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Corte di Giustizia delle Comunità europee (Grande Sezione), 21 ottobre 2008

 

C-200/07 e C-201/07, Alfonso Luigi MarraEduardo De Gregorio e Antonio Clemente

 

 

 

Nei procedimenti riuniti C‑200/07 e C‑201/07,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Corte suprema di cassazione, con ordinanze 20 febbraio 2007, pervenute in cancelleria rispettivamente il 12 e il 13 aprile 2007, nelle cause

 

Alfonso Luigi Marra

 

contro

 

Eduardo De Gregorio (C‑200/07),

Antonio Clemente (C‑201/07),

 

 

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas, K. Lenaerts, J.‑C. Bonichot e T. von Danwitz, presidenti di sezione, dai sigg. J. Makarczyk, P. Kūris, E. Juhász, L. Bay Larsen, dalle sig.re P. Lindh e C. Toader (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’ 8 aprile 2008,

considerate le osservazioni presentate:

        per il sig. Marra, da lui stesso nonché dall’avv. L.A. Cucinella;

        per il sig. De Gregorio, dall’avv. G. Siporso;

        per il sig. Clemente, dagli avv.ti R. Capocasale e E. Chiusolo;

        per il governo italiano, dal sig. R. Adam, in qualità di agente, assistito dal sig. P. Gentili, avvocato dello Stato;

        per il Parlamento europeo, dai sigg. H. Krück, C. Karamarcos e A. Caiola, in qualità di agenti;

        per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra I. Martínez del Peral nonché dai sigg. F. Amato e C. Zadra, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 giugno 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione delle norme comunitarie in materia di immunità dei membri del Parlamento europeo, in particolare degli artt. 9 e 10 del Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee 8 aprile 1965 (GU 1967, n. 152, pag. 13; in prosieguo: il «Protocollo»), nonché dell’art. 6, nn. 2 e 3, del regolamento interno del Parlamento europeo (GU 2005, L 44, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento interno»).

2        Le questioni sono sorte nell’ambito di due controversie tra il sig. Marra, ex membro del Parlamento europeo, e i sigg. De Gregorio e Clemente, i quali hanno promosso nei confronti del primo un’azione per il risarcimento dei danni che questi avrebbe loro cagionato distribuendo un volantino contenente affermazioni ingiuriose nei loro confronti.

 Contesto normativo

 Il diritto comunitario

 Il Protocollo

3        L’art. 9 del Protocollo così recita:

«I membri del Parlamento europeo non possono essere ricercati, detenuti o perseguiti a motivo delle opinioni o dei voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni».

4        L’art. 10 del Protocollo dispone quanto segue:

«Per la durata delle sessioni del Parlamento europeo, i membri di esso beneficiano:

a)      sul territorio nazionale, delle immunità riconosciute ai membri del Parlamento del loro paese,

b)      sul territorio di ogni altro Stato membro, dell’esenzione [da] ogni provvedimento di detenzione e da ogni procedimento giudiziario.

L’immunità li copre anche quando essi si recano al luogo di riunione del Parlamento europeo o ne ritornano.

L’immunità non può essere invocata nel caso di flagrante delitto e non può inoltre pregiudicare il diritto del Parlamento europeo di togliere l’immunità ad uno dei suoi membri».

5        Ai sensi dell’art. 19 del Protocollo:

«Ai fini dell’applicazione del presente Protocollo, le istituzioni delle Comunità agiranno d’intesa con le autorità responsabili degli Stati membri interessati».

 Il regolamento interno

6        L’art. 5, n. 1, del regolamento interno, intitolato «Privilegi e immunità», dispone quanto segue:

«I deputati beneficiano dei privilegi e delle immunità previsti dal Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee».

7        L’art. 6 del regolamento interno, intitolato «Revoca dell’immunità», ha il seguente tenore:

«1. Nell’esercizio dei suoi poteri in materia di privilegi e immunità, il Parlamento cerca principalmente di mantenere la propria integrità di assemblea legislativa democratica e di garantire l’indipendenza dei suoi membri nell’esercizio delle loro funzioni.

2. Ogni richiesta diretta al Presidente da un’autorità competente di uno Stato membro e volta a revocare l’immunità a un deputato è comunicata al Parlamento riunito in seduta plenaria e deferita alla commissione competente.

3. Ogni richiesta diretta al Presidente da un deputato o da un ex deputato in difesa dei privilegi e delle immunità è comunicata al Parlamento riunito in seduta plenaria e deferita alla commissione competente.

Il deputato o ex deputato può essere rappresentato da un altro deputato. La richiesta non può essere presentata da un altro deputato senza l’accordo del deputato interessato.

(...)».

8        L’art. 7 del regolamento interno, che contiene le norme sui procedimenti relativi all’immunità dei deputati europei, ai nn. 6 e 7 dispone quanto segue:

«6.      Nei casi concernenti la difesa dei privilegi o delle immunità, la commissione indica se le circostanze costituiscono un ostacolo di ordine amministrativo o di altra natura alla libertà di circolazione dei deputati da e verso il luogo di riunione del Parlamento o all’espressione di un’opinione o di un voto nell’esercizio del loro mandato, oppure se sono assimilabili agli aspetti dell’articolo 10 del Protocollo sui privilegi e le immunità che non rientrano nell’ambito del diritto nazionale, e formula una proposta per invitare l’autorità interessata a trarre le debite conclusioni.

7.      La commissione può emettere un parere motivato sulla competenza dell’autorità interessata e sulla ricevibilità della richiesta, ma in nessun caso si pronuncia sulla colpevolezza o meno del deputato né sull’opportunità o l’inopportunità di perseguire penalmente le opinioni o gli atti che gli sono attribuiti, anche qualora l’esame della richiesta abbia fornito alla commissione una conoscenza approfondita del merito della questione».

 Il diritto nazionale

9        Ai sensi dell’art. 68 della Costituzione italiana:

«I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.

Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza.

Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento [italiano] ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza».

 Cause principali e questioni pregiudiziali

10      Dalle due ordinanze di rinvio risulta che il sig. Marra, ex deputato europeo, è stato condannato dal Tribunale di Napoli a risarcire il danno che avrebbe cagionato ai sigg. De Gregorio e Clemente distribuendo, nel periodo in cui era deputato europeo, un volantino contenente affermazioni ingiuriose nei loro confronti.

11      Con due sentenze pronunciate il 23 gennaio 2001 e il 25 gennaio 2002, la Corte d’appello di Napoli ha sostanzialmente confermato le due pronunce di condanna del Tribunale di Napoli. In tali sentenze, il giudice d’appello non ha riconosciuto che gli atti del sig. Marra nei confronti dei sigg. De Gregorio e Clemente costituissero opinioni espresse nell’esercizio delle sue funzioni di deputato europeo, né ha accolto la tesi del sig. Marra secondo il quale, per poter avviare cause civili nei suoi confronti, era necessario chiedere la previa autorizzazione del Parlamento, conformemente all’art. 6 del regolamento interno.

12      Con lettera 26 marzo 2001 indirizzata alla Presidente del Parlamento, il sig. Marra ha affermato di essere convenuto dinanzi a diversi tribunali italiani, facendo riferimento, tra gli altri, ai procedimenti promossi dai sigg. De Gregorio e Clemente. Egli ha denunciato la violazione, da parte delle autorità giudiziarie italiane, dell’art. 6 del regolamento interno in quanto tali autorità non avevano chiesto alcuna «autorizzazione» a procedere nei suoi confronti.

13      A seguito di tale richiesta, l’11 giugno 2002 il Parlamento ha adottato una risoluzione sull’immunità dei deputati al Parlamento europeo eletti in Italia e le prassi delle autorità italiane in materia (GU 2003, C 261 E, pag. 102), avente il seguente dispositivo:

«1.      [Il Parlamento] decide che i casi degli Onorevoli (...) e Alfonso Marra configurano “prima facie” un caso di insindacabilità e che i giudici competenti devono essere invitati a trasmettere al Parlamento la documentazione necessaria a stabilire se i casi in questione rientrino nell’ipotesi di insindacabilità prevista dall’articolo 9 del Protocollo per le opinioni o i voti espressi dai membri in questione nell’esercizio delle loro funzioni; decide inoltre che i giudici competenti devono essere invitati a sospendere il procedimento in attesa di una decisione definitiva del Parlamento;

2.      incarica il suo Presidente di trasmettere la presente decisione e la relazione della sua commissione al Rappresentante permanente italiano affinché la comunichi all’autorità competente della Repubblica italiana».

14      Dalle ordinanze di rinvio risulta che tale risoluzione non è pervenuta né ai giudici di merito né alla Corte suprema di cassazione.

15      Dinanzi a quest’ultimo giudice, il sig. Marra ha invocato l’immunità sostenendo che, conformemente all’art. 6 del regolamento interno, i giudici di primo grado e d’appello, prima di pronunciare sentenze di condanna nei suoi confronti, avrebbero dovuto chiedere al Parlamento la revoca della sua immunità.

16      Il giudice remittente sottolinea che l’art. 68 della Costituzione italiana esenta i parlamentari italiani da ogni responsabilità civile, penale e amministrativa scaturente da un’opinione espressa o da un voto dato nell’esercizio delle loro funzioni al fine di garantire loro libertà di decisione e di valutazione nell’esercizio del mandato.

17      Il giudice del rinvio rammenta inoltre che il godimento di una siffatta immunità non è soggetto, in linea di principio, ad alcuna «pregiudizialità» rispetto al Parlamento italiano. Tuttavia, come risulta dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, se quest’ultimo si pronuncia su tale immunità, una decisione del genere produce effetti vincolanti nei confronti dell’autorità giurisdizionale dinanzi alla quale è stata promossa l’azione contro il parlamentare di cui trattasi. In caso di non concorde avviso tra il Parlamento e l’autorità giudiziaria, il sistema prevede la possibilità che venga sollevato un conflitto di poteri dinanzi alla Corte costituzionale.

18      Il giudice del rinvio rileva infine che, nel sistema delineato dal legislatore comunitario, che differisce da quello previsto dal diritto italiano, l’art. 6 del regolamento interno prevede che la richiesta di difesa dei privilegi e delle immunità possa essere presentata al presidente del Parlamento sia da un’autorità competente di uno Stato membro, sia direttamente da un deputato europeo.

19      Alla luce di tali considerazioni, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, redatte nei medesimi termini in entrambe le cause principali:

«1)      Se nell’ipotesi di inerzia del parlamentare europeo, che non si avvalga dei poteri attribuitigli dall’art. 6, comma 2, del Regolamento del Parlamento di richiedere direttamente al Presidente la difesa dei privilegi e delle immunità, il giudice avanti al quale pende la causa civile sia comunque tenuto a richiedere al Presidente la revoca dell’immunità, ai fini della prosecuzione del procedimento e della adozione della decisione;

ovvero

2)      se in assenza della comunicazione da parte del Parlamento europeo di voler difendere le immunità e i privilegi del parlamentare, il giudice avanti al quale pende la causa civile possa decidere sull’esistenza o meno della prerogativa, avuto riguardo alle condizioni concrete del caso di specie».

20      Con ordinanza del presidente della Corte 18 giugno 2007, i procedimenti C‑200/07 e C‑202/07 sono stati riuniti ai fini della fase scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza.

 Sulla ricevibilità delle osservazioni presentate dal Parlamento

21      L’art. 23, primo e secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia conferisce al Parlamento il diritto di presentare osservazioni sulle domande di pronuncia pregiudiziale vertenti su atti che siano stati emanati «congiuntamente» da quest’ultimo e dal Consiglio dell’Unione europea. Questa disposizione non riconosce quindi espressamente al Parlamento il diritto di presentare osservazioni in cause che, come nella fattispecie, riguardano il Protocollo nonché il regolamento interno.

22      Tuttavia, atteso che detto art. 23 riconosce al Parlamento il diritto di presentare osservazioni scritte nelle cause vertenti sulla validità o sull’interpretazione di un atto del quale esso sia colegislatore, un tale diritto dev’essergli a fortiori riconosciuto allorché si tratta di una domanda di pronuncia pregiudiziale vertente sull’interpretazione di un atto, come il regolamento interno, adottato da tale istituzione in veste di unico autore.

23      Ne consegue che al Parlamento dev’essere riconosciuto il diritto di presentare osservazioni nell’ambito del presente procedimento.

 Sulle questioni pregiudiziali

24      Occorre preliminarmente rilevare che l’immunità parlamentare dei deputati europei, quale prevista agli artt. 9 e 10 del Protocollo, ricomprende le due forme di tutela generalmente riconosciute ai parlamentari nazionali degli Stati membri, vale a dire l’immunità per le opinioni e i voti espressi nell’esercizio delle funzioni parlamentari e l’inviolabilità parlamentare, che comporta, in via di principio, una tutela contro i procedimenti giudiziari.

25      L’art. 10 del Protocollo dispone che, per la durata delle sessioni del Parlamento, i membri di esso beneficiano, sul rispettivo territorio nazionale, delle immunità riconosciute ai membri del Parlamento del loro paese e, sul territorio di ogni altro Stato membro, dell’esenzione da ogni provvedimento di detenzione e da ogni procedimento giudiziario. L’ultimo comma di tale articolo prevede altresì che il Parlamento possa decidere di togliere l’immunità ad uno dei suoi membri.

26      L’art. 9 del Protocollo enuncia il principio dell’immunità dei deputati europei per le opinioni o i voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni. Atteso che tale articolo non fa alcun rinvio ai diritti nazionali, la portata di tale immunità dev’essere determinata quindi unicamente sulla scorta del diritto comunitario (v., per analogia, sentenza 10 luglio 1986, causa 149/85, Wybot, Racc. pag. 2391, punto 12).

27      Orbene, una siffatta immunità, quale invocata dal sig. Marra nelle cause principali, dev’essere considerata, in quanto intesa a tutelare la libertà di espressione e l’indipendenza dei deputati europei, come un’immunità assoluta che osta a qualunque procedimento giudiziario che sia fondato su un’opinione espressa o un voto emesso nell’esercizio delle funzioni parlamentari.

28      È d’uopo precisare che, con le domande di pronuncia pregiudiziale in esame, non si chiede alla Corte di accertare se un atto come quello oggetto delle cause principali costituisca un’opinione espressa nell’esercizio delle funzioni parlamentari ai sensi dell’art. 9 del Protocollo, bensì unicamente di chiarire le modalità di attuazione di tale articolo da parte dei giudici nazionali nonché del Parlamento.

29      Con le sue due questioni, infatti, il giudice del rinvio chiede in sostanza se, qualora un deputato europeo non richieda al Parlamento la difesa della propria immunità o qualora una decisione di quest’ultimo in merito all’immunità non sia stata comunicata alle autorità giudiziarie nazionali dinanzi alle quali sia pendente un’azione come quelle di cui alle cause principali, tali autorità siano tenute a chiedere al Parlamento di revocare l’immunità del deputato e, prima di pronunciarsi sull’esistenza dell’immunità, ad attendere la decisione dell’istituzione.

30      Il giudice del rinvio muove dalla premessa secondo la quale, nelle cause principali, il ricorrente non si è rivolto al Parlamento per la difesa della propria immunità e, di conseguenza, tale istituzione non ha adottato alcuna decisione in proposito. Tuttavia, come risulta dagli atti prodotti dal Parlamento, il sig. Marra ha presentato una domanda di difesa della propria immunità e il Parlamento ha adottato una risoluzione, che è stata trasmessa alla Rappresentanza permanente della Repubblica italiana. È pacifico che i giudici di merito e la Corte suprema di cassazione non hanno avuto conoscenza né della richiesta del sig. Marra né della citata risoluzione.

31      Alla luce di quanto sopra, e al fine di fornire al giudice del rinvio una soluzione utile a dirimere le cause principali, occorre intendere le questioni pregiudiziali nel senso che con esse si chiede in primo luogo se, qualora il giudice nazionale chiamato a giudicare un’azione di risarcimento danni promossa nei confronti di un deputato europeo a causa delle opinioni da costui espresse non abbia ricevuto alcuna informazione in ordine a una richiesta presentata da quest’ultimo al Parlamento per ottenere tutela della propria immunità, tale giudice possa pronunciarsi sull’esistenza dell’immunità prevista dall’art. 9 del Protocollo alla luce delle circostanze del caso di specie, in secondo luogo se il giudice nazionale, qualora sia informato del fatto che il deputato ha presentato dinanzi al Parlamento una siffatta richiesta, debba attendere la decisione del Parlamento prima di proseguire il procedimento nei confronti di tale deputato e, in terzo luogo, se il giudice nazionale, ove constati l’esistenza di detta immunità, sia tenuto a chiederne la revoca al fine di proseguire il procedimento giudiziario. Atteso che la soluzione di tali questioni si fonda sulle medesime considerazioni, è opportuno trattarle congiuntamente.

32      Per stabilire se ricorrano i presupposti dell’immunità assoluta prevista dall’art. 9 del Protocollo, il giudice nazionale non è obbligato a sottoporre la questione al Parlamento. Il Protocollo non prevede infatti la competenza del Parlamento a verificare, in caso di procedimenti giudiziari nei confronti di un deputato europeo a causa delle opinioni e dei voti da costui espressi, se ricorrano i presupposti per l’applicazione dell’immunità.

33      Una valutazione del genere rientra pertanto nella competenza esclusiva dei giudici nazionali chiamati ad applicare tale disposizione, i quali non possono che trarre le conseguenze di tale immunità, ove constatino che le opinioni e i voti di cui trattasi sono stati espressi nell’esercizio delle funzioni parlamentari.

34      Qualora, in sede di applicazione dell’art. 9 del Protocollo, detti giudici nutrano dubbi sull’interpretazione da darne, gli stessi possono adire la Corte ai sensi dell’art. 234 CE in merito all’interpretazione di tale articolo del Protocollo, fermo restando che, in un caso del genere, i giudici di ultima istanza sono tenuti a rivolgersi alla Corte.

35      Inoltre, dagli artt. 6 e 7 del regolamento interno, che contengono le norme interne relative alla procedura di revoca dell’immunità parlamentare, non può dedursi, nemmeno implicitamente, un obbligo per i giudici nazionali di deferire al Parlamento la decisione sulla sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’immunità prima di pronunciarsi sulle opinioni e sui voti dei deputati europei.

36      L’art. 6, n. 2, del regolamento interno si limita infatti a stabilire le norme che disciplinano la procedura di revoca dell’immunità parlamentare prevista dall’art. 10 del Protocollo.

37      L’art. 6, n. 3, dello stesso regolamento interno istituisce una procedura di difesa dell’immunità e dei privilegi che può essere avviata dal deputato europeo, procedura che riguarda altresì l’immunità per le opinioni e i voti espressi nell’esercizio delle funzioni parlamentari. L’art. 7, n. 6, del citato regolamento dispone infatti che il Parlamento «indica» se un procedimento giudiziario promosso nei confronti di un deputato europeo costituisca un ostacolo all’espressione di un’opinione o di un voto e «formula una proposta per invitare l’autorità interessata a trarre le debite conclusioni».

38      Come sottolineano il Parlamento e la Commissione delle Comunità europee, il regolamento interno è un atto di organizzazione interna, inidoneo come tale a istituire a favore del Parlamento competenze che non siano espressamente riconosciute da un atto normativo, nella fattispecie dal Protocollo.

39      Ne consegue che, anche ove il Parlamento, a seguito della domanda del deputato europeo di cui trattasi, adotti, sul fondamento del regolamento interno, una decisione di difesa dell’immunità, tale decisione costituisce un parere sprovvisto di effetti vincolanti nei confronti delle autorità giudiziarie nazionali.

40      Peraltro, la circostanza che il diritto di uno Stato membro preveda una procedura di difesa dei membri del parlamento nazionale che permette a quest’ultimo di intervenire allorché il giudice nazionale non riconosce tale immunità non implica il riconoscimento dei medesimi poteri al Parlamento europeo nei confronti dei deputati europei provenienti da tale Stato, poiché, come rilevato al punto 32 della presente sentenza, l’art. 9 del Protocollo non prevede espressamente in capo al Parlamento una competenza del genere, né rinvia alle norme di diritto nazionale.

41      Tuttavia, per giurisprudenza costante, l’obbligo di leale cooperazione tra le istituzioni europee e le autorità nazionali, quale sancito dall’art. 10 CE e ribadito dall’art. 19 del Protocollo, che si impone tanto alle autorità giudiziarie degli Stati membri allorché agiscono nell’ambito delle loro competenze quanto alle istituzioni comunitarie, assume una particolare importanza ove tale collaborazione riguardi le autorità giudiziarie degli Stati membri incaricate di vigilare sull’applicazione e sul rispetto del diritto comunitario nell’ordinamento giuridico nazionale (v., segnatamente, ordinanza 13 luglio 1990, causa C‑2/88 IMM, Zwartveld e a., Racc. pag. I‑3365, punto 17, e sentenza 22 ottobre 2002, causa C‑94/00, Roquette Frères, Racc. pag. I‑9011, punto 93).

42      Occorre considerare che tale dovere di cooperazione trova applicazione nell’ambito di una controversia come quelle di cui alle cause principali. Il Parlamento europeo e le autorità giudiziarie nazionali devono quindi collaborare al fine di evitare qualunque conflitto nell’interpretazione e nell’applicazione delle disposizioni del Protocollo.

43      Pertanto, qualora nei confronti di un deputato europeo sia promossa un’azione dinanzi a un giudice nazionale e quest’ultimo sia informato del fatto che è stata avviata una procedura di difesa dei privilegi e delle immunità dello stesso deputato ai sensi dell’art. 6, n. 3, del regolamento interno, detto giudice deve sospendere il procedimento giudiziario e chiedere al Parlamento che emetta al più presto un parere.

44      Una volta che il giudice nazionale abbia constatato la sussistenza dei presupposti per riconoscere l’immunità assoluta prevista dall’art. 9 del Protocollo, il rispetto della stessa si impone a tale giudice nonché al Parlamento. Ne consegue che tale immunità non può essere revocata da quest’ultimo e che, di conseguenza, detto giudice è tenuto a non dar seguito all’azione promossa contro il deputato europeo di cui trattasi.

45      Da un lato, infatti, l’art. 9 del Protocollo non conferisce un tale potere al Parlamento. D’altro lato, poiché tale articolo costituisce una disposizione speciale applicabile a qualunque procedimento giudiziario per il quale il deputato gode dell’immunità in ragione delle opinioni e dei voti espressi nell’esercizio delle funzioni parlamentari, la revoca di quest’ultima non può essere disposta in forza dell’art. 10, terzo comma, del Protocollo, che riguarda l’immunità nei procedimenti giudiziari aventi ad oggetto atti diversi da quelli cui fa riferimento il citato art. 9. Ne consegue che soltanto quest’ultima immunità può essere revocata al fine di dar seguito al procedimento giudiziario contro un deputato europeo.

46      Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, le questioni sollevate devono essere risolte dichiarando che le norme comunitarie relative alle immunità dei membri del Parlamento devono essere interpretate nel senso che, nell’ambito di un’azione per risarcimento danni promossa nei confronti di un deputato europeo a causa delle opinioni che egli ha espresso,

        il giudice nazionale chiamato a pronunciarsi su tale azione, qualora non abbia ricevuto alcuna informazione in merito a una richiesta presentata al Parlamento dal deputato di cui trattasi per ottenere la difesa dell’immunità prevista dall’art. 9 del Protocollo, non è tenuto a domandare al Parlamento di pronunciarsi sulla sussistenza dei presupposti dell’immunità;

        il giudice nazionale, qualora sia informato del fatto che lo stesso deputato ha presentato al Parlamento una richiesta di difesa della propria immunità, ai sensi dell’art. 6, n. 3, del regolamento interno, deve sospendere il procedimento giudiziario e chiedere al Parlamento che emetta al più presto un parere;

        il giudice nazionale, qualora ritenga che lo stesso deputato goda dell’immunità prevista dall’art. 9 del Protocollo, è tenuto a non dar seguito all’azione promossa nei confronti del deputato europeo di cui trattasi.

 Sulle spese

47      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

Le norme comunitarie relative alle immunità dei membri del Parlamento europeo devono essere interpretate nel senso che, nell’ambito di un’azione per risarcimento danni promossa nei confronti di un deputato europeo a causa delle opinioni che egli ha espresso,

        il giudice nazionale chiamato a pronunciarsi su tale azione, qualora non abbia ricevuto alcuna informazione in merito a una richiesta presentata al Parlamento europeo dal deputato di cui trattasi per ottenere la difesa dell’immunità prevista dall’art. 9 del Protocollo 8 aprile 1965 sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee, non è tenuto a domandare al Parlamento europeo di pronunciarsi sulla sussistenza dei presupposti dell’immunità;

        il giudice nazionale, qualora sia informato del fatto che lo stesso deputato ha presentato al Parlamento una richiesta di difesa della propria immunità, ai sensi dell’art. 6, n. 3, del regolamento interno del Parlamento europeo, deve sospendere il procedimento giudiziario e chiedere al Parlamento europeo che emetta al più presto un parere;

        il giudice nazionale, qualora ritenga che il deputato europeo goda dell’immunità prevista dall’art. 9 del Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee, è tenuto a non dar seguito all’azione promossa nei confronti del deputato europeo di cui trattasi.

           

                       (Seguono le firme)