ferwerda ha in effetti sostenuto che l ' intimazione ad essa rivolta di rimborsare le restituzioni all’esportazione indebitamente percepite era contraria al principio della certezza del diritto. Secondo il giudice nazionale tale principio è riconosciuto dall’ordinamento giuridico dei Paesi Bassi quale valido mezzo di difesa nell’ambito di un’azione di ripetizione intentata dall’amministrazione : ciò risulterebbe in particolare da una disposizione della ' in- en uitvoerwet ' olandese del 5 luglio 1962 e dalle spiegazioni fornite dal Governo olandese nella motivazione di detta legge.

 

5 Così stando le cose il giudice nazionale desidera, in sostanza, sapere se il diritto comunitario in generale e l’art. 6 , n. 5 , del regolamento n. 1957/69 in particolare, siano di ostacolo all’applicazione di un tale principio di diritto nazionale. Nel caso in cui cosi fosse, il giudice a quo desidera sapere se in diritto comunitario si trovi una norma della stessa natura, che egli dovrebbe quindi applicare.

 

6 A restituzione all’esportazione di cui ha fruito la Ferwerda rappresenta un beneficio finanziario concesso in forza della normativa comunitaria e finanziato mediante le risorse proprie della Comunità nell’ambito generale del sistema di bilancio stabilito dagli artt. 199-209, costituenti le disposizioni finanziarie del Trattato CEE.

 

7 Le norme relative alla determinazione ed alle condizioni di riscossione degli oneri finanziari che la Comunità è competente ad imporre e che costituiscono specificamente risorse proprie, quali i dazi doganali, i prelievi agricoli e gli importi compensativi monetari, nonchè quelle relative alle condizioni cui sono subordinate la concessione e la liquidazione agli operatori economici di benefici finanziari a carico del bilancio comunitario, sono state stabilite dalla decisione del Consiglio 21 aprile 1970, relativa alla sostituzione dei contributi finanziari degli Stati membri con risorse proprie delle Comunità ( GU n. l 94 , pag. 19 ), dai regolamenti per la sua attuazione, e dal regolamento del Consiglio n. 729 , anch’esso del 21 aprile 1970, relativo al finanziamento della politica agricola comune ( GU n. l 94 , pag. 13 ), le cui disposizioni sono state estese agli importi compensativi monetari dall’art. 2 del regolamento del Consiglio 19 dicembre 1972, n. 2746 ( GU n. l 291, pag. 148 ). questo insieme di norme deve essere visto nell’ambito del sistema generale delle disposizioni finanziarie del Trattato, sistema che, esattamente come quelli corrispondenti negli Stati membri, si ispira al principio generale di uguaglianza, in base al quale situazioni simili non possono essere trattate in modo diverso, a meno che la diversità di trattamento non sia oggettivamente giustificata.

 

8 Ne risulta che i tributi che alimentano il bilancio comunitario ed i benefici finanziari a carico di tale bilancio debbono essere disciplinati ed applicati in modo da gravare uniformemente o da avvantaggiare in modo uniforme tutti coloro che si trovano nella situazione stabilita dalla normativa comunitaria per esserne colpiti o per fruirne. Tale esigenza dovrebbe implicare l’esclusione di discriminazioni per quanto riguarda i presupposti di forma e di sostanza cui e subordinata, da un lato, la possibilità per gli operatori economici di contestare le imposizioni comunitarie poste a loro carico, di chiederne la restituzione nel caso di pagamento indebito, o di pretendere la fruizione dei benefici finanziari di natura comunitaria cui essi hanno diritto, nonchè, d’altro lato, la possibilità per le amministrazioni nazionali, che agiscono per conto della Comunità, di riscuotere tali imposizioni e, se del caso, ottenere la restituzione dei benefici finanziari concessi irregolarmente.

 

9 Il Consiglio si è avviato in questa direzione col regolamento n. 1697 del 24 luglio 1979, relativo al ricupero a posteriori dei dazi all’importazione o dei dazi all’esportazione che non sono stati corrisposti dal debitore per le merci dichiarate per un regime doganale comportante l’obbligo di effettuarne il pagamento ( GU n. l 197, pag. 1 ) e col regolamento n. 1430 del 2 luglio 1979, relativo al rimborso o allo sgravio dei diritti all’importazione o all’esportazione ( GU n. l 175, pag. 1 ), i quali entreranno in vigore tuttavia soltanto il 1° luglio 1980. La normativa già esistente è quella di cui si è trattato qui sopra, risolvono tuttavia soltanto in parte i problemi relativi all’uguaglianza dei soggetti giuridici nel settore in questione ed il carattere necessariamente tecnico e dettagliato di tal tipo di normativa consente di porre rimedio soltanto parzialmente alla sua mancanza per via di interpretazione giurisprudenziale.

 

10 Ne consegue, come la Corte ha riconosciuto nella sentenza 21 maggio 1976 ( causa 26/74, Roquette, racc. pag. 677 ), che le controversie relative alla restituzione degli importi percepiti per conto della Comunità rientrano nella competenza dei giudici nazionali e vanno risolte da questi ultimi a norma del loro diritto nazionale, ove il diritto comunitario non abbia disposto in materia. In tale quadro, è compito dei giudici degli Stati membri il garantire, applicando il principio della collaborazione, enunciato dall’art. 5 del Trattato, la tutela giurisdizionale derivante dall’efficacia diretta delle disposizioni comunitarie, sia quando esse impongano obblighi ai singoli, sia quando esse attribuiscano loro diritti. E tuttavia l’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro che designa il giudice competente e stabilisce le modalità procedurali delle azioni giudiziali intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme comunitarie aventi efficacia diretta, modalità che non possono, beninteso, essere meno favorevoli di quelle relative ad analoghe azioni del sistema processuale nazionale, , in alcun caso, possono essere strutturate in modo da rendere praticamente impossibile l’esercizio dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare.

 

11 Le considerazioni espresse qui sopra hanno trovato espressione, fra l’altro, nel già citato regolamento del Consiglio n. 729/70, il cui art. 8 prevede espressamente l’obbligo per gli Stati membri, che agiscono per conto della Comunità, di recuperare i benefici finanziari concessi irregolarmente, ma aggiunge che il recupero va fatto ' in conformità delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative nazionali '.

 

12 Risulta tuttavia da queste considerazioni che il rinvio espresso alle legislazioni nazionali è soggetto agli stessi limiti posti al rinvio implicito riconosciuto necessario in mancanza di normativa comunitaria, nel senso che la legislazione nazionale deve essere applicata in modo non discriminatorio rispetto ai procedimenti di risoluzione delle controversie dello stesso genere, ma puramente nazionali, e che le modalità di procedura non possono avere l’effetto di rendere praticamente impossibile l’esercizio dei diritti attribuiti dalle norme comunitarie.

 

13 Applicando questi principi la Corte di giustizia, nella sentenza 28 giugno 1977 ( causa n. 118/76, Balkan, racc. pag. 1177 ), ha dichiarato che, seppure tutte le formalità relative alla riscossione di oneri comunitari sono affidate alle amministrazioni degli Stati membri, l ' applicazione di una norma nazionale di equità ( harteklausel ), che permette all ' amministrazione di condonare imposizioni dovute, è esclusa, quando si tratta di oneri comunitari, 'se ed in quanto ciò produca l’effetto di modificare la portata delle disposizioni del diritto comunitario relative all’imponibile, alle condizioni di imposizione o all’importo di un contributo istituito da quest’ultimo '.

 

14 E’ necessario quindi verificare se un principio generale di diritto comunitario o una disposizione specifica di esso siano di ostacolo alla norma nazionale cui si riferisce il giudice a quo. Dall’esame di tale questione risulta che tale non è il caso.

 

15 In proposito è d’uopo osservare che nessuna considerazione che una delle legislazioni nazionali degli Stati membri deduca o consenta di dedurre dal principio della certezza del diritto può, di per sola, condurre al rigetto della domanda di recupero di benefici finanziari comunitari concessi indebitamente. Bisogna esaminare in ogni fattispecie se un ' applicazione del genere non metta in discussione il fondamento stesso della norma che impone il recupero e non abbia per effetto di renderlo praticamente impossibile.

 

16 Dalle considerazioni del giudice nazionale risulta che il principio della certezza del diritto, cui esso si riferisce, trova espressione, per quanto riguarda il recupero da parte dell ' autorità pubblica di restituzioni all’esportazione concesse indebitamente, nell ' art. 9 , n. 1, della in- en uitvoerwet secondo il quale ' la concessione della restituzione può essere revocata solo qualora le informazioni fornite per ottenerla risultino talmente inesatte o incomplete che la domanda di restituzione avrebbe avuto un esito diverso se la situazione fosse stata esattamente ed interamente nota al momento del suo esame '.

 

17 Benchè non spetti alla Corte di giustizia interpretare nell’ambito di un procedimento pregiudiziale la disposizione nazionale in questione, determinarne la portata esatta, è tuttavia d’uopo constatare che l’applicazione di un principio di certezza del diritto, tratto dall’ordinamento nazionale, in base al quale benefici finanziari indebitamente concessi ad un’operatore economico non possono essere recuperati a suo carico quando l’errore commesso non è dovuto ad informazioni inesatte fornite dal beneficiario, o quando, anche se le informazioni erano inesatte, ma fornite in buona fede, l’errore poteva essere facilmente evitato, non contrasta, allo stato attuale del diritto comunitario, con un principio generale di questo diritto.

 

18 Resta tuttavia da esaminare se l’art. 6 del regolamento n. 1957/69, ed in particolare il suo paragrafo 5, di cui si chiede l’interpretazione, rappresenti un testo speciale, costituente un’eccezione al rinvio al diritto nazionale, cui sostituisca una norma comunitaria implicante l’obbligo incondizionato per l’operatore economico interessato di rimborsare la restituzione concessa per errore.

 

19 Il regolamento n. 1957/69 stabilisce modalità complementari di quelle già previste da altri regolamenti del Consiglio e della Commissione, ed in particolare dal regolamento del Consiglio 4 marzo 1969, n. 441 ( GU n. l 59 , pag. 1 ), per quanto riguarda la concessione delle restituzioni all’esportazione. Esso concerne un certo numero di situazioni particolari, come il caso di prodotti la cui esportazione fruisce di restituzioni, ma che subiscono una trasformazione prima di essere esportati, ed autorizza in tal caso - in collegamento con le disposizioni del regolamento del Consiglio n. 441/69 e del regolamento della Commissione n. 1041 del 21 dicembre 1967 ( GU n. 314 , pag. 9 ), in seguito sostituito dal regolamento della Commissione 17 gennaio 1975, n. 192 ( GU n. l 25, pag. 1 ), sostituito dal regolamento 29 novembre 1979, n. 2730 ( GU 1979, n. l 317, pag. 1 ) - la concessione anticipata , in tutto o in parte, della restituzione. Secondo l’art. 6, n. 1, del regolamento n. 1957/69, il beneficio di uno dei regimi indicati agli artt. 2 e 3 del regolamento n. 441/69 - cioè il beneficio della concessione anticipata della restituzione - è subordinato alla costituzione di una cauzione, come è stato indicato sopra. Detta cauzione è destinata a garantire che, entro determinati termini, si apporti la prova che i prodotti o le merci hanno raggiunto la destinazione per la quale è stata concessa la restituzione. Il paragrafo 5 dello stesso articolo dispone che ' l ' importo della restituzione pagato ed eventualmente maggiorato e rimborsato ai sensi del presente articolo, quando le prove di cui al paragrafo 1 non siano apportate nei termini richiesti. In tal caso, se l’importo non viene rimborsato nonostante esplicita richiesta, la cauzione già prestata viene incamerata '.

 

20 Senza che sia necessario decidere se il n. 5 dell ' art. 6 in questione riguardi situazioni quali la fattispecie, è sufficiente constatare che non si può dedurre dai termini del n. 5 , ed in particolare dalle sole parole ' ai sensi del presente articolo ' che tale disposizione abbia voluto instaurare, per le controversie cui possano dar luogo le situazioni particolari disciplinate dal regolamento del Consiglio n. 441/69 e dai regolamenti delle Commissione nn. 1041/67, 192/75 e 2730/79 ( già citati ) un sistema comunitario specifico in materia di restituzione dell’indebito, mentre in tutte le altre controversie tendenti al recupero di restituzioni si applicherebbero, in mancanza di disposizioni comunitarie, le norme nazionali.

 

21 Dalle considerazioni precedenti consegue che alla prima questione si deve rispondere nel senso che, allo stato attuale del diritto comunitario, esso, ed in particolare l ' art. 6 , n. 5, del regolamento n. 1957/69 della Commissione, non è di ostacolo, nelle controversie tendenti al recupero da parte delle autorità degli Stati membri di importi versati indebitamente ad operatori economici a titolo di restituzione all’esportazione, all ' applicazione di un principio di certezza del diritto, tratto dall’ordinamento nazionale, in base al quale benefici finanziari concessi per errore dall’autorità pubblica non possono essere recuperati se l’errore commesso non è dovuto ad informazioni inesatte fornite dal beneficiario o se tale errore, sebbene le informazioni fornite fossero inesatte, ma fornite in buona fede, poteva essere facilmente evitato.

 

22 Dal tenore della seconda e della terza questione risulta che, in seguito alla risposta data alla prima questione, esse sono divenute prive di oggetto.

 

Decisione relativa alle spese

 

Sulle spese

 

23 Le spese sostenute dalla Commissione delle Comunità europee, che ha presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale, il presente procedimento riveste il carattere di un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta statuire sulle spese.

 

Dispositivo

 

Per questi motivi, la Corte,

 

pronunziandosi sulle questioni ad essa sottoposte dal College van Beroep voor het Bedrijfsleven, con sentenza del 15 dicembre 1978, registrata nella cancelleria della Corte il 21 dello stesso mese, dichiara :

 

il diritto comunitario, al suo stato attuale, ed in particolare l’art. 6, n. 5, del regolamento della Commissione 30 settembre 1969, n. 1957 ( GU n. l 250, pag. 1 ), non è di ostacolo, nelle controversie tendenti al recupero da parte delle autorità degli Stati membri di importi versati indebitamente ad operatori economici a titolo di restituzione all’esportazione, all ' applicazione di un principio di certezza del diritto, tratto dall’ordinamento nazionale, in base al quale benefici finanziari concessi per errore dall’autorità pubblica non possono essere recuperati se l’errore commesso non è dovuto ad informazioni inesatte fornite dal beneficiario o se tale errore, sebbene le informazioni fornite fossero inesatte, ma fornite in buona fede, poteva essere facilmente evitato.

 

                     (Seguono le firme)