Corte di Giustizia delle Comunità europee (Grande
Sezione), 22 novembre 2005
C-144/04, Werner
Mangold – Rüdiger
Helm
Nel procedimento C-144/04,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ai
sensi dell’art. 234 CE, dall’Arbeitsgericht
München (Germania) con decisione 26 febbraio 2004,
pervenuta in cancelleria il 17 marzo 2004, nel procedimento
Werner
Mangold
contro
Rüdiger Helm,
composta dal sig. P. Jann, presidente della Prima
Sezione, facente funzione di presidente, dai sigg. C.W.A.
Timmermans, A. Rosas e K. Schiemann, presidenti di sezione, dai sigg. R. Schintgen (relatore), S. von Bahr,
J. N. Cunha Rodrigues,
dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai
sigg. K. Lenaerts, E. Juhász,
G. Arestis, A. Borg Barthet
e M. Ilešič, giudici,
avvocato generale: sig. A. Tizzano
cancelliere: sig.ra K. Sztranc, amministratore
vista
la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 aprile 2005,
viste
le osservazioni presentate:
– per
il sig. Mangold,
dagli avv.ti D. Hummel e B.
Karthaus, Rechtsanwälte;
– per
il sig. Helm, da lui stesso, Rechtsanwalt;
– per
il governo tedesco, dal sig. M. Lumma, in qualità di
agente;
– per
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 30
giugno 2005,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 La
demanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione delle clausole 2,
5 e 8 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo
1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro») e attuato con direttiva del Consiglio
28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul
lavoro a tempo determinato (GU L 175, pag. 43), nonché dell’art. 6
della direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un
quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di
condizioni di lavoro (GU L 303, pag. 16).
2 Tale
domanda è stata presentata
nell’ambito di una controversia che contrappone il sig. Mangold al sig. Helm in merito al
contratto di lavoro a tempo determinato che lo vincola a quest’ultimo (in
prosieguo: il «contratto»).
Contesto normativo
La normativa comunitaria
L’accordo quadro
3 «L’accordo
quadro, a tenore della sua clausola 1, ha come oggetto:
a) migliorare
la qualità di lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio
di non discriminazione,
b) creare
un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di
una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato».
4 La
clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro prevede:
«Il presente accordo si applica ai lavoratori a
tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro
disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore in
ciascuno Stato membro».
5 A
tenore della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro:
«Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di
una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo
determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali,
a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le
parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per
la prevenzione degli abusi, e in un modo che tenga conto delle esigenze di
settore o categorie specifiche di lavoratori, una o più misure relative a:
a) ragioni
obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;
b) la
durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato
successivi;
c) il
numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti».
6 La
clausola 8, punto 3, dell’accordo quadro dispone:
«L’applicazione del presente accordo non costituisce
un motivo valido per ridurre il livello generale di tutela offerto ai
lavoratori nell’ambito coperto dall’accordo stesso».
La direttiva 2000/78
7 La
direttiva 2000/78 è stata adottata sulla base dell’art. 13 CE. I ‘considerando’
1, 4, 8 e 25 di tale direttiva sono così formulati:
«(1) Conformemente
all’articolo 6 del Trattato sull’Unione europea, l’Unione europea si fonda sui
principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani e delle libertà
fondamentali[,] e dello Stato di diritto, principi che sono comuni a tutti gli
Stati membri e rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli
Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario.
(…)
(4) Il
diritto di tutti all’uguaglianza dinanzi alla legge e alla protezione contro le
discriminazioni costituisce un diritto universale riconosciuto dalla
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dalla convenzione delle Nazioni
Unite sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della
donna, dai patti delle Nazioni Unite relativi rispettivamente ai diritti civili
e politici e ai diritti economici, sociali e culturali e dalla Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali
di cui tutti gli Stati membri sono firmatari.
(…)
(8) Gli
orientamenti in materia di occupazione per il 2000, approvati dal Consiglio
europeo a Helsinki il 10 e 11 dicembre 1999, ribadiscono la necessità di
promuovere un mercato del lavoro che agevoli l’inserimento sociale formulando
un insieme coerente di politiche volte a combattere la discriminazione nei
confronti di gruppi quali i disabili. Esse rilevano la necessità di aiutare in
particolar modo i lavoratori anziani, onde accrescere la loro partecipazione
alla vita professionale.
(…)
(25) Il
divieto di discriminazione basata sull’età costituisce un elemento essenziale
per il perseguimento degli obiettivi definiti negli orientamenti in materia di
occupazione e la promozione della diversità nell’occupazione. Tuttavia in
talune circostanze, delle disparità di trattamento in funzione dell’età possono
essere giustificate e richiedono pertanto disposizioni specifiche che possono
variare secondo la situazione degli Stati membri. È quindi essenziale
distinguere tra le disparità di trattamento che sono giustificate, in
particolare, da obiettivi legittimi di politica dell’occupazione, mercato del
lavoro e formazione professionale, e le discriminazioni che devono essere
vietate».
8 La
direttiva 2000/78, a tenore del suo art. 1, «mira a stabilire un quadro
generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le
convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto
concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo
negli Stati membri il principio della parità di trattamento».
9 L’art. 2
della direttiva 2000/78, intitolato «Nozione di discriminazione», nn. 1 e 2, lett. a), enuncia:
«1. Ai
fini della presente direttiva, per “principio della parità di trattamento” si
intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su
uno dei motivi di cui all’articolo 1.
2. Ai
fini del paragrafo 1:
a) sussiste
discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui
all’articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia
stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga».
10 L’art. 3
della direttiva 2000/78, intitolato «Campo di applicazione», al n. 1
prevede quanto segue:
«1. Nei
limiti dei poteri conferiti alla Comunità, la presente direttiva si applica a
tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi
gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene:
a) alle
condizioni di accesso all’occupazione e al lavoro, sia dipendente che autonomo,
compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione indipendentemente
dal ramo di attività e a tutti i livelli della gerarchia professionale, nonché
alla promozione;
(…)
c) all’occupazione
e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la
retribuzione;
(…)».
11 La
direttiva 2000/78, all’art. 6, n. 1, è così formulata:
«Fatto
salvo l’articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che le
disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscano discriminazione
laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito
del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati
obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione
professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano
appropriati e necessari.
Tali disparità di trattamento possono comprendere in
particolare:
a) la
definizione di condizioni speciali di accesso all’occupazione e alla formazione
professionale, di occupazione e di lavoro, comprese le condizioni di
licenziamento e di retribuzione, per i giovani, i lavoratori anziani e i
lavoratori con persone a carico, onde favorire l’inserimento professionale o
assicurare la protezione degli stessi;
b) la
fissazione di condizioni minime di età, di esperienza professionale o di
anzianità di lavoro per l’accesso all’occupazione o a taluni vantaggi connessi
all’occupazione;
c) la
fissazione di un’età massima per l’assunzione basata sulle condizioni di
formazione richieste per il lavoro in questione o la necessità di un
ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento.
12 Conformemente
all’art. 18, n. 1, della direttiva 2000/78, gli Stati membri dovevano
adottare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie
per conformarsi alla detta direttiva entro il 2 dicembre 2003. Tuttavia,
secondo il secondo capoverso del detto articolo:
«Per
tener conto di condizioni particolari gli Stati membri possono disporre se
necessario di tre anni supplementari, a partire dal 2 dicembre 2003 ovvero
complessivamente di sei anni al massimo, per attuare le disposizioni relative
alle discriminazioni basate sull’età o sull’handicap. In tal caso essi
informano immediatamente
13 Poiché
La normativa nazionale
14 L’art. 1
della legge per l’incremento dell’occupazione (Beschäftigungsförderungsgesetz),
come modificata con legge 25 settembre 1996 (BGBl. 1996
I, pag. 1476; in prosieguo: la «BeschFG
1996»), prevedeva:
«(1) I
contratti di lavoro a tempo determinato sono ammessi per la durata massima di
due anni. Entro tale limite massimo totale di due anni, un contratto a tempo
determinato può essere rinnovato al massimo tre volte.
(2) I
contratto di lavoro a tempo determinato sono ammessi senza la condizione di cui
al n. 1 se il lavoratore ha raggiunto l’età di 60 anni al momento in cui
inizia il rapporto di lavoro a tempo determinato.
(3) I
contratti di lavoro ai sensi dei nn. 1 e 2 non
sono consentiti qualora esista uno stretto legame con un precedente contratto
di lavoro a tempo indeterminato o con un precedente contratto di lavoro a tempo
determinato ai sensi del n. 1 con lo stesso datore di lavoro. Si presume
un siffatto stretto legame in particolare quando l’intervallo tra i due
contratti di lavoro è inferiore ai quattro mesi.
(4) La
possibilità di limitare la durata dei contratti di lavoro per altri motivi
resta immutata.
(…)».
15 Ai
sensi dell’art. 1, n. 6, del BeschFG 1996,
tale normativa era applicabile sino al 31 dicembre 2000.
16 La
direttiva 1999/70 che dà attuazione all’accordo quadro è stata trasposta
nell’ordinamento giuridico tedesco dalla legge sul lavoro a tempo parziale e
sui contratti a tempo determinato, che modifica o abroga altre disposizioni in
materia di lavoro (Gesetz über
Teilzeitarbeit und befristete
Arbeitsverträge und zur Änderung und Aufhebung arbeitsrechtlicher Bestimmungen),
del 21 dicembre 2000 (BGBl. 2000 I, pag. 1966; in prosieguo: la «TzBfG»).
Tale legge è entrata in vigore il 1° gennaio 2001.
17 A
tenore dell’art. 1 della TzBfG, intitolato
«Obiettivo»:
«La legge mira ad incentivare il lavoro a tempo
parziale, a stabilire le condizioni sulla possibilità di concludere contratti di lavoro a tempo determinato e a impedire la
discriminazione dei lavoratori occupati a tempo parziale e dei lavoratori
aventi un contratto a durata determinata».
18 L’art. 14
del TzBfG, che disciplina i contratti a tempo
determinato, dispone:
«(1) L’apposizione
di un termine ad un contratto di lavoro è consentita quando sia giustificata da
una ragione obiettiva. In particolare, una ragione obiettiva sussiste qualora:
1. l’azienda
necessiti della prestazione di lavoro in questione solo in via temporanea;
2. la
durata a tempo determinato del contratto sia connessa ad attività di formazione
o di studio al fine di agevolare il passaggio del lavoratore ad un’occupazione
connessa;
3. il
lavoratore venga assunto per sostituire un altro lavoratore;
4. le
caratteristiche della prestazione lavorativa giustifichino la durata a tempo
determinato;
5. la
durata a tempo determinato sia in funzione di un periodo di prova;
6. ragioni
inerenti alla persona del lavoratore giustifichino la durata a tempo
determinato;
7. il
lavoratore venga remunerato con risorse di bilancio finanziariamente destinate
per un’occupazione a tempo determinato ed assunto in conformità a tale
destinazione, oppure
8. la
durata a tempo determinato sia dovuta ad una transazione giudiziale.
(2) La
durata massima consentita dei contratti di lavoro a tempo determinato in
assenza di una ragione obiettiva è di due anni. Entro tale limite, il contratto
di lavoro a tempo determinato può essere rinnovato al massimo per tre volte.
Non è consentito stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato ai sensi
della prima frase con un lavoratore che ha già avuto un rapporto di lavoro a
tempo determinato o indeterminato con lo stesso datore di lavoro. Un contratto
collettivo può derogare alla prima frase fissando il numero dei rinnovi o la
durata massima. Il datore di lavoro o lavoratori del settore interessato da una
contrattazione collettiva ma a questa non soggetti, possono concordare
l’applicazione della normativa collettiva.
(3) Non
è richiesta una ragione obiettiva per stipulare un contratto di lavoro a tempo
determinato qualora il lavoratore all’inizio del rapporto abbia già compiuto 58
anni. Non è consentita la fissazione di una durata determinata qualora vi sia
una stretta connessione con un precedente contratto di lavoro a tempo
indeterminato con il medesimo datore di lavoro. Una tale stretta connessione
deve in particolare presumersi qualora tra i due contratti di lavoro vi sia un
intervallo di tempo inferiore ai sei mesi.
(4) L’apposizione
di un termine ad un contratto di lavoro necessita della forma scritta».
19 L’art. 14,
n. 3 del TzBfG è stato modificato dalla prima
legge per prestazioni di servizi moderni sul mercato del lavoro 23 dicembre
2002 (BGBl. 2002 I, pag. 14607;
in prosieguo: la «legge del 2002»). La nuova versione della detta disposizione,
in vigore dal 1° gennaio 2003, è così formulata:
«Non
è richiesta una ragione obiettiva per stipulare un contratto di lavoro a tempo
determinato qualora il lavoratore all’inizio dell’accordo abbia già compiuto 58
anni. Non è consentito stipulare un contratto a tempo determinato qualora vi
sia una stretta connessione obiettiva con un precedente contratto a tempo
indeterminato con il medesimo datore di lavoro. Una tale stretta connessione
obiettiva deve ritenersi in particolare sussistente qualora tra i due contratti
di lavoro vi sia un intervallo di tempo inferiore ai 6 mesi. Fino al 31
dicembre 2006 l’età di 58 anni indicata nella prima frase è sostituita con
quella di 52 anni».
La controversia di
cui alla causa principale e le questioni pregiudiziali
20 Il
26 giugno 2003 il sig. Mangold, che aveva all’epoca
56 anni, stipulava con il sig. Helm, che esercita la
professione di avvocato, il contratto qui in esame con effetto dal 1° luglio
2003.
21 A
tenore dell’art. 5 del contratto:
«1. Il
rapporto di lavoro inizia il 1° luglio 2003 e scade il 28 febbraio 2004.
2. La
limitazione nel tempo del presente contratto si fonda sulla disposizione
relativa alla facilitata conclusione di contratti a tempo determinato con
lavoratori anziani di cui all’art. 14, n. 3, quarta frase, in
combinato disposto con la prima frase, del TzBfG (…),
in quanto il lavoratore ha più di 52 anni.
3. Le
parti concordano che quella sopraindicata è la sola ragione di limitazione nel
tempo sulla quale si basa il patto di durata a tempo determinato del presente
contratto. Altre ragioni che consentono la conclusione di contratti a tempo
determinato, in via di principio ritenute ammissibili dalla legge e dalla
giurisprudenza, vengono espressamente escluse e non costituiscono oggetto del
presente patto di durata a tempo determinato».
22 Secondo
il sig. Mangold, il detto art. 5, laddove limita
la durata del suo contratto sebbene siffatta limitazione sia conforme
all’art. 14, n. 3 del TzBfG, è in contrasto
con l’accordo quadro e la direttiva 2000/78.
23 Il
sig. Helm sostiene che la clausola 5
dell’accordo quadro prescrive agli Stati membri di adottare misure per evitare
abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti a tempo
determinato, in particolare esigendo ragioni obiettive che giustificano il
rinnovo di tali contratti, o fissando una durata massima complessiva dei
contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, o ancora limitando il
numero dei rinnovi di tali contratti o rapporti di lavoro.
24 Orbene,
a suo avviso, anche se l’art. 14, n. 3, quarta frase, del TzBfG non prevede espressamente siffatte condizioni
restrittive nel caso di lavoratori anziani, esiste senz’altro una ragione obiettiva,
ai sensi della clausola 5, punto 1, lett. a), dell’accordo quadro,
che giustifica la stipula di un contratto di lavoro a tempo determinato, che è
data dalla difficoltà, per tali lavoratori, di trovare un impiego in
considerazione delle caratteristiche del mercato del lavoro.
25 L’Arbeitsgericht München nutre
dubbi circa la compatibilità dell’art. 14, n. 3, prima frase, del TzBfG con il diritto comunitario.
26 In
primo luogo, il detto giudice considera che tale disposizione è in contrasto
con il divieto di «reformatio in peius»
sancito dalla clausola 8, punto 3, dell’accordo quadro, in quanto, in
occasione della trasposizione della direttiva 1999/70, ha abbassato da
27 In
secondo luogo, il giudice a quo si interroga sulla compatibilità di una
normativa quale quella di cui all’art. 14, n. 3, del TzBfG con l’art. 6 della direttiva 2000/78, in quanto
l’abbassamento, operato dalla legge del 2002, da
28 È
vero che il detto giudice constata che, alla data della stipula del contratto,
cioè il 26 giugno 2003, il termine di trasposizione nella normativa nazionale
della direttiva 2000/78 non era ancora scaduto. Tuttavia, ricorda che, secondo
il punto 45 della sentenza 18 dicembre 1997, causa C‑129/96, Inter-Environnement Wallonie
(Racc. pag. I‑7411), lo Stato membro destinatario della direttiva
non può adottare in pendenza del termine di trasposizione disposizioni che
possano compromettere gravemente il risultato prescritto dalla direttiva
stessa.
29 Orbene,
nella causa principale, la modifica apportata all’art. 14, n. 3, del TzBfG mediante la legge del 2002 è entrata in vigore il 1°
gennaio 2003, cioè dopo la pubblicazione della direttiva 2000/78 nella Gazzetta
ufficiale delle Comunità europee, ma prima della scadenza del termine di
trasposizione previsto dall’art. 18 di tale direttiva.
30 In
terzo luogo, il giudice a quo solleva la questione se il giudice nazionale sia
tenuto, in una causa tra privati, a disapplicare norme di diritto nazionale
incompatibili con il diritto comunitario. Considera a tal riguardo che il
primato di quest’ultimo dovrebbe indurlo a concludere che l’art. 14,
n. 3, del TzBfG è totalmente inapplicabile e
che, pertanto, deve trovare applicazione la regola fondamentale sancita nel
n. 1 del medesimo articolo, secondo la quale deve esistere una ragione
obiettiva per stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato.
31 Ciò
considerato, l’Arbeisgericht München
ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti
questioni pregiudiziali:
«1) a) Se
la clausola 8, punto 3, dell’accordo quadro (…) debba essere
interpretata nel senso che nell’ambito della sua attuazione nell’ordinamento
interno vieta una “reformatio in peius”
attraverso un abbassamento dell’età da
b) Se
la clausola 5, n. 1, dell’accordo quadro (…) debba essere
interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale la quale – come
quella controversa nel caso di specie – non contenga alcuna limitazione ai
sensi delle tre alternative previste al n. 1.
2) Se
l’art. 6 della direttiva (…) 2000/78/CE, debba essere interpretato nel
senso che esso osta ad una normativa nazionale la quale – come quella
controversa nel caso di specie – consenta di concludere contratti a tempo
determinato con lavoratori che abbiano compiuto i 52 anni in assenza di una
ragione obiettiva, così derogando al principio della necessaria presenza di una
ragione obiettiva.
3) Se,
nel caso in cui una delle tre precedenti questioni venga risolta
affermativamente, il giudice nazionale debba disapplicare la normativa
nazionale contrastante con il diritto comunitario e se trovi quindi
applicazione il principio generale di diritto interno secondo cui un contratto
di lavoro a tempo determinato è ammissibile solo in presenza di una ragione
obiettiva».
Sulla ricevibilità
del rinvio pregiudiziale
32 Nel
corso dell’udienza,
33 A
questo proposito va ricordato che, ai sensi dell’art. 234 CE, quando
una questione sull’interpretazione del Trattato o degli atti derivati adottati
dalle istituzioni della Comunità è sollevata dinanzi ad un giudice di uno Stato
membro, tale giudice, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una
decisione su questo punto, può domandare alla Corte di pronunciarsi sulla
questione (v., tra l’altro, sentenza 21 marzo 2002, causa C‑451/99, Cura Anlagen, Racc. pag. I‑3193, punto 22).
34 Nell’ambito
di questo procedimento di rinvio, il giudice nazionale, che è l’unico ad avere
conoscenza diretta dei fatti della causa, è nella situazione più idonea per
valutare, tenuto conto delle peculiarità di questa, la necessità di una
decisione pregiudiziale ai fini della pronuncia della propria sentenza (v.
sentenze 16 luglio 1992, causa C‑83/91, Meilicke,
Racc. pag. I-4871, punto 23; 7 luglio 1994, causa C‑146/93, McLachlan, Racc. pag. I‑3229, punto 20; 9
febbraio 1995, causa C‑412/93, Leclerc‑Siplec,
Racc. pag. I‑179, e 30 settembre 2003, causa C‑167/01, Inspire Art, Racc. pag. I‑10155, punto 43).
35 Di
conseguenza, se la questione sollevata dal giudice a quo verte
sull’interpretazione di una disposizione di diritto comunitario,
36 Tuttavia,
37 In
considerazione di questo compito
38 Tuttavia,
nella causa principale non risulta assolutamente contestabile che
l’interpretazione del diritto comunitario richiesta dal giudice a quo risponde
effettivamente ad una esigenza obiettiva inerente alla soluzione di una
controversia dinanzi ad esso pendente. Infatti, non è contestato che il
contratto è stato effettivamente eseguito e che la sua applicazione solleva una
questione di interpretazione del diritto comunitario. La circostanza che le
parti di cui alla causa principale concorderebbero sull’interpretazione dell’art. 14,
n. 3, del TzBfG non è tale da inficiare
l’effettività di tale controversia.
39 Si
deve di conseguenza considerare la domanda di pronuncia pregiudiziale
ricevibile.
Sulle questioni
pregiudiziali
Sulla prima questione, lett. b)
40 Con
la prima questione, lett. b), che va esaminata per prima, il giudice a quo
vuole sapere se la clausola 5 dell’accordo quadro debba essere
interpretata nel senso che osta ad una normativa nazionale, quale quella di cui
alla causa principale, che non contiene nessuna delle restrizioni previste
dalla detta clausola per il ricorso ai contratti di lavoro a tempo determinato.
41 Si
deve a questo proposito ricordare che la clausola 5, punto 1,
dell’accordo quadro mira a «prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una
successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato».
42 Orbene,
come confermato dalle parti nella causa principale nel corso dell’udienza, il
contratto è il primo e unico contratto di lavoro tra esse stipulato.
43 Ciò
considerato, l’interpretazione della clausola 5, punto 1, è
chiaramente priva di pertinenza ai fini della soluzione della controversia per
la quale è stato adito il giudice a quo e, di conseguenza, la prima questione,
lett. b), non va risolta.
Sulla prima questione, lett. a)
44 Con
la prima questione, lett. a), il giudice a quo vuole sapere se la
clausola 8, punto 3, dell’accordo quadro debba essere interpretata
nel senso che osta ad una normativa nazionale quale quella di cui alla causa
principale, la quale, in occasione della trasposizione della direttiva 1999/70,
ha abbassato l’età oltre la quale i contratti di lavoro a tempo determinato
possono essere conclusi senza restrizioni da
45 In
limine, è giocoforza constatare che, nella causa principale, il contratto è
stato concluso il 26 giugno 2003, cioè sotto la vigenza del TzBfG,
come modificato dalla legge del 2002, la quale ha abbassato da
46 Il
giudice a quo considera tuttavia che l’interpretazione della detta
clausola 8, punto 3, potrebbe essergli utile per valutare la
legittimità dell’art. 14, n. 3, del TzBfG
nella versione iniziale, in quanto, se quest’ultima non fosse conforme al
diritto comunitario, ciò avrebbe l’effetto di rendere caduca la modifica
operata dalla legge 2002.
47 Ad
ogni modo, si deve constatare che il legislatore tedesco, già in occasione
della trasposizione nel diritto interno della direttiva 1999/70, aveva
abbassato l’età oltre la quale potevano essere conclusi contratti di lavoro a
tempo determinato da
48 Secondo
il sig. Mangold, una siffatta «reformatio
in peius», al pari di quella operata dalla legge del
2002, è in contrasto con la clausola 8, punto 3, dell’accordo quadro.
49 Il
governo tedesco, al contrario, ritiene che il detto abbassamento di età sia
stato compensato dal riconoscimento ai lavoratori vincolati da un contratto di
lavoro a tempo determinato di nuove garanzie sociali, come l’emanazione di un
divieto generale di discriminazione e l’estensione alle piccole imprese, come
pure ai rapporti di lavoro di breve durata, delle restrizioni previste per il
ricorso a siffatto tipo di contratti.
50 A
questo proposito, dalla formulazione stessa della clausola 8,
punto 3, dell’accordo quadro risulta che l’applicazione di questo non
costituisce per gli Stati membri un motivo valido per ridurre il livello
generale di protezione offerta ai lavoratori nell’ordinamento giuridico
nazionale nel settore rientrante sotto il detto accordo.
51 L’espressione
«applicazione», utilizzata senza ulteriori precisazioni nella clausola 8,
punto 3, dell’accordo quadro non riguarda la sola iniziale trasposizione
della direttiva 1999/70 e, in particolare, del suo allegato contenente
l’accordo quadro, ma copre ogni misura nazionale intesa a garantire che l’obiettivo
da questa perseguito possa essere raggiunto, comprese le misure che,
successivamente alla trasposizione propriamente detta, completano o modificano
le norme nazionali già adottate.
52 Per
contro, una «reformatio in peius»
della protezione offerta ai lavoratori nel settore dei contratti a tempo
determinato non è, in quanto tale, vietata dall’accordo quadro quando non è in
alcun modo collegata con l’applicazione di questo.
53 Orbene,
sia dalla decisione di rinvio sia dalle osservazioni presentate dal governo
tedesco nel corso dell’udienza, risulta come rilevato dall’avvocato generale
nei paragrafi 75‑77 delle sue conclusioni, che i successivi abbassamenti
dell’età oltre la quale è consentita la stipula di contratti a tempo
determinato senza restrizioni sono giustificati non già dalla necessità di
applicare l’accordo quadro, ma da quella di incentivare l’occupazione delle
persone anziane in Germania.
54 Ciò
considerato, la prima questione, lett. a), va risolta dichiarando che la
clausola 8, punto 3, dell’accordo quadro dev’essere
interpretata nel senso che non osta ad una normativa quale quella controversa
nella causa principale, la quale, per motivi connessi alla necessità di
promuovere l’occupazione e indipendentemente dall’applicazione del detto
accordo, ha abbassato l’età oltre la quale possono essere stipulati senza
restrizioni contratti di lavoro a tempo determinato.
Sulla seconda e sulla terza questione
55 Con
la seconda e la terza questione, che vanno esaminate congiuntamente, il giudice
a quo vuole in sostanza sapere se l’art. 6, n. 1, della direttiva
2000/78 debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale
quale quella di cui alla causa principale che autorizza, senza restrizioni,
salvo che esista uno stretto collegamento con un precedente contratto di lavoro
a tempo indeterminato stipulato con lo stesso datore di lavoro, la stipula di
contratti di lavoro a tempo determinato qualora il lavoratore abbia raggiunto
l’età di 52 anni. In caso affermativo, il giudice a quo si interroga sulle
conseguenze che al giudice nazionale spetta trarre da siffatta interpretazione.
56 Si
deve a questo proposito ricordare che, conformemente all’art. 1, la
direttiva 2000/78 mira a fissare un quadro generale per la lotta, in materia di
occupazione e di lavoro, alle discriminazioni fondate su uno dei motivi
previsti da tale articolo, tra i quali, in particolare, figura l’età.
57 Orbene,
l’art. 14, n. 3, del TzBfG, nel prevedere
la possibilità per i datori di lavoro di concludere senza restrizioni contratti
a tempo determinato con lavoratori che abbiano raggiunto l’età di 52 anni,
istituisce una disparità di trattamento fondata direttamente sull’età.
58 Dal
momento che si tratta esattamente di disparità di trattamento fondate sull’età,
l’art. 6, n. 1, della direttiva 2000/78 dispone che gli Stati membri
possono prevedere che siffatte disparità di trattamento «non costituiscano
discriminazioni laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente
giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima,
compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e
di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità
siano appropriati e necessari». Siffatte disparità possono in particolare
riguardare, secondo lo stesso paragrafo, secondo capoverso, lett. a), «la
definizione di condizioni speciali di accesso all’occupazione e alla formazione
professionale, di occupazione di lavoro (…) per i giovani, i lavoratori anziani
e i lavoratori con persone a carico, onde favorire l’inserimento professionale
o assicurare la protezione degli stessi», nonché, alle lett. b) e c), la
fissazione di condizioni minime di età in talune specifiche situazioni.
59 Come
risulta dagli atti trasmessi alla Corte dal giudice a quo, tale normativa ha
chiaramente lo scopo di favorire l’inserimento professionale dei lavoratori
anziani disoccupati se e in quanto questi ultimi si trovano di fronte a
difficoltà gravi nella ricerca di una nuova occupazione.
60 La
legittimità di un siffatto obiettivo di interesse generale non può essere
ragionevolmente messa in discussione, come del resto Commissione ha essa stessa
riconosciuto.
61 Pertanto,
un obiettivo di tale natura deve, in linea di principio, ritenersi giustificare
«obiettivamente e ragionevolmente», come previsto dall’art. 6, n. 1,
primo comma, della direttiva 2000/78, una disparità di trattamento in ragione
dell’età decretata dagli Stati membri.
62 Si
deve ancora verificare, secondo la formulazione stessa della detta
disposizione, se gli strumenti attuati per realizzare tale legittimo obiettivo
siano «appropriati e necessari» a tal fine.
63 A
questo proposito, gli Stati membri dispongono incontestabilmente di un ampio
margine di valutazione discrezionale nella scelta delle misure atte a
realizzare i loro obiettivi in materia di politica sociale e di occupazione.
64 Tuttavia,
come rilevato dal giudice a quo, l’applicazione di una normativa nazionale come
quella di cui alla causa principale approda ad una situazione nella quale
indistintamente a tutti i lavoratori che hanno raggiunto l’età di 52 anni,
siano essi stati in disoccupazione o no prima della conclusione del contratto e
quale sia stata la durata del periodo dell’eventuale disoccupazione, possono
essere validamente proposti, fino all’età alla quale essi potranno far valere
il loro diritto alla pensione di vecchiaia, contratti di lavoro a tempo
determinato rinnovabili per un numero indefinito di volte. Questa importante
categoria di lavoratori, determinata esclusivamente in funzione dell’età,
rischia pertanto, per una parte sostanziale della carriera professionale dei
detti lavoratori, di essere esclusa dal beneficio della stabilità
dell’occupazione, la quale costituisce pertanto, come risulta dall’accordo
quadro, un elemento portante della tutela dei lavoratori.
65 Una
siffatta normativa, nella misura in cui considera l’età del lavoratore di cui
trattasi come unico criterio di applicazione di un contratto di lavoro a tempo
determinato, senza che sia stato dimostrato che la fissazione di un limite di
età, in quanto tale, indipendentemente da ogni altra considerazione legata alla
struttura del mercato del lavoro di cui trattasi e dalla situazione personale
dell’interessato, sia obiettivamente necessaria per la realizzazione
dell’obiettivo dell’inserimento professionale dei lavoratori anziani in
disoccupazione, deve considerarsi eccedente quanto è appropriato e necessario
per raggiungere la finalità perseguita. Il rispetto del principio di
proporzionalità richiede infatti che qualsiasi deroga
ad un diritto individuale prescriva di conciliare, per quanto possibile, il
principio di parità di trattamento con l’esigenza del fine perseguito (v., in
questo senso, sentenza 19 marzo 2002, causa C‑476/99, Lommers,
Racc. pag. I‑2891, punto 39). Una siffatta normativa nazionale non
può pertanto giustificarsi ai sensi dell’art. 6, n. 1, della
direttiva 2000/78.
66 La
circostanza che, alla data della stipula del contratto, il termine di
trasposizione della direttiva 2000/78 non era ancora scaduto non è tale da
rimettere in discussione tale constatazione.
67 Infatti,
in primo luogo,
68 A
questo proposito poco rileva il fatto che la norma di diritto nazionale
controversa, adottata dopo l’entrata in vigore della direttiva di cui trattasi,
riguardi o no la trasposizione di tale direttiva (v., in questo senso, sentenza
8 maggio 2003, causa C-14/02, ATRAL, Racc. pag. I‑4431,
punti 58 e 59).
69 Orbene,
nella causa principale, l’abbassamento da
70 Il
solo fatto che, nella specie, tale disposizione scada il 31 dicembre 2006, cioè
solo alcune settimane dopo la scadenza della data di trasposizione che lo Stato
membro interessato deve rispettare, non è di per sé decisivo.
71 Infatti,
da un lato, dalla formulazione stessa del secondo capoverso dell’art. 18
della direttiva 2000/78 risulta che, qualora uno Stato membro, come nella
specie
72 Tale disposizione implica pertanto che lo Stato membro, che beneficia
così eccezionalmente di un termine di trasposizione più lungo, adotti
progressivamente misure concrete al fine di riavvicinare fin da tal momento la
sua normativa al risultato prescritto da tale direttiva. Orbene, tale obbligo
sarebbe privato di ogni effetto utile se fosse consentito al detto Stato membro
di adottare, durante il termine di attuazione della stessa direttiva, misure incompatibili
con gli obiettivi di quest’ultima.
73 D’altro
lato, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 96 delle sue
conclusioni, al 31 dicembre 2006 una gran parte dei lavoratori soggetti alla
normativa controversa nella causa principale – tra cui il sig. Mangold – avrà compiuto il 58esimo anno di età e ricadrà
quindi ancora nel regime speciale istituito dall’art. 14, n. 3, del TzBfG, di modo che, per tale categoria di persone,
l’esclusione dalla garanzia della stabilità dell’occupazione per mezzo di un
contratto di lavoro a tempo indeterminato è già definitiva, a prescindere dalla
scadenza, alla fine dell’anno 2006, dell’applicabilità della condizione di età
fissata in 52 anni.
74 In
secondo luogo, e soprattutto, la direttiva 2000/78 non sancisce essa stessa il
principio della parità di trattamento in materia di occupazione e di lavoro.
Infatti, tale direttiva, ai sensi del suo art. 1, ha il solo obiettivo di
«stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla
religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze
sessuali», dal momento che il principio stesso del divieto di siffatte forme di
discriminazione, come risulta dai ‘considerando’ 1 e 4 della detta direttiva,
trova la sua fonte in vari strumenti internazionali e nelle tradizioni
costituzionali comuni agli Stati membri.
75 Il
principio di non discriminazione in ragione dell’età deve pertanto essere
considerato un principio generale del diritto comunitario. Quando una normativa
nazionale rientra nella sfera di applicazione di quest’ultimo, come è il caso
dell’art. 14, n. 3, del TzBfG, modificato
dalla legge del
76 Di
conseguenza, il rispetto del principio generale della parità di trattamento, in
particolare in ragione dell’età, non dipende, come tale, dalla scadenza del
termine concesso agli Stati membri per trasporre una direttiva intesa a
stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate
sull’età, in particolare per quanto riguarda l’organizzazione degli opportuni
strumenti di ricorso, l’onere della prova, la protezione contro le ritorsioni,
il dialogo sociale, le azioni positive e altre misure specifiche di attuazione
di una siffatta direttiva.
77 Ciò
considerato, è compito del giudice nazionale, investito di una controversia che
metta in discussione il principio di non discriminazione in ragione dell’età,
assicurare, nell’ambito di sua competenza, la tutela giuridica che il diritto
comunitario attribuisce ai soggetti dell’ordinamento, garantendone la piena
efficacia e disapplicando ogni contraria disposizione di legge nazionale (v.,
in questo senso, sentenze 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal,
Racc., pag. 629, punto 21, e 5 marzo 1998, causa C‑347/96, Solred, Racc. pag. I‑937, punto 30).
78 Considerato
tutto quanto sopra, la seconda e la terza questione vanno risolte dichiarando
che il diritto comunitario e, in particolare, l’art. 6, n. 1, della
direttiva 2000/78 devono essere interpretati nel senso che ostano ad una
normativa nazionale quale quella controversa nella causa principale, la quale
autorizza, senza restrizioni, salvo che esista uno stretto collegamento con un
precedente contratto di lavoro a tempo indeterminato stipulato con lo stesso
datore di lavoro, la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato qualora
il lavoratore abbia raggiunto l’età di 52 anni.
È compito del giudice nazionale assicurare la piena
efficacia del principio generale di non discriminazione in ragione dell’età
disapplicando ogni contraria disposizione di legge nazionale, e ciò perfino
qualora il termine di recepimento della detta direttiva non sia ancora scaduto.
Sulle spese
79 Nei
confronti delle parti della causa principale il presente procedimento
costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta
quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per
presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi,
1) La
clausola 8, punto 3, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo
determinato, concluso il 18 marzo 1999 e attuato con la direttiva del Consiglio
28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul
lavoro a tempo determinato, dev’essere interpretata
nel senso che non osta ad una normativa quale quella controversa nella causa
principale, la quale, per motivi connessi alla necessità di promuovere
l’occupazione e indipendentemente dall’applicazione del detto accordo, ha
abbassato l’età oltre la quale possono essere stipulati senza restrizioni
contratti di lavoro a tempo determinato.
2) Il
diritto comunitario e, in particolare, l’art. 6, n. 1, della
direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro
generale per la parità di trattamento in materia di occupazioni e di condizioni
di lavoro, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa
nazionale, quale quella controversa nella causa principale, la quale autorizza,
senza restrizioni, salvo che esista uno stretto collegamento con un precedente
contratto di lavoro a tempo indeterminato stipulato con lo stesso datore di
lavoro, la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato qualora il
lavoratore abbia raggiunto l’età di 52 anni.
È compito del giudice
nazionale assicurare la piena efficacia del principio generale di non discriminazione
in ragione dell’età disapplicando ogni contraria disposizione di legge
nazionale, e ciò perfino qualora il termine di recepimento della detta
direttiva non sia ancora scaduto.
(Seguono le firme)